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C’è chi lavora per stimolare il consumo di droghe: è inutile nasconderlo

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C'è chi lavora per stimolare il consumo di droghe: è inutile nasconderlo.

Ci si è detto altre volte che il consumo di sostanze stupefacenti ha dimensioni vastissime e non più solo “tradizionali”: col diffondersi di “nuovi stili di vita” tra i giovani e tra gli adulti per nulla disagiati si è rilevato che in certi luoghi o momenti, il consumo è esibito come modo per esserci di più, per recitare la parte del “più in”. Tutti sanno che rifornire costoro è opera delle organizzazioni del crimine. Ma è largamente insufficiente continuare a credere che la questione si riduca alla “caccia allo spacciatore”.

L’offerta di sostanze è molto alta e molto diffusa; si serve di tecniche di vendita sofisticate che servono per abituare all’uso (che dire di quei finti “spumanti” dei regali per bambini piccoli che così imparano a stappare la bottiglia?) ovvero a creare una fidelizzazione del cliente (che dire delle dosi sotto-costo di cocaina? Che dire delle bevande a bassa gradazione alcolica e dal sapore fruttato che occhieggiano a un pubblico appena appena adolescente?). Il mercato delle droghe è diventato un fenomeno merceologico. La droga è una merce fra le altre; prodotta e commercializzata come gli altri beni.

Allora è il caso di piantarla di volere credere che tutti si è contro lo spaccio di droghe; come se fossero tutti buoni contro le mafie dello spaccio.

Aggiornare le politiche sulle dipendenze vuole dire anche questo: imparare a riconoscere che ci sono forze ed organizzazioni che desiderano stimolare il consumo di sostanze.

Occorre avere il coraggio di radicare nei territori, dal basso, la resistenza contro i seduttori del mercato delle droghe.