Home Economia Parmigiano Reggiano: “Se non potremo pianificare, chiuderemo i caseifici”

Parmigiano Reggiano: “Se non potremo pianificare, chiuderemo i caseifici”

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(Reggio Emilia, 6 giugno 2008). Per capire la portata del problema di cui vi parliamo, pensate questo. Ogni anno la Fiat decide, giustamente, quante automobili produrre nei mesi successivi. Ogni anno i produttori di Parmigiano Reggiano nel loro insieme non possono fare altrettanto perché glielo vieta la normativa sulla libera concorrenza (trattandosi di più produttori): devono essere liberi di concorrere. Se no interviene l’Antitrust. E il Consorzio, che organizza i caseifici, non può determinare la quantità prodotto annualmente. Il risultato è che la quantità di Parmigiano Reggiano prodotta oscilla periodicamente causando crisi sempre più grandi, perché appena il prezzo sale aumenta di molto la produzione (arrivo di nuovo latte) e, ben presto, il prezzo cala. Ma così chiudono per primi i caseifici più piccoli, come in montagna e, in particolare, quelli a connotazione artigianale. In prospettiva, con questo sistema, sul settore rimangono solo ‘i grandi’. Questa cosa, invece, non succede in Francia, dove la normativa è – evidentemente – un po’ più elastica.
E’ per questo che a Reggio Emilia è andato in scena, organizzato dal Consorzio del Parmigiano Reggiano, un convegno sulla gestione produttiva delle Dop e le normative antitrust. Diverse le voci a confronto, perché è a tutti chiaro che se le norme antitrust non cambieranno, a livello europeo già si profila una durissima battaglia sui prodotti a denominazione d'origine protetta. Essi sono a rischio di smantellamento proprio da una liberalizzazione che nega la possibilità di una programmazione della produzione, in quanto si configurerebbe come elemento contrario alla libera concorrenza. Sia chiaro che questa conclusione è dura sia per i produttori che per i consumatori (che nelle Dop individuano e trovano punti di eccellenza in campo alimentare e che rischiano di vederli sempre più standardizzati)
C’è una questione di fondo che contrappone un'esigenza di programmazione e di tutela dei prodotti d'eccellenza (e quindi tutte le Dop) e la spinta legislativa verso un mercato privo di vincoli: se questa questione non sarà risolta – ammonisce il Consorzio – si rischierà un'esplosione di conflitti, quando invece dovremmo evitare che possano ripercuotersi su un sistema agroalimentare già alle prese con aumenti dei costi (da quelli finanziari ed energetici a quelli relativi a mangimi e mezzi tecnici) non di rado associati a cali delle quotazioni, pur in presenza di aumenti dei prezzi dei prodotti al consumo.
Un sistema oltretutto fragile nell'azione sui mercati, dominati al 90%, in Europa, dalla Gdo (il 69% in Italia, con una crescita di 19 punti in dieci anni), sulla quale il Parlamento europeo ha appena chiuso un'indagine per verificare gli effetti di questa concentrazione sulle piccole imprese fornitrici, sui lavoratori e sui consumatori, indagando sull'esistenza o meno di una "posizione dominante" o di altri effetti rilevanti.
"Un'evidenza in ogni caso c'è", ha sottolineato il presidente del Consorzio, Giuseppe Alai: "il potere di mercato è spostato verso chi ha più alternative nella scelta dei prodotti da offrire al consumo, mentre chi produce non ha nessuna alternativa, perché mette in commercio quel che ha". "Per questo – hanno aggiunto Alai e il direttore del Consorzio, Leo Bertozzi – chi produce deve essere tutelato rispetto ad una liberalizzazione selvaggia, e lo può essere nel momento in cui il riconoscimento di una Dop è associato anche al riconoscimento della possibilità di una programmazione della produzione aderente alle capacità di assorbimento del mercato, ad un serio controllo della qualità e al rispetto delle caratteristiche proprie sulle quali la Dop è stata riconosciuta, evitando uno smantellamento di barriere produttive che rischierebbe di dare il via alle contraffazioni, a prodotti industriali controllati solo da un punto di vista sanitario ma privi delle caratteristiche sensoriali proprie delle nostre eccellenze agroalimentari".
“Siamo convinti – prosegue Bertozzi – che un equilibrio tra liberalizzazione, difesa delle Dop, dei redditi agricoli e norme antitrust sia possibile, come dimostrano alcune esperienze interessanti realizzate in Francia (il Comté, ad esempio, che fissa la produzione e annualmente stabilisce piccoli aumenti produttivi); il problema va però gestito con intelligenza e non fermandosi alle attuali rigide norme".
E il problema, intanto, è stato aperto dal Consorzio del Parmigiano-Reggiano, preoccupato – come sottolinea il presidente Giuseppe Alai – delle possibili gravi ripercussioni sui redditi dei produttori, sulla stabilità dei mercati e fors’anche sul governo qualitativo di alcune Dop, in totale assenza di vincoli produttivi”.
Al convegno sono intervenuti David Thual (responsabile Insight Consulting – Bruxelles), Jean Jacques Bret (direttore Comité Interprofessionnel du Gruyère del Comté – Poligny – Fr), Celestino Vegas (presidente del Giurì di Difesa della Concorrenza della Regione autonoma di Estremadura – Spagna), Emmanuel Petel, Commissione UE, direzione generale agricoltura e sviluppo rurale – Bruxelles), Riccardo Deserti (direttore generale del Mipaaf – Roma). Non sono parse convincenti le risposte di Andrea Pezzoli (responsabile direzione Agroalimentare, farmaceutico e trasporti dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato – Roma), che è intervenuto al posto del suo presidente: “Solo sulla qualità è possibile determinare piani dei produttori per indirizzare la produzione”.

(Gabriele Arlotti)

2 COMMENTS

  1. Qualità?
    Dov’è finita la qualità “rossa reggiana”? Dove sono le mucche al pascolo? Per me il Parmigiano Reggiano per poter essere riconosciuto come prodotto di nicchia dovrebbe tornare alle sue origini. Concordo con Federico Barbarossa…

    (Mattia Rontevroli)