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Medioevo (e non solo) d’Appennino, storico e da brivido

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CASTELNOVO MONTI E LIGONCHIO – L’estate 2009 dell’Appennino è all’insegna del romanzo storico e dei racconti da brivido. Bel colpo per la castelnovese Normanna Albertini, che è nata a Gombio nel 1956, ed è insegnante presso il Centro territoriale permanente – educazione agli adulti e per Silvano Scaruffi, ligonchiese, classe 1972, impiegato alla diga sull’Ozola per una ditta d’energia. “Pietro dei Colori”, di Normanna Albertini è edito da Prospettiva editrice, di Lucca, e porta un’introduzione è di Elisabetta Blasi, con una postfazione di Monica Cito, mentre “La fossa del mal contagio” è edito da Elytra Edizioni e nel retrocopertina ha un lancio di Giovanni Lindo Ferretti. Entrambi gli autori hanno di fatto saputo farsi apprezzare per stile e qualità delle loro opere. Scopriamoli.

Normanna, perchè un romanzo storico?
“Per cercare le chiavi del presente, e per capirlo, bisogna uscire dal rumore: andare in fondo alla notte, o in fondo al nulla; magari laggiù, un po’ a sinistra e un po’ oltre il secondo cavalcavia, sotto il «macigno bianco» che oggi non si vede.” Lo scrive Sebastiano Vassalli nella premessa del romanzo “La chimera”: e io sono pienamente d’accordo con lui”.
Perchè la storia di Pietro di Talada, pittore del Quattrocento, tra i massimi esponenti di un’arte che, forse solo qui, non conosciamo a dovere?
“Perché del maestro Pietro non si sa praticamente niente, ma si rimane meravigliati davanti allo splendore dei suoi colori. Allora ci si chiede come abbia imparato ad estrarre dalla Rubia tinctorum il suo rosso tanto particolare e come sia diventato un pittore, pur provenendo dal piccolo borgo di Talada. E poi, come mai Joannes Calesblarius, uomo di Soraggio di Garfagnana, gli aveva affidato l’incarico di dipingere un’opera per la sua chiesa? Pietro, il maestro di Borsigliana, dove è conservato un trittico raffigurante la madonna col Bambino sulle ginocchia, aveva forse scelto di mettere al servizio delle montagne il suo talento, e allora doveva aver avuto una storia speciale. Una storia che mi sono completamente inventata”.
Come ti sei documentata per scrivere quest'opera?
“Come al solito: nelle biblioteche, leggendo libri su libri, cercando materiale in rete, ma anche andando sui posti di cui parlo nel romanzo e respirandone l’atmosfera”.
Cosa aveva di particolarmente diverso l'Appennino di allora rispetto ad oggi? In meglio e in peggio?
“In peggio: sicuramente la condizione di miseria della gente, che si è protratta fino al secondo dopoguerra e che costringeva a spostamenti e migrazioni. Poi le guerre, le scorrerie dei condottieri di ventura, la violenza e i soprusi dei briganti (cito nel libro Tommaso Marescalchi, brigante di Costa de’ Grassi, giustiziato al Cerreto dopo che aveva assalito una carovana di mercanti provenienti da Lucca), e poi le malattie, le grandi epidemie come la peste, ma anche la malaria delle zone acquitrinose vicino ai fiumi. In meglio davvero non saprei: nemmeno il paesaggio doveva essere un gran che, con i boschi continuamente tagliati per fare il carbone. Non vorrei davvero essere vissuta in quel periodo! Unica cosa: i benestanti di un tempo erano quasi sempre buoni mecenati, amavano circondarsi di artisti e ci hanno lasciato opere e città bellissime. Oggi mi pare che le cose siano, purtroppo, ben diverse!”
Dove si potrà trovare il tuo libro?
“Qui ci sono diversi siti in cui è in vendita o in cui si trovano recensioni. Se le librerie di Castelnovo e di Reggio prendono contatto con la casa editrice, non avrà sicuramente problemi a farglieli avere.
www.ibs.it/code/9788874185672/albertini-normanna/pietro-dei-colori.html
www.my-libraryblog.com/2009/06/25/pietro-dei-colori/
www.operanarrativa.com/node/1411
www.webster.it/libri-pietro_colori_albertini_normanna_prospettiva-9788874185672.htm
www.libreriauniversitaria.it/libri-editore_Prospettiva+Editrice-prospettiva_editrice.htm
www.prospettivaeditrice.it/collane/lettere/lettere_pagina20.html
www.librazioni.it/libri/index.php?main_page=product_book_info&products_id=620672&zenid=943233844cf0e7a193d4053f533c0d70
Mentre al “Tra le righe di Barga”, terzo festival letterario a cura di Andrea e Maurizio Poli, il librò è stato presentato la scorsa domenica".

Scaruffi, con “La fossa del malcontagio”, porta, invece, all’attenzione del lettore un volume dove i miti e le chiavi di lettura si chiamano Ligonchio, Appennino, lotta per la vita, mostri e quindi paure ataviche come quella per l’orso…
Silvano, rieccoti alle prese con le saghe storiche del tuo paese, dopo un tuo lungo spaziare nell’avant pop. Cosa è la “La fossa del malcontadio”?
“E’ un testo di racconti antichi, di espiazione e sommessa laicità”.
Perché?
“Perché qui ci vedo il ricongiungersi con la natura, spesso in maniera violenta, sembra essere l’ovvio decorso della vita dei personaggi, un profondo legame con la terra, le radici. Questo è svelato dalla frase che apre il libro ‘Siamo solo flusso di geni che si arrampicano nei secoli’.
Come è articolato e in quale periodo spazia il libro?
“E’ una cavalcata lunga cinque racconti, una storia attraverso i secoli, fotogrammi da un medioevo sulfureo, l’ultimo conflitto mondiale visto dagli occhi di una brigata irregolare ne ‘La pattuglia cani rabbiosi’, al di sopra degli schieramenti e della paura diffusa. Chiude il racconto ‘La caccia di Wolf Ardenti’. Uno sguardo illuminante verso un incerto futuro”.
Cosa hanno di particolare queste narrazioni?
“Direi che sono racconti che spiazzano per la loro crudezza e rintoccano in dolcezza nuova e passata”.
Ed eccolo qui, Silvano, una delle firme più vivaci e imprevedibili del nostro Appennino, così insolito nel pescare tra le paure insite nel recondito dell’uomo e così abile a creare suspense tra le righe.
“Silvano, nome omen – scrive in quarta di copertina Giovanni Lindo Ferretti – è una voce capace di raccontare un mondo dove il passato non si esaurisce e il futuro si intravede strizzando gli occhi. Da leggere”

(Gabriele Arlotti)

E PER SAPERNE DI PIU’

Chi è Normanna Albertini
Normanna Albertini è nata a Gombio, nel comune di Ciano d’Enza (oggi Canossa), nel 1956. Insegnante presso il Centro Territoriale Permanente – Educazione agli adulti, vive e lavora a Castelnovo ne’ Monti. Impegnata nell’associazione di solidarietà internazionale Rete Radiè Resch, scrive da anni per Tuttomontagna, mensile dell’Appennino emiliano. Ha curato, nel 1999, il libro di Roberta Mailli, “A lume di candela”, edito dalla parrocchia di Felina, che raccoglie la corrispondenza tra Roberta, infermiera volontaria in Madagascar, e gli alunni delle sue classi elementari. Vari suoi interventi e articoli sono presenti nel volume: “Vivere in montagna si puo?” Atti del convegno ecclesiale della montagna, giugno 2002 - giugno 2003 / a cura di Giovanni Costi. Ha pubblicato nel 2000, con i colleghi insegnanti, il libro “Il gatto nel piatto” frutto di una ricerca etnologica con i bambini e i nonni. Ha pubblicato nel 2004 il romanzo Shemal (Chimienti editore – Taranto) e nel 2006 il romanzo Isabella, sempre edito da Chimienti. Nel 2007 ha partecipato alla progettazione e realizzazione della mostra “Sguardi dal mondo, storie di donne in cammino”

PIETRO DEI COLORI
Una mattina della primavera del 1456, Peruzza, vecchia contrabbandiera del ferro e del sale, entra nel borgo di Talada, sull’Appennino emiliano, accompagnata da una luna indifferente e dall’inquietante presenza della donna dai capelli rossi, che compare e scompare, a tratti, tra le fronde. La contrabbandiera arriva dalla Garfagnana e pare nascondere qualcosa.
Perché si spaventa quando un vecchio le chiede della lacca scarlatta usata dai pittori e del piccolo Pietro rapito dai briganti? E che cos’è quel libro prezioso che lei cerca e che alcuni vescovi profughi dalla Turchia avrebbero portato su quelle montagne? Che cosa vuole da lei l’ostessa dai capelli rossi? Non doveva essere morta? I ricordi si affollano nella sua mente, in un crescendo di eventi tragici in cui entra Pietro, rapito anni prima a Talada dal brigante Noè e poi diventato un grande pittore grazie all’incontro con il cartografo frate Mauro.
Il destino del Maestro di Borsigliana, Pietro da Talada, si intreccia con quello di Lucrezia Fina, bambina obbligata ad un matrimonio da cui si difende con il digiuno forzato, e di Orsola, cortigiana adolescente, che lo inizia all’amore. E Peruzza, che in realtà non è soltanto una commerciante di frodo, ma una brigantessa della banda di Noè, si trova, suo malgrado, a doversi occupare sia di Pietro sia della giovane sposa fuggiasca.
Personaggi realmente esistiti, frate Mauro e Pietro, pittore del neogotico italiano, si muovono in un contesto storico dove la brutalità dei condottieri di ventura, l’infierire delle pestilenze e la situazione di oppressione di donne e bambini vengono appena compensati dal fiorire delle arti e delle lettere nelle città toscane. E proprio dal Beato Angelico e da Filippo Lippi, Pietro impara i segreti dei colori, mentre si istruisce nella lettura e scrittura con frate Mauro.
In seguito, attirato dal desiderio di trovare il libro misterioso, il Corpus Ermeticum di Ermete Trimegisto, che conserverebbe i segreti del mondo, ma anche spinto dalla voglia di scoprire chi sono, in realtà, i suoi genitori, il pittore, con frate Mauro, ritorna a Talada. Abbandona, partendo, un trittico incompiuto della Vergine che insegna a leggere al Bambin Gesù, per il quale aveva posato Lucrezia Fina, da lui aiutata a fuggire dalla casa dove il marito stava morendo di peste.
Ma non è l’unico ad avviarsi verso i territori emiliani. Tra le selve della Garfagnana si muovono, a sua insaputa, anche Orsola, Lucrezia Fina, Peruzza e gli altri briganti.
Ovunque, dai cieli alle grotte, veglia la luna, che si materializza in misteriose statuette scolpite che ogni personaggio porta con sé e che, si scoprirà alla fine, essere la matrice inconscia della pittura di Pietro. Nei territori “lombardi” Peruzza compirà finalmente la sua vendetta, seguendo il volere della misteriosa donna dai capelli rossi: – “Non faceva, nascendo, ancor paura la figlia al padre, che ’l tempo e la dote non fuggien quinci e quindi la misura”. Devi far paura, devi far paura, se vuoi salvarti. – le aveva urlato spesso lei con i grandi occhi verdi infiammati di sdegno.
Provocatorio per le tematiche di violenza sui minori e sulle donne, in quel periodo accettate come normali anche dalla Chiesa, inquietante, intenso, il romanzo si spinge a volte oltre i limiti della narrazione, entrando nei cuori e nel disagio dei personaggi, per rivelarne il dolore impotente, dove le figure femminili emergono nella loro capacità di riscatto, mentre quelle maschili si rivelano comunque deboli, spesso limitate, opportuniste . Un romanzo che è anche ardente storia d’amore tra Pietro e Orsola, con momenti di calda passione, e, al contrario, struggente amore impossibile tra Pietro e Lucrezia Fina. Un libro che sorprende per lo stile e il linguaggio, per l’ottima caratterizzazione dei personaggi e per il finale, crudele, imprevisto, sorprendente rispetto a ciò che ci si aspettava dai protagonisti.

Chi è Silvano Scaruffi
Silvano Scaruffi è nato nel 1972 e vive a Ligonchio, piccolo paese abbarbicato sulle ultime coste dell’Appennino reggiano, in terra emiliana ma “già in odor di Toscana”.
Tra le sue ultime pubblicazioni, la saga di Jack&Daniel (“Sei stati di alterazione”, 2004, e “L’arte di ammazzarsi con le proprie mani”, 2006, entrambi con Prospettiva editrice) e l’antologia Avant Pop “Write Club” (Giraldi editore, 2008), assieme a Massimo Zanicchi. Con La fossa del malcontagio, Silvano rivisita la storia del suo territorio con lo sguardo della fantasia e dell’avventura.

LA FOSSA DEL MALCONTAGIO: ASSAGGIO D’AUTORE
“Montecagno 1635
Il mio vero nome non ha importanza.
In qualsiasi landa le dolorose peregrinazioni mi condussero, fui conosciuto come il Ramingo. Unico nome, nessun casato, né famiglia o legame.
Adesso, ad anni di distanza, deciso a narrare ciò di cui fui testimone in gioventù. Molti mi prenderebbero per pazzo, altri fuggirebbero, altri ancora mi incatenerebbero e mi condurrebbero al palo per essere arso vivo. Ma voi che leggete queste righe da me vergate, sepolto nel dannato avello, dovete credere. Perché già è accaduto ed ancora potrebbe prodursi. Il Male riposa in un calderone seppellito nel cuore delle montagne. A volte, dalle ferite purulente della terra, i tetri spiriti dalle ali uncinate risalgono in superficie eludendo le Divine sentinelle poste a guardia dal Creatore. Allora, le nefande entità si impossessano di corpi umani e se ne vagano per i villaggi e per le campagne, per le selve e per tutti gli spazi, e spargono morte e terrore con il loro mefitico alito.

I Fango. Molliccio, limaccioso, freddo fango. Sprofondo, la massa bagnata si insinua nei calzari. I passi si fanno più pesanti. Solo, errante, appiedato, vado avanti. Piove. Un groviglio di vegetazione intricata mi si para innanzi. Uno stretto sentiero che fatico a seguire
nell’intrico, vago per terre sconosciute. Come sempre.
In cerca di cosa?
Il sentiero scavalca una cima e scivola viscido lungo il fianco della montagna. La nebbia e l’umidità mi circondano, mi impediscono di intravedere il minimo bagliore, possibile segnale di un abitato.
Perso e solo in un mare grigiastro e melmoso. A tratti i callosi piedi mancano aderenza sul viottolo, finisco con il fondo a terra. L’ampio mantello che con innumerevoli volgimenti mi ha parato dalle avverse condizioni, si appesantisce impastandosi di fango ad ogni caduta. Un’altra notte all’addiaccio mi vedo costretto a vivere, in questa cupa atmosfera, il sole anche lui perso tra montagne sconosciute e orridi mortali.
Mi avvolgo nel mantello e proseguo a testa bassa. Il sentiero si incunea in una sassaia, una caduta adesso sarebbe pericolosa, almeno la gelida mota dà tregua per un attimo ai miei arti morenti. “Quali sono le mie colpe, Onnipotente?!”, grido rivolto al cielo, stordito dalla febbre, “quali colpe?”(…)”

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