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Riforma della scuola / “Non ci si capisce molto… “

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Si registrano voci preoccupate, in montagna, per alcuni aspetti che emergono circa la riforma della scuola portata avanti in questi giorni dal governo, come la possibilità di accorpamenti di istituti e la chiusura di alcuni plessi. Nonostante le scuole castelnovesi sembrino al momento interessate in modo più limitato di altri comuni dell’Appennino, ad esprimere queste preoccupazioni è, ad esempio, l’assessore alla scuola del capoluogo montano (che in veste di comune capo-comprensorio ha attivato e seguito diversi progetti allargati a tutti gli istituti del territorio), Giuliano Maioli. Non solo: consegna alla stampa le proprie impressioni anche Fausto Giovanelli, presidente del Parco nazionale del nostro Appennino.

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LA NOTA DI MAIOLI

La situazione va esaminata con attenzione: per questo nei prossimi giorni sono in programma incontri sia con i dirigenti scolastici della montagna che con i sindaci ed assessori alla scuola. Effettivamente al momento c’è molta confusione sulle scelte imposte dalla riforma e si accumulano una serie di problematiche diverse, che vanno prese in considerazione una per una. C’è da sottolineare che i decreti finora pubblicati non hanno contribuito a rendere chiaro il contesto. Anzi: sono stati emessi senza organicità, insieme ad altri provvedimenti riguardanti ad esempio la sanità e l’organizzazione degli enti pubblici.
Un aspetto su cui viene però chiesto di prendere decisioni entro il 30 novembre è quello del dimensionamento ed il numero delle presidenze. Per quanto riguarda le direzioni didattiche e gli istituti comprensivi della montagna sembra esserci poco spazio di discussione, in quanto la legge è molto chiara e netta, e nel territorio appenninico ci sono alcune situazioni, che finora operavano in deroga, che probabilmente saranno costrette ad accorpamenti. Tra queste gli istituti comprensivi di Busana, Villa, Carpineti e forse alcuni altri che sono vicini ai limiti richiesti.
Un altro aspetto riguarda invece la chiusura di quelli che vengono definiti dal governo “punti di erogazione del servizio”, ovvero quei plessi minori, senza segreteria, che sono sedi staccate in frazioni o borghi. Questi rischiano la cessazione se contano meno di 50 alunni. Qui però forse qualche margine di manovra c’è ancora, perché le competenze in merito restano ai comuni per le scuole di base ed alle province per le superiori.
Dovrà infine essere affrontato il tema della richiesta pervenuta, sia dal governo che dalla Regione, di passare dovunque all’organizzazione in istituti comprensivi. A Castelnovo ad esempio la direzione didattica non è un istituto comprensivo: si apre quindi l’ipotesi di dover fare un unico istituto con più di 1000 studenti, tra scuole di Castelnovo ed anche di Vetto.
Di questi temi parleremo nei prossimi incontri, ma si discuterà anche di come rispondere alle esigenze che sicuramente verranno avanzate dai genitori, dato che si prevede una scuola con tempi ben diversi dagli attuali nello schema di riforma che entrerà a regime il prossimo settembre. Il quadro è senz’altro preoccupante, soprattutto per il territorio della montagna: finora le scuole locali hanno lavorato insieme per cercare di salvaguardare, oltre gli aspetti numerici, la qualità dell’offerta formativa.
Il Centro di coordinamento per la qualificazione scolastica (Ccqs, a cui collaborano tutti gli istituti della montagna su temi di interesse comune) andava in questo senso. Qui esistono dei problemi logistici ed organizzativi legati al territorio, ed una singola scuola spesso non riesce, da sola, a rispondere a tutte le esigenze. Ora c’è il rischio di doversi confrontare con un taglio di risorse paralizzante, o peggio con l’intento di scaricare queste incombenze sugli Enti locali, che già si trovano a dover fare i conti con minori trasferimenti, l’eliminazione dell’Ici e possibilità di intervento sempre più limitate.

(Giuliano Maioli, assessore alla scuola del Comune di Castelnovo ne' Monti)

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LA NOTA DI GIOVANELLI

Chiudere i plessi scolastici con meno di cinquanta alunni significa che le famiglie con bambini piccoli non possono risiedere nei borghi di crinale. Equivale a tagliare le gambe al futuro e condannare i borghi alla morte civile. Mentre da Roma si propone di chiudere la scuola di Ligonchio, noi lavoriamo a portarvi un atelier pedagogico per l'infanzia di valore internazionale tramite la convenzione con Enel e Reggio Children. Abbiamo una filosofia opposta a chi pensa di risparmiare chiudendo le scuole. Il limite minimo di sussistenza per le scuole deve essere dettato da necessità pedagogiche e relazionali e non certo da necessità finanziarie. Quello di tagliare i plessi scolastici dove questi significano la vita e il futuro di una comunità, non è assolutamente economico, è semplicemente assurdo.
Tutto l'Appennino italiano è uno straordinario deposito di valori che per essere conservati hanno bisogno di comunità vive e operanti. Non sono certo le piccole scuole d'Appennino un peso sulla competitività dell'Italia. I parchi che vogliono trasformare l'Appennino in un fattore di competitività e qualità italiane, hanno tra i loro compiti primari difendere l'esistenza di queste piccole scuole. Chiudere i piccoli plessi della montagna è un delitto contro l'Appennino.

(Fausto Giovanelli)

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Pezzi correlati:
- Riforma della scuola / “A gennaio le famiglie ne vedranno i primi effetti… “ (11 ottobre 2008)
- Riforma della scuola / "Il grembiule non è un peso. Dobbiamo riscoprire i valori" (16 ottobre 2008)

4 COMMENTS

  1. Lo Stato dà soldi per adeguare gli edifici scolastici. Lo Stato chiude quelli adeguati
    Concordo in pieno con Lei (@CGiovanelli, ndr#C). Aggiungo una piccola “chicca” sugli sprechi. Nel lontano 2002, a seguito di tragici eventi (terremoto con crollo di edifico scolastico e vittime fra i bambini e gli insegnanti), l’allora governo Berlusconi emanò una legge con la quale si dava priorità e si mettevano risorse a disposizione per adeguare sismicamente gli edifici scolastici. TUTTO PERFETTO.
    IL COMUNE DI VILLA MINOZZO HA INIZIATO I LAVORI DI ADEGUAMENTO DEI PLESSI DI VILLA CAPOLUOGO E CASE BAGATTI, SPESA COMPLESSIVA € 250.000,00 CIRCA. NELLA PRIMAVERA PROSSIMA SI DOVREBBERO INIZIARE I LAVORI SUL PLESSO DI MINOZZO, € 150.000,00 CIRCA. POI DOVREBBE TOCCARE ALLE SCUOLE MEDIE DEL CAPOLUGO. ORBENE, A PROPOSITO DI SPRECHI. DA UNA PARTE LO STATO E LE REGIONI SPENDONO PER ADEGUAMENTI SISMICI DI EDIFICI SCOLASTICI, DALL’ALTRO SEMPRE LO STATO CHIUDE LE SCUOLE ADEGUATE. NON MI SEMBRA UN COMPORTAMENTO LINEARE. RAMMENTO CHE GLI INTERVENTI COMPLESSIVI SULLE SCUOLE DI VILLA MINOZZO ASSOMANO A CIRCA 750.000,00 €.
    DOMANDA: QUANTE “VILLA MINOZZO” CI SONO IN ITALIA?
    Non si può tagliare sui servizi essenziali per la “tenuta di un territorio”. La speranza è che sia mantenuto lo status quo, altrimenti dal prossimo settembre i bimbi delle elementari e materne di Civago li caricheremo su pulmini e dovremo portarli a Castelnovo ne’ Monti. Ripeto: bimbi da 3 anni in su.

    (Massimo Bonini, presidente Istituto comprensivo di Villa Minozzo)

  2. Vogliamo parlare anche dei sostegni agli alunni in difficoltà?
    Quale ulteriore considerazione vorrei portare l’analisi del Coordinamento associazioni disabili e famiglie di Reggio Emilia.

    (Alma Zanni, Fa.Ce.)

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    Considerazioni sulle difficoltà concretizzatesi all’avvio dell’anno scolastico 2008-2009 nella Provincia di Reggio Emilia

    Il primo elemento di criticità è rappresentato dalla constatazione che, rispetto all’anno precedente, a fronte di un aumento del numero di ragazzi disabili frequentanti le scuole della Provincia, corrisponde un decremento del numero delle cattedre di sostegno.
    2007-2008 (dati al 30/09/07)
    docenti alunni rapp.
    782 1490 1,91
    2008-2009 (dati al 11/09/07)
    docenti alunni rapp.
    749 1577 2,11
    Dalla tabella si evince che a fronte di 87 alunni in più gli insegnanti di sostegno
    assegnati sono 33 in meno. Non si capisce come l’amministrazione scolastica possa pensare che un aumento dei bisogni educativi speciali dovuti alla maggior scolarizzazione (+5,8%) possa essere soddisfatto con una diminuzione delle risorse(-4,2%). Ricordiamo tra l’altro che, rispetto agli anni precedenti, le certificazioni non comprendono più la dislessia e la disgrafia; la quantità delle diagnosi di gravità è pertanto aumentata in percentuale rispetto alle certificazioni totali. L’indicazione di gravità, presente nelle certificazioni sanitarie, non è stata tenuta in alcun conto. Per mantenere lo stesso rapporto alunni/insegnanti dell’anno scorso (1577/1,91) sono necessarie 828 cattedre, cioè 79 in più rispetto a quelle fino ad ora assegnate. In assenza di motivazioni di carattere didattico e/o pedagogico e/o sanitario tale riduzione appare essere ingiustificata, a meno che non si sottovaluti pesantemente il Coordinamento associazioni disabili e famiglie della Provincia di Reggio Emilia,
    ruolo che gli insegnanti di sostegno rivestono nell’integrazione scolastica, oppure, e sarebbe di una gravità inaudita, si ritiene che il diritto all’integrazione scolastica dei disabili non sia più un valore fondante. A questo proposito ci limitiamo a sottolineare che la qualità della scuola intera non può prescindere dalla qualità dell’integrazione scolastica. I numeri di cui sopra contraddicono inoltre lo spirito delle indicazioni legislative anche recenti, delle note ministeriali (circolare 58/08 e nota del 4 giugno 2008) e le sentenze della Corte costituzionale e di diversi Tar. Queste considerazioni, valide per qualsiasi provincia, nel caso di Reggio Emilia si arricchiscono delle seguenti specificità che aggiungono complessità di cui tener conto.
    La popolazione scolastica che frequenta classi a tempo pieno e a tempo prolungato è pari al 22,8% nella scuola primaria e al 19,9% nella secondaria di primo grado. I ragazzi disabili che frequentano tali classi necessitano di una copertura oraria molto maggiore. Le classi delle nostre scuole evidenziano, nella maggior parte dei casi, il numero massimo di studenti stabilito per legge. La composizione della popolazione scolastica evidenzia la percentuale di stranieri (13,4%) più alta della regione. A fronte di tale complessità la dotazione degli insegnanti di sostegno della nostra provincia è addirittura peggiorativa del parametro indicato nei commi 413 e 414 della legge finanziaria per il 2008, pari a 2 alunni per ogni insegnante di sostegno. Sulla base di tale rapporto le cattedre di sostegno dovrebbero essere 789 (1577/2), cioè ben 40 in più rispetto alle attuali.

    (Brunetto Cartinazzi eFabiana Ori, per il Coordinamento associazioni disabili e famiglie)

  3. Qualche verità sulla riforma della scuola
    Il decreto legge non è una riforma della scuola ma contiene solo alcuni provvedimenti di buon senso, utili da subito per una scuola migliore. Ad esempio, lo studio dell’educazione civica risponde a un’esigenza precisa di educazione degli studenti italiani e di integrazione per gli studenti stranieri, perché i ragazzi a scuola devono imparare anche a diventare dei cittadini consapevoli dei loro diritti e dei loro doveri. Inoltre nel concetto di educazione alla cittadinanza rientrano anche l’educazione ambientale, l’educazione a tenere corretti stili di vita, ossia l’educazione alla salute. È un concetto ampio che rimanda allo studente come persona e non come a una scatola in cui immettere nozioni. Il voto in condotta serve a ribadire che la scuola non è solo un luogo dove si apprendono competenze ma anche un luogo educativo: è un deterrente contro il bullismo e dice con chiarezza che non è con il lassismo e il buonismo che si aiutano i ragazzi a migliorare e a capire che la scuola, come la vita, esigono impegno e dedizione per ottenere buoni risultati. Il ritorno ai voti è un elemento di chiarezza, per misurare in maniera precisa il profitto conseguito nelle singole materie. Il voto è un elemento di ordine, di semplicità perché misura in maniera precisa il risultato: un 5 è un 5, un 7 è un 7. Così le famiglie possono valutare meglio come sta andando il loro figlio e meglio sostenerlo. Negli ultimi anni il giudizio era diventato sempre più fumoso, meno comprensibile, un giro di parole per non dire con chiarezza il livello di profitto del singolo studente. Si può ragionare, come per la scuola elementare anche per la scuola media, di unire al voto il giudizio, che diventa motivazione e per spiegare il voto conseguito nella singola materia. Il tempo pieno alle elementari sarà aumentato del cinquanta per cento, ridistribuendo i maestri che non saranno più impegnati nella compresenza in classe. Con l’insegnamento a modulo sono previsti attualmente tre docenti per due classi. Eliminando la compresenza di insegnanti per la stesse ore, è possibile utilizzarli meglio, garantendo anche la presenza dell’insegnante di lingua straniera, di informatica, educazione fisica. Nessuno pensa di chiudere gli istituti nei centri isolati o montani (ad esempio nel nostro Appennino), perché prevale ovviamente l’obbligo sociale di garantire a tutti il diritto all’istruzione. Rimane tuttavia da correggere l’anomalia italiana per la quale abbiamo un insegnante ogni 9,7 alunni mentre la media europea è di un insegnante ogni dodici allievi. Il ministro Gelmini ha garantito con forza che non vi è stato e non vi sarà alcun taglio che possa interessare i docenti di sostegno. I criteri per la determinazione dei posti di questa categoria di docenti sono stati definiti nell’ultima finanziaria del governo Prodi e non sono stati modificati. Infatti, per l’anno 2008-2009 sono stati confermati a livello nazionale tutti i posti di sostegno funzionanti nell’anno scolastico 2007-2008: rispetto a circa 174 mila alunni sono stati attivati complessivamente 90.882 posti, pari esattamente a quelli a suo tempo attivati per l’anno scolastico 2007-2008. Garantire la continuità didattica e valorizzare gli insegnanti di sostegno sono i due cardini dell’impegno sul tema della disabilità nella scuola. I precari hanno diritto di essere arrabbiati con la politica per le scelte fatte negli ultimi trent’anni. Il precariato è il frutto di un errore macroscopico che è stato fatto nel mondo della scuola: si è sovrastimata la capacità della scuola di creare posti di lavoro e oggi c’è una sproporzione tra il numero degli insegnanti e il fabbisogno oggettivo della scuola. Il governo ha quest’anno potuto mettere in ruolo solo 25.000 persone, quello che il sistema consente. Bisogna voltare pagina. Il ministro Gelmini ha scelto di dire delle verità scomode e di non perpetuare un meccanismo distorto che ha prodotto il precariato “storico” e lo ha moltiplicato nel corso del tempo.

    (Damiano Ferretti)

  4. Insegnanti di sostegno
    Mi dispiace molto contraddire il sig. Ferretti, così preparato, ma i dati presentati e la dura realtà che noi genitori di ragazzi disabili viviamo ogni giorno da anni è purtroppo tutta un’altra cosa. Mi fa piacere anche che il ministro, come del resto tutti i precedenti, filosofeggi di continuità didattica e di diritto di integrazione intoccabile, ma il percorso scolastico dei nostri figli è da tempo su “sentieri” diversi e molto impervi. Posso garantire anche che ogni anno scolastico che inizia, per molte famiglie con studenti disabili, vuol dire ridiscutere di diritti apparentemente acquisiti. Senza contare che il rapporto stabilito dalla legge non tiene mai conto delle gravità, a discapito dei singoli progetti di vita. Chiaramente mi auguro con tutto il cuore che davvero e finalmente si attuino le disposizioni ministeriali; saremmo i primi a renderne tutti partecipi.

    (Alma Zanni, Fa.Ce.)