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Raffaele Crovi e i montanari comuni. La nostra illustre storia

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Ci sono alcuni commenti, dei lettori, che spesso arricchiscono la mente di chi è chiamato a far vivere questo sito. Perché portano spunti di riflessione sui quali, magari, non ci si sarebbe interrogati.

Tra gli ultimi ricevuti, quelli sulla serata a ricordo di Raffaele Crovi al cinema Bismantova, sono molto interessanti. Essi pongono al centro del dibattito quanti e quali sono i montanari da ricordare attraverso iniziative pubbliche.

Marino Friggeri chiede se merita di essere ricordato “un montanaro che magari ha fatto la terza elementare che oggi avrebbe più di 90 anni, che non ha mai potuto avere la soddisfazione di avere un lavoro stabile, che ha fatto anni di guerra come soldato e poi è stato nella campagna di Russia e che in Russia è morto (i famigliari non hanno mai saputo dov'è morto)” o, piuttosto, “ha più diritto di essere considerato lo scrittore celebrato con tanto onore di parte delle istituzioni”. E ancora: “Ma perchè corriamo a cercare la cultura solo nelle persone istruite? Ma perchè godiamo di un insano protagonismo quando possiamo fare un convegno su una persona nota e istruita e non siamo capaci di guardare dentro la nostra montagna per capire dove ricercare la vera cultura?”.

“Quanti sono i montanari veri da ricordare? Tutti! Tutti, non uno di meno, certamente!”, replica in un’argomentata risposta Giovanna Caroli, assessore alla cultura del Comune di Casina. Snocciolando, in montagna, i casi di montanari comuni opportunamente citati. Ebbene, i nostri lettori dicono la verità. Tutti i montanari sono da ricordare. Aggiungiamo, noi, però che è solo ricordando ANCHE Raffaele Crovi che è possibile celebrare TUTTI i montanari.

Negare le dovute celebrazioni (a un anno dalla morte) a questo illustre vettese porrebbe alcune inquietanti domande. Ci sono montanari di cui si può parlare e altri di cui no? Quanti e quali altri montanari hanno scritto a quei livelli facendo amare il nostro Appennino a chi non lo ha mai visto? Perché noi abbiamo tardato a riconoscere il valore di Crovi scrittore? Potrebbe esistere che a Roncole Verdi, Bussetto e Roncole Verdi il prossimo primo maggio non si celebrino i cento anni dalla nascita di Giovannino Guareschi, solo perché sono tanti altri i Roncolesi o i Bussetani meritori di essere ricordati? Certo la cultura è anche altro da quella di illustri uomini di lettere, ma forse quella di Crovi non è cultura?

Forse c’è stato un difetto di comunicazione o, forse, come amanti della cultura montanara, proprio come sostiene Friggeri, non abbiamo colto il significato del dovere essere cari a tutte le esperienze montanare, Crovi compreso. Il Bismantova, in tal senso, meritava il pienone. Non per la qualità dell’opera, sicuramente all’altezza del sapere fare dei montanari, ma perché lì si ricordava un montanaro, così come, in tante altre occasioni, avviene da altre parti. Che dire della piccola parrocchia di Vetto dove, in questi giorni, si ricordano partigiani cattolici sconosciuti ai più perché, per troppi anni, la Liberazione doveva avere un solo colore? La mostra è aperta per tutti.

E’ troppo comodo riempire il Bismantova per rilassarci con un concerto gospel e, invece, non volerne sapere di più su montanaro che, in larga o minore misura, ha scritto un pezzettino grande grande della nostra storia. I casi di Tuttomontagna, e nel nostro piccolo lo perseguiamo anche su Redacon, sono emblematici: a fare notizia il più delle volte sono le persone comuni. Ma, non per questo, dobbiamo evadere da quelle che, pure, hanno saputo comunicare all’esterno – coi mezzi a loro più congegnali – l’unicità del nostro Appennino. Un Appennino unico perché c’è gente che sa vivere, con tenacia e a fatica, abbarbicata alle pendici dei monti. E, di questo, è maledettamente orgogliosa.

Siamo certi che questo dibattito da lassù faccia sorridere Giovannino Guareschi e Raffaele Crovi. A loro, piuttosto, solo un appunto: avere vissuto a lungo a Milano. Ma, avendo scritto e amato la loro terra, sono tornati (Guareschi per lavorare e morire, Crovi per le feste comandate e per riposare per sempre). Di questi luoghi hanno continuato a scrivere e, ora, riposano accanto alle persone comuni e uniche di sempre, alle Roncole e a Cola. E’ la nostra storia.

3 COMMENTS

  1. Precisazione
    Una precisazione che potrebbe sembrare pignoleria, ma che è invece desiderio di chiarezza in un campo che può anche ferire. Nel paragrafo che riguarda il mio intervento, quell’aggiungiamo e quell’anche potrebbero far pensare che io fossi contraria alle celebrazioni in ricordo di Raffaele Crovi, mentre la mia voleva essere una reazione di sdegno all’offesa arrecata al nostro scrittore e contro una visione parziale della nostra realtà culturale. Diverse parti del mio scritto e la ripresa di uno slogan – del mondo della scuola, mi pare – “non uno di meno” si riferiscono esplicitamente all’importanza di non peccare “all’incontrario” e intendono sostenere la “doverosa normalità” per la nostra montagna di ricordare uno scrittore che dell’Appennino reggiano è sempre stato figlio, cultore, sostenitore, portavoce e propagandista in Italia e nel mondo, anche con espliciti riferimenti in molti libri. Il 18 aprile era appunto il giorno in cui toccava a Raffaele Crovi essere chiamato per nome. Mi permetto perciò di riproporre integralmente il mio intervento, nel caso possa non essere risultato chiaro alla prima lettura.

    (Giovanna Caroli)

    * * *

    @CQuanti sono i montanari veri da ricordare?
    Quanti sono i montanari veri da ricordare? Tutti! Tutti, non uno di meno, certamente!
    Si celebrano solo scrittori, solo persone scolasticamente e letterariamente istruite? Solo una chiesetta ricorda i signori di 90 anni che han fatto la guerra, che son rimasti in Russia? Non sarà che in montagna quella che fa più fatica a circolare è l’informazione e dappertutto la difficoltà è prestare attenzione? Proviamo a posare lo sguardo sugli scaffali di molte case, delle biblioteche, di qualche libreria e di qualche armadio comunale e della stessa Comunità Montana: si potrebbero trovare libri come “Casina in guerra: carte d’archivio, lettere dal fronte”; “Il mio raccontare è lontano” (Comune di Carpineti); o “Storie del nostro ieri” con diari di militari e civili di Villaminozzo, Ligonchio e Toano; le storie del prof. Giuseppe Giovannelli dedicate a don Iemmi, Pallai e un’infinità di altri montanari; gli aggiornamenti del maestro Demos Galaverni nel libro di Minozzo; il diario di don Zanni. Non sono scrittrici ma madri sorelle e spose “Quelle che non fecero la guerra”, di Ferrari, per Toano; non sono scrittrici ma domestiche le “Donne da Bosco e da Riviera” di Dalmazia Notari di Busana; semplicemente casinesi e maresi i protagonisti di “La signora Ada Maestra a Casina”, pubblicato due anni fa. Persino le “Storie Nere” di Angela Pietranera diventate a teatro Nerestorie sono storie di montanari, tra i più miseri per povertà, violenza e destino.
    Ci sono poi i dvd: “Cavalli 8 uomini 40” di Cleonice Pignedoli con le interviste ai deportati della montagna prodotto dalla Comunità Montana; o il recentissimo Natività al Margine di Ubaldo Montruccoli di Casina dedicato a un pensionato del nostro tempo. Tra i convegni svolti al Bismantova ce ne sono stati anche sui castelnovesi deportati e a Sarzano abbiamo accolto il prof. Lehmann che aveva studiato con i suoi studenti la prigionia del sig, Marazzi di Castelnovo e del prof. Giorgio Gregori di Casina. A Casina lo scorso anno abbiamo dato un riconoscimento al custode di Pianzo e quest’anno a un bravo attore distintosi nella recitazione, nulla si è chiesto del loro titolo di studio. E adesso si può dire ecc. ecc, suggerirebbe Neruda. (faccio riferimento a Casina perché è la mia realtà e la lista di libri e ricercatori è quella parzialissima della mia memoria immediata, naturalmente, perciò è tutt’altro che esaustiva e mi scuso con i tanti che non ho citato)
    Ma detto questo che vogliamo fare: discriminare al contrario? Si è montanari fino alla scuola dell’obbligo, oltre no? Si è montanari se si coltiva la terra; se si coltiva il sapere o lo spirito no? Fissiamo un tetto per il diritto al merito, al ricordo?
    Mio nonno, analfabeta, mio padre, quinta elementare, m’han cresciuta a: “Studia, non se ne sa mai abbastanza”. Che cosa mi consiglia di dire il sig, Friggeri ai miei studenti della scuola superiore?
    E poi, non suona un po’ barbaro scagliarsi contro il momento del ricordo? Per le scelte di politica culturale non c’è il consiglio, non c’è la discussione del bilancio?
    Gli epistolari dei casinesi caduti nella seconda guerra mondiale nella pubblicazione sono preceduti da una prefazione dal titolo: “L’epica delle piccole storie”. Comincia così: “La Storia non è (solo) scritta dai condottieri, dai politici, dagli strateghi dell’economia; la Storia è innanzitutto microstoria (storia del quotidiano) scritta dai cittadini (Gramsci), dagli umili (Manzoni), dalle creature (don Mazzolari)”. L’anno era il 1993, l’autore Raffaele Crovi.
    Quanti sono i montanari veri da ricordare? Tutti! Tutti, non uno di meno, certamente! Ma se li vogliamo chiamare per nome, non possiamo farlo che uno per volta!#C


  2. Proviamo, Signora Caroli, a distogliere lo sguardo dagli “scaffali delle case, delle biblioteche, di qualche libreria e di qualche armadio comunale”? Proviamo? O, forse, lei ritiene che quegli scaffali raccolgano la verità, il “verbo” e, quindi, tutti i montanari da ricordare? Non ha mai pensato che in quegli scaffali siano approdati quelli che volevano essere ricordati o quelli che lei, o altri, vogliono ricordare? Credo che Friggeri volesse, semplicemente, conoscere coloro (e sono i più: mi creda) che non vogliono essere ricordati ma che, comunque, lo meritano… non per decisione propria o di chi vanta scaffali. Mi permetta di far sfoggio di un poco di conoscenza non certo al pari della sua (io non ho titoli di studio) e ricordare, oltre a Neruda, anche Borges… Sì, sì, proprio il bibliotecario, proprio quello. Con rassegnazione, sicuro di non essere capito.

    (Commento firmato)

    P.S.: Trovo normale che si sia voluto ricordare Crovi.


  3. Perdonino i lettori, io citavo “il Neruda” del film @CIl postino#C, quando interrompe una lunga elencazione, mi pare di esempi di metafore, del postino, con un “A questo punto tu puoi già dire eccetera”…

    (Giovanna Caroli)