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Made in Italy

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questa «aiuola che ci fa tanto feroci»!

L’Italia vista da qui è una provincia sguaiata, popolata da piccoli cesari, minipotenti, personaggi senza parte, mediocri individui dediti al vassallaggio, senatori e vallette in saldo di fine stagione e riciclati per una parte in una fiction o in parlamento… Chi si azzuffa per un angolino, chi vuole un posto in lista, chi schiamazza per un sotto-sotto-sottosegretariato (se non si può avere di più), o di assessore al nulla, se è quello che passa il convento. Si fa gara a chi ingoia più merda. Salvo poi vomitarla a quelli di sotto, a propria volta.

È un clima da isteria collettiva, un’ossessione psicotica di massa che produce le streghe per poi organizzarne la caccia. Sta succedendo adesso. Una volta l’Italia era una repubblica democratica fondata sul lavoro, adesso è fondata sulla precarietà. È tutto pensato a tavolino. Chi comanda conosce bene quali sono i modi per fomentare la rabbia sociale, per alimentare i pregiudizi, e per poi trasformare questi impulsi primitivi di clan, esacerbati al massimo grado… in voto utile.

Se il Belpaese va a rotoli sembra che tutta la colpa sia degli immigrati, dei rom, dei lavoratori che chiedono diritti e salari giusti, dei giovani senza impiego, come se avessero amministrato loro il Paese in questi vent’anni.

Anche qui negli Stati Uniti c’è aria di cambiamento, anche se ancora non si potrà dire chi vincerà le elezioni presidenziali. Però c’è già stata una presa di coscienza dal basso, c’è già stato un rifiuto del popolo americano della miopia ottusa dell’amministrazione Bush, che ha portato in otto anni all’isolamento diplomatico, al declino dell’economia, alla svalutazione della moneta, ad un indebolimento della leadership statunitense nel mondo.

Le strade rimangono quelle due. O il muro contro muro della guerra preventiva e perenne, o un processo di apertura, di dialogo, di multilateralismo. Gli americani hanno preso la prima e l’hanno percorsa per otto anni, ma adesso se ne pentono e stanno decidendo di cambiare.

In Italia non ci siamo accorti di nulla. Siamo in leggera controtendenza. Mentre sulle nostre teste si giocano partite globali ad uno stadio sempre più complesso e avanzato, noi per difficoltà o paura di capire ci serriamo in un regionalismo isterico e cieco.

Vediamo una cosa nuova, e ci viene subito la strizza. Noi che abbiamo scoperto l’America (si fa per dire, ovviamente, perché ci abitava già qualcuno)! Invece di finalmente mettere a frutto le nostre radici multiculturali, arabe, latine, cristiane, laiche di tante regioni italiane, ci ripieghiamo a guardarci l’ombelico e a grattarci i nostri pruriti leghisti. Chi è dentro è dentro e tanto peggio per lui.

Quelli fuori invece, quelli che guardano dalla luna, assistono increduli a questa rissa condominiale all’italiana, con ministre da calendario, saluti romani e ronde padane.

Pliz vizit auar biutiful cauntri.

* L'autore di questo articolo si trova nella grande mela da tre anni per ragioni di studio.

5 COMMENTS

  1. Segnali dalla storia attuale e passata?
    Chissà se già all’epoca fosse un grande segnale: “Noi che abbiamo scoperto l’America” per meglio dire: uno dei più eminenti ricercatori fuggito all’estero per operare grandi cambiamenti… L’Italia basata sulla precarietà e sul disfacimento, sì, questo leggo nella tua interessante visione di Davide. Amareggiato ti saluto dall’Italia.

    (Agostino)

  2. Popolo sovrano
    Capisco l’amarezza per la vittoria del Cavaliere ma, suvvia, non esageriamo! Abbiamo ministre calendario, saluti romani e ronde padane, perchè così ha deciso il popolo italiano nelle urne! Non è stato l’esito infelice di un sorteggio dal cilindro! Se il popolo ha scelto questi chissà mai chi c’era dalla parte di quelli che hanno perduto! Purtroppo i migliori cervelli, com’è noto, vanno all’estero… Che potete aspettarvi, da chi rimane qui?

    (Umberto Gianferrari)

  3. Caro Umberto…
    Nessuna amarezza e nessuna pretesa di capire tutto. Diciamo che per cause di forza maggiore sono rimasto a digiuno da Rete 4 per un po’ di anni. Sarà per questo forse che ho sviluppato una visione meno edulcorata della realtà? E adesso pubblicità.

    (Davide Bolognesi)