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Monsignore, cappellano, pittore e anche montanaro: ecco il paullese mons. Ambrogio Morani

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Monsignore, cappellano, pittore e anche montanaro. Monsignor Ambrogio Morani, paullese di nascita, vive e risiede a Guastalla da oltre sessant’anni. Ora svolge la sua missione come cappellano all’ospedale locale.

Ultimamente la sua già alta notorietà è salita ulteriormente (suo malgrado) per aver dipinto e donato ad alcune personalità politiche e religiose un suo dipinto naif che raffigura la chiesa rappresentata da un sacerdote con sulle spalle il male e la salvezza.

Ma prima di analizzare l’aspetto artistico vogliamo presentare la biografia del monsignore.

Nasce a Ripa di Paullo frazione di Casina nel 1929 da Vangelina Battilani e da Giovanni Morani. I Morani sono presenti in questi luoghi da generazioni, nel primo dopoguerra erano duecento i residenti di questo casato nel paullese e nelle sue borgate. Dopo le elementari Ambrogio segue la vocazione che da sempre lo accompagna ed entra nel seminario di Guastalla, dove frequenta il ginnasio, il liceo e l’istituto di teologia. Nel 1955 viene ordinato sacerdote, ma rimane in seminario fino al 1965 (anno della sua chiusura) dove insegna latino e lettere. Nel mentre gli viene anche affidata la direzione del collegio S. Giuseppe, frequentato da ragazzi con poche possibilità economiche, che stanno in seminario da esterni e questo incarico egli mantiene fino al 1975.

Rimane a Guastalla e il Vescovo, conoscendo la sua passione per la pittura, fra i vari incarichi lo nomina anche assistente ecclesiastico del movimento naif di Gualtieri e Guastalla, composto da una cinquantina di artisti. Nel 1985 viene nominato cappellano dell’ospedale della cittadina rivierasca, incarico che detiene da 22 anni.

Ma entriamo nel mondo della pittura, e in particolare di quella naif. Mentre frequenta il famoso movimento dipinge, ovviamente, e il suo talento emerge e la passione aumenta, grazie, forse, anche agli influssi del successo di Antonio Ligabue, morto nel 1965. Bisogna ricordare anche, a sostegno del suo estro pittorico, che da ragazzo in quel di Paullo aveva già scoperto di avere predisposizione alla pittura (anche se non aveva nè mezzi nè tempo): leggeva i dipinti, anche i più strani; riusciva a vedere aspetti e significati che altri non riuscivano a scoprire.

Nel movimento si inserisce bene, dispensa idee, dà indicazioni e prepara bozze tematiche, molte delle quali di ispirazione religiosa, come il canto dei cantici e la serie dedicata ai giorni della creazione ed altre.

In questo periodo - primi anni settanta - nel poco tempo che gli incarichi pastorali gli concedono continua a dipingere e le sue opere nel corso degli anni si moltiplicheranno; e la sua firma, Brommo (da Ambrogio Morani), diventa famosa. Si può dire che nella bassa sia più conosciuto con il nome d’arte che come monsignore.

Poi, non contento, crea il movimento simbolista interattivo, dove quelli che guardano le opere naif si cimentano nello scoprire da soli i significati dei dipinti. Sono tante le sue opere, sia quelle che primeggiano in ogni dove, nella sua parca e ordinata residenza studio, che quelle che ha regalato o ceduto quando era ancora direttore del collegio e le cui offerte servivano per comperare il pane od altro ai suoi ragazzi.

Ha avuto molti contati anche con pittori famosi: da Renato Guttuso a Orfeo Tamburi a Pietro Annigoni, l’onorevole Giuseppe Amadei di Guastalla (che nel corso degli anni gli diventerà anche amico), esperto pittore e famoso critico. Una ventina di anni fa circa, in una sua lunga lettera a Brommo, fra le altre cose scrive: "Carissimo collega, più guardo i suoi quadri più rimango colpito dallo splendore dei colori, che sono solari, caldi, puliti e candidi come l’anima del suo autore. Lei sa fondere realtà ed immaginazione fra pittura e poesia, che sono le qualità essenziali di un artista. Bravo!". Ed: “Ad maiora”.

Poi il Nostro, alla soglia degli ottanta, ha il suo canto del cigno. Verso la fine del 2007 la Chiesa cattolica per varie ragioni è un pochino contestata, un momentaccio, e lui col suo pennello e i suoi vivaci colori tipici dei naif dipinge un'immagine significativa del momento (nella foto) e ne dona una copia, attraverso la segreteria di Stato vaticana, al Santo Padre e al cardinale Ruini; e altre al presidente Giorgio Napolitano, al presidente del Senato Franco Marini, al presidente della camera Fausto Bertinotti, al presidente del consiglio Romano Prodi e una a Silvio Berlusconi. Pronti i ringraziamenti di tutti e stilati di loro pugno, con considerazioni sia sul significato dell’opera che sull’artista.

E lui è rimasto sorpreso sia dalle pronte risposte, che custodisce gelosamente, che dall’interesse dei media. Una bella soddisfazione per questo monsignore, nato e vissuto fino a dieci anni in quella Paullo che gli è rimasta nel cuore, e dove di tanto in tanto si reca per una visita al 94enne fratello Francesco e al camposanto, dove riposano i suoi amati genitori che hanno vissuto di lavoro e di preghiera crescendo i loro figli, sei, quattro ancora viventi, all’onore del mondo.

I suoi vecchi sono morti nel 1981, uno e l’altro a distanza di 36 giorni: Vangelina la prima a 87 anni e il marito a 94. Si racconta che il vedovo Giovanni, per il corto periodo di sopravvivenza, ogni giorno per tante ore parlasse a voce alta alla sua cara amata e vi si rivolgeva guardando il cielo. Si racconta anche un aneddoto sulla mamma Vangelina: una signora di Paullo, ora quasi novantenne, che da ragazza (era il 1936), abitava vicino alla mamma di Ambrogio, ebbe a confidarsi con lei, dicendogli di essersi innamorata di un giovanotto (che poi diventerà suo marito) ma che non conosceva bene, essendo di un'altra borgata. Voi lo conoscete, chiese? Sarà un bravo ragazzo? Sai cosa devi fare, gli disse la signora, guardagli le mani: se sono callose vuol dire che gli piace lavorare, e poi informati se va in chiesa; se ci va fidànzati e vai tranquilla. La signorina così fece e dopo aver verificato quanto gli disse Vangelina si fidanzò, si sposarono e vissero felici e contenti ed ebbero anche tanti figli.

Abbiamo citato questi ultimi particolari oltre che per informare anche per gratificare il monsignore, che, nella sua missione di religioso prima e di artista poi, tiene alto il nome della nostra montagna.