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“Elegìa” del Carnevale

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Uno stile sicuro, pulito e con una terminologia scelta tra i colori più belli e a volte insoliti della lingua italiana. Con questo racconto inedito, inizia a scrivere per la nostra agenzia Corrado Tiradini, pittore e scrittore, già membro dell'Associazione scrittori reggiani.
A nome della redazione tutta diamo il benvenuto a Corrado nella famiglia di lettori e scrittori di Redacon
.

(Gabriele Arlotti)

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“ Elegìa” del Carnevale

- Lei non sa quanto sia straordinario il carnevale – dice un vecchio grinzoso, dall’aria rassegnata, mentre si porta una mano al mento, con fare assorto. Fuori, tùrbina il nevischio in una danza insensata.
- Un tempo… - accenna l’interlocutore.
- No, ora! Ora come sempre – continua il vecchio. – Più adesso che mai; qui come altrove. Il Carnevale è semplicemente fantastico! –

Il nevischio si fa più intenso; fiocchi cadono obliquamente: stanno per attecchire sul selciato e sulla terra battuta.
- Ora, tutto è permesso: un uomo serioso può prender fiato, vestendosi da Arlecchino. Uno scansafatiche, da sognatore, e una sartina potrebbe indossare il cònico copricapo d’una fata… Tutto è così quieto e ovattato, in questi giorni; come se realtà e irrealtà, compenetrati e fusi, sian divenuti una sola cosa –
- Non c’è dubbio, signor Attilio: tutto ciò, è senz’altro possibile –

Oltre la finestra, la neve vòrtica. Proviene da lontano un rumore sordo, simile a un muggito. Poi, irrompe il frastuono di petardi.
- Purtroppo, quando tripudio e gàudio finiscono, ci si ritrova ribaltati dentro la piatta esistenza d’ogni giorno. Che tristezza! –
Il vecchio riprende – Per l’occasione, qualche vegliardo, potrebbe indossare la maschera baldanzosa d’un ragazzo imberbe e, certi mocciosi, la canuta barba senile, adatta per allegorìe di stagione… -
- Dice bene, signor Ettore –

Fuori, il cielo s’è fatto opaco e ha il colore del latte. La neve ha smesso di cadere. Il cortile e la strada sono ormai indistinti; coperti di lanùgine.
I vecchi si apprestano a mèscere, quasi nel medesimo istante, cucchiaini di zucchero, nelle tazze fumanti di tè.
- Sieda qui con noi, signora Letizia. Ci porti bene. E si prenda la sua tazza di bevanda ristoratrice –
A dir vero, la vecchia domestica, non è più tale: s’è tolta la maschera e l’appoggia con noncuranza sul tavolino: tutto sommato è “niente male”; un ‘tipo’, come si suol dire. Anche Ettore e Attilio, se la son tolta: fan roteare le teste, dal basso verso l’alto e viceversa, guardandosi attorno con aria stranita.

- Fermi! Che tristezza, ragazzi! Quasi quasi cominciavo a soffrire anch’io! – esclama l’uomo con funzione di regista, scendendo dallo sgabello ed ergendosi di scatto in piedi. Ridacchia. L’attrice lo guarda sottecchi e pensa che il suo viso è mutato: stranamente calmo e disteso. Dubita perfino che si tratti di costui. Altre luci, ora, rischiarano la stanza.

1 COMMENT

  1. Bello. Proprio come la morale del carnevale…
    Bello. Forse perché da sempre mi accompagna questa curiosità delle cose nuove, quindi il racconto mi conduce per mano in un terreno sconosciuto, forse perché le sinapsi si scatenano ed iniziano a ricercare tutto il mio vissuto per mettere in scena questa rappresentazione del carnevale. Forse perché da sempre odio il carnevale, questa falsità, questa ipocrisia di gente che non ha il coraggio di vivere il loro mondo secondo quello che è il loro progetto. Forse perché è lo specchio di questa nostra società della quale non condivido tante cose. Certo che in questo vortice uno si è immedesimato nel racconto di anziani per poi scoprire che era una messinscena, ed allora nuovamente viva il teatro!… fosse anche quello vero della nostra vita.

    (Elvy)