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Il Vescovo consegna le “lettere di mandato” al Vicariato di Bismantova al termine della visita pastorale

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Con la consegna delle Lettere di Mandato al Vicariato di Bismantova avvenuta domenica pomeriggio 26 ottobre nella Chiesa della Resurrezione di Castelnovo ne' Monti, nel contesto di una pregnante Liturgia, il vescovo, Mons. Adriano Caprioli, ha terminato la Visita Pastorale in montagna.

Terminata però non è la parola giusta perché il Vescovo ricorda fin dall’inizio dell’omelia che: “ La visita pastorale non è finita, ma continua nel cammino delle comunità parrocchiali visitate, perché la grazia chiede di diventare pane quotidiano che nutre la fede dei cristiani nelle case, a scuola, nelle famiglie, nel lavoro e nella professione”.

Il Vicariato di Bismantova conta 19.389 abitanti ed il presule ha visitato, con un vero e proprio “tour de force” (per il quale Don Evangelista Margini lo ha personalmente ringraziato complimentandosi per l’abnegazione dimostrata) tutte e 40 le parrocchie raggiungendo anche le più piccole frazioni e borgate.

Per la cronaca, il clero della montagna comprende 15 parroci, 2 parroci emeriti, il rettore del Centro diocesano di spiritualità e cultura di Marola, il rettore del Santuario diocesano della Pietra, il giovane viceparroco (incaricato della pastorale giovanile), 4 diaconi permanenti, 1 accolito, 3 comunità religiose (all’Ospedale di Castelnovo Monti, a Carpineti e a Casina) con 11 suore, la Casa della Carità di Cagnola con le Suore, gli ospiti e i volontari.

Prendendo lo spunto dal Vangelo di Marco (Mc 6,30-44), quello della moltiplicazione dei pani e dei pesci, ben consapevole delle varie difficoltà lo ha così commentato: “ Gesù avrebbe potuto compiere il miracolo da solo e invece ha domandato: “Quanti pani avete? Andate a vedere” perché vuole partire dai nostri limiti e povertà, dai nostri “cinque pani e due pesci”(cfr. 6,38). Pur vivendo in un periodo storico non facile caratterizzato dalla scarsità di parroci, dall’assenza di monaci al Santuario della Pietra e di religiosi in genere, la compassione di Gesù che “Sbarcando, vide molta folla e si commosse per loro, perché erano pecore senza pastore” (Mc 6.34) è sempre presente e viva per il suo gregge.

A partire dalla Parola di Dio, dal “Quanti pani avete?” (Mc 6.34), il Vescovo ha allora sintetizzato le sue riflessioni per il nostro cammino di Chiesa in montagna in cinque simbolici punti come cinque sono i “pani” evangelici che di seguito vado ad elencare :

1. Il primo pane è quello della DISPONIBILITÀ a ritrovare il coraggio di comunicare il Vangelo anche in un mondo che cambia

Nelle parrocchie di montagna, si sta vivendo una profonda trasformazione di mentalità e costume: la marginalità della famiglia, le difficoltà dei giovani a trovare lavoro, l’anonimato, la fuga nel privato, la riduzione della montagna ad apparato di servizi, la tendenza alla chiusura e il campanilismo delle singole parrocchie. “Per invertire un clima di scoramento e sfiducia del territorio montano in Unità Pastorali, che, apparentemente sembrano depredare l’identità e le forze delle piccole parrocchie, è necessario affermare che non si prevede un prete solo per 3 o 5 parrocchie, ma la presenza operativa e generosa di un prete, con 30-50 persone, che esercitano, in modo vario una molteplicità di ministeri ecclesiali” (Luciano Pacomio, Vescovo di Mondovì, Cervarezza, 15 novembre 2002). Dobbiamo risvegliare il “Gigante addormentato del laicato ! Chiesa dunque non solo al centro, aspettando che siano gli altri a muoversi, ma essa stessa in movimento come “Chiesa tra la gente”.

2. Il secondo pane è quello della CARITÀ perché nessuno nelle nostre comunità si senta solo

Non mancano nella nostra montagna sensibilità ed attenzione alle varie forme di povertà: la Casa della Carità di Cagnola, l’UNITALSI, il GAOM, l’AVO. Impossibile elencarle tutte dal momento che le associazioni di volontariato “montanare” sono, infatti, più di 300 ( notizia tratta da redAcon, per inciso altra associazione e seguitissimo “giornale on line dell’Appennino Reggiano” apprezzato anche dal Vescovo).
“Le realtà dell’associazionismo - dice il Vescovo - sono da valorizzare non tanto come luoghi a cui “delegare”, con qualche offerta una tantum, determinati servizi, ma rappresentano veri e propri “laboratori”, in cui formarsi a quell’amore del prossimo che è compito di ciascun cristiano nelle condizioni quotidiane di vita: in casa e fuori casa.
È questo, lo spirito che ha mosso un Don Onofrio Cavalletti a sognare prima e a costruire poi la Casa di riposo di Poiago, un vero centro di assistenza, di volontariato, di carità, ma anche importante realtà lavorativa per tutta la zona”. Come dimenticare poi i diaconi, gli accoliti, i ministri straordinari della Comunione che zelanti nella visita in casa degli ammalati, offrono loro la possibilità, tramite il dono della Parola e della Comunione consolazione, e unità all’Eucaristia celebrata dalla comunità”.

3. Il terzo pane è quello del DISCERNIMENTO, l’atteggiamento che guida a rinnovare il volto delle parrocchie, aiutando a mettere insieme le risorse

“Il futuro della Chiesa” - prosegue mons. Adriano Caprioli - “dipenderà dal rinnovamento delle nostre parrocchie. Non è superata la parrocchia. Alla radice di tutte le scelte pastorali, alla base dell’opera di evangelizzazione che il presente ci richiede, sta la percezione che nella vita stessa della comunità parrocchiale si manifesta il volto di Chiesa più vicino alla gente.
Il rinnovamento deve però tenere conto delle istanze anche di una “pastorale d’insieme”, aprendosi al nuovo quadro delle Unità pastorali e del Vicariato. Ogni parrocchia ha certamente la sua peculiarità, la sua storia. Ma è impensabile oggi una parrocchia “isola felice” e realtà autosufficiente, autonoma dalle altre. Lo richiedono diversi fattori: la mobilità della gente, lo spopolamento di alcune zone e la crescita di altre, non ultimo il progressivo calo e invecchiamento del clero. Era questo, del resto, uno degli obiettivi della Visita Pastorale: “promuovere l’unione delle comunità, favorendo il superamento delle divisioni, tensioni e incomprensioni, sollecitando tutti a passare dalla gelosia alla simpatia”.
La gelosia è la valorizzazione esclusiva dei propri doni, e non vede e non sa apprezzare quelli degli altri. La simpatia è la capacità di vedere e di apprezzare i doni degli altri. Parafrasando l’apostolo Paolo - esorta il Vescovo Adriano :
“Chi sa pregare, preghi. Chi sa cantare canti. E chi sa dire solo Amen, dica AMEN!” (cf. 1 Cor 12).

4. Un quarto pane è quello della GIOIA, il pane che la comunità sperimenta ogni domenica, insieme con i fratelli, intorno all’altare

La vita parrocchiale è concentrata nell’Eucaristia domenicale. “Senza l’Eucaristia domenicale non possiamo vivere”, già dicevano i primi cristiani. Nell’Eucaristia non solo si fa Chiesa, ma si è Chiesa. Questo essere Chiesa nella Eucaristia domenicale va mantenuto, ma va anche ripensato perché possa essere vissuto da tutti non solo come soddisfazione del precetto o occasione per fare festa, ma come punto di partenza per una testimonianza più capillare nella vita quotidiana.
La nota più dolente in prospettiva è sicuramente l’allontanamento della realtà giovanile dalla Chiesa; non è realistico pensare che le nostre piccole parrocchie possano affrontare singolarmente tale problema. Così si sono espresse più voci all’interno del Vicariato, arrivando a proporre al Vescovo che “nel Vicariato sia garantita una specifica vocazione all’animazione pastorale giovanile”, a incominciare dalla presenza nel mondo della scuola.
Per inciso, diverse cose sono state fatte a cura del gruppo giovani di “Sinapsi” (di cui Don Giordano Goccini è il responsabile coadiuvato dal Dr. Mario Attolini con l’aiuto “extra”del sempre a noi vicino Don Vittorio Chiari, nonostante i suoi molteplici impegni ): spettacoli musico-teatrali, pellegrinaggi “a piedi” come quelli recentemente effettuati a Loreto e a Lourdes, svariate attività di oratorio.
“Le situazioni delle parrocchie sono diverse” – rammenta il Vescovo – “e un vero progetto pastorale giovanile in vicariato è ancora da preparare con l’aiuto di una equipe di educatori. Mai gettare la spugna nell’educare. L’educazione è l’unica arte che non conosce fallimenti, se non parziali, perché è nell’intero arco della vita che si misurano i risultati! C’è bisogno però, a questo scopo, del sostegno concorde di tutti i preti del Vicariato”.

5. Il quinto pane è quello della SPERANZA, che vince ogni pessimismo e ogni paura del futuro

“La Chiesa, da sempre, ha condiviso la vita della gente di montagna. Non c’è borgo o paese che non porti ancora oggi i segni di questa presenza della Chiesa in montagna. Non è una invasione di campo se la Chiesa si coinvolge nei problemi della montagna. C’è bisogno di operare in sinergia tra comunità cristiane e associazioni locali, istituzioni scolastiche e famiglie, imprese sul territorio e amministrazioni. Insieme si è più propositivi e più ricchi, divisi tutti più rassegnati e poveri. C’è bisogno anche di buoni cristiani impegnati nel sociale e in politica. Qualcuno ha detto che il mondo non va avanti solo grazie alla fede religiosa, ma senza di essa gli è difficile andare avanti”.
“Credo” - continua il presule - “che questa consapevolezza sia cresciuta grazie anche al Convegno ecclesiale della montagna, ma non sia ancora divenuto patrimonio delle nostre comunità e che, quindi, c’è una domanda di sensibilizzazione culturale in proposito. È per questo che osiamo insistere sul fatto che il problema primo della montagna è un problema culturale”.
Concludendo l’omelia il Vescovo ha riportato la significativa testimonianza (che l’ha particolarmente colpito) di un parrocchiano di don Primo Mazzolari, durante i suoi funerali: “Ci bastava guardarlo, vederlo passare. Per noi era pane”.
Per poi commentare : “L’invito che Gesù rivolge a ciascuno di noi oggi - parroco, adulto o giovane, consacrato o laico, padre o madre - è proprio quello di ritornare a casa, nel proprio ambiente di vita, e lì diventare “pane per l’altro”, ritrovare la forza di lottare e superare ogni difficoltà con il miracolo della fede.
Forse, non ci abbiamo mai pensato, ma è proprio il coraggio di credere, senza nostalgie per il passato e senza rimandi ad un improbabile futuro, il pane di cui abbiamo bisogno per andare avanti.
Come cristiani siamo chiamati a fare una lettura credente della nostra realtà. Qualcuno ha detto che i “sociologi descrivono bene la montagna, ma è la fede che la sposta”.

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