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“Orizzonti circolari” – Storie / “Partì da Campolungo che appena camminava…”

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Maria Dirti Magnani appena camminava, accanto al babbo Giacomo e alla madre Arduina, quando partì da Campolungo. Quattro anni e di fianco i poveri stracci di una famiglia contadina che lasciava per sempre l’Appennino reggiano alla volta dell’Argentina. Salparono da Genova un giorno del 1887 e arrivarono nel paese sudamericano quando ancora non usava censire chi arrivava in quelle terre sterminate. Laggiù la vita non fu molto diversa: casalinga, accanto al marito agricoltore.

8 settembre 2009. Xavier Carranza, 33 anni, pronipote, torna nel paese che porta nel Dna, grazie al progetto “Orizzonti circolari – Ambasciatori del terzo millennio”, l’iniziativa promossa da Parco nazionale dell’Appennino tosco-emiliano e dalle regioni Toscana ed Emilia-Romagna e coordinata dalla Comunità montana della Garfagnana.

“L’emigrazione è una ferita che ora può divenire opportunità, per questi giovani che dopo due settimane di full immersion sono chiamati a essere ambasciatori del Parco nazionale nelle loro terre e, anche, a ritornare”, spiega Fausto Giovanelli, presidente dell’ente con sede a Sassalbo e che ha chiamato nel suo comprensorio, in quattro province, questi professionisti a raccolta. Tredici con avi toscani, sette con avi emiliani. Età media 30 anni. C’è chi è pubblicitario, chi docente, chi enologo, chi fisioterapista, chi architetto, chi grafico, chi comunicatore presso il ministero.

“Abbiamo scoperto un Italia che non è quella che è raccontata all’estero, solo delle grandi città, come Roma, Venezia, Firenze… Ma è un’Italia più vera, incredibilmente bella e accogliente, davvero una seconda patria”, spiegano all’unisono Cinthia, Fabili e Nivia, giunte dal Brasile. Incredibile il fatto che Xavier Carranza, la cui bisnonna partì un secolo fa dal borgo sotto la Pietra di Bismantova, sia di professione istruttore e allenatore di arrampicata sportiva su roccia. Proprio l’attività sportiva per cui è anche famosa la roccia bismantovina nel mondo.

“Non avremmo mai pensato a luoghi così incantevoli – spiega Xavier intervistato poco prima di riscoprire il paese natio - Siamo rimasti incantati dagli odori, dai colori, dalla vitalità, dall’incredibile gioco della ruzzola, capace di accomunare giovani e anziani. Essere qui per me è una opportunità molto forte”.

Quale ricordo porti della bisnonna?
“Nella mia famiglia si mescolano geni italiani, spagnoli e del Cile. E’ un po’ la storia e la multiculturalità dell’Argentina. Di Maria Dirti so quello che diceva mia nonna, che soffrì molto la sua condizione e che tramandò alla figlia l’essere donna di casa e moglie di un marito agricoltore, secondo una tradizione consolidata nel nostro paese”.

Come ti immagini Campolungo?
“Non lo so – risponde l’arrampicatore che ora vive a El Palomar, a pochi chilometri da Buenos Aires - Penso che rivivrò queste splendide emozioni in maniera ancora più intensa. Anche se già da ora qui mi sento a casa, grazie all’amicizia dimostrata. Il popolo italiano è davvero unico. E qui in Appennino scopro che in ogni paesino c’è qualcosa di caratteristico”.

Cosa ti ha stupito di più?
“Il fatto che l’antico sappia convivere col moderno. Le case e le chiese medievali accanto ad attività contemporanee. In Argentina questa memoria del passato non c’è. Attraverso la conservazione avete fatto tesoro del Medioevo”.

Quando tornerai, come pensi di essere ambasciatore?
“E’ una bella sfida per me che non ero mai stato in Europa. Per noi questo non è un viaggio turistico, ma prima di tutto culturale e di sviluppo dei sensi. Qui, dove nulla è noioso, penso che diversi italo-argentini potranno tornare”.

L’ALTRA STORIA
Quando i Merciadri partivano da Gazzano

Nel versante reggiano c’è un’altra storia che colpisce tra i venti giovani professionisti, selezionati tra i discendenti di emigranti, in viaggio studio tra Massa, Lucca, Parma e Reggio. E’ quella di Micaela Tomaghelli, 18 anni, di Buenos Aires, per la prima volta in Italia.
Il suo bisnonno era uno dei Merciadri, cognome diffusissimo nel paese del crinale. Si chiamava Olindo e partì alla volta dell’Argentina ai primi del Novecento. Non sarebbe mai più tornato.
I genitori di Micaela sono dentista (la madre) e avvocato (il padre). Lei è al primo anno di turismo. “Sono colpita – spiega – dalla simpatia della gente, dai paesaggi, e dall’esperienza nel suo insieme”. Il tempo scivola via. A tavola si serve un menù a chilometri zero e va in scena la prima lezione di gusti tipici. La prima di una serie di giornate interamente dedicata ai discendenti di 3a e 4a generazione.
“L’emigrazione – spiegano dal Parco - è costata tantissimo: ora cerchiamo di trarre beneficio per il futuro dalle sofferenze del passato. Se dall’Appennino molti sono fuggiti per necessità, ora dobbiamo fare in modo che ci ritornino per passione. L’unicità del nostro territorio ne è la chiave migliore”.

(Gabriele Arlotti)

1 COMMENT

  1. Ricordi
    Nel lontano 1920 circa, a 27 anni, mio padre Dante e un suo amico avevano deciso di emigrare in America. Agli ultimi preparativi, però, mio padre ci ripensò e regalò all’amico emigrante una discreta somma di denaro con tanti auguri di buona fortuna. Trascorsi più di venti anni, dopo la liberazione, una jeep americana con due militari si fermò nel cortile di casa. Uscimmo tutti sorpresi e incuriositi, era la prima volta che vedevamo una jeep e un soldato americano. Scese un ufficiale che chiese di Muzzini Dante, e si presentò. Era il figlio del suo amico. Entrammo in casa e in italiano, con qualche difficoltà, ci spiegò. Negli USA suo padre stava bene e dopo diversi lavori era entrato nelle ferrovie ma non aveva dimenticato le sue origini e il gesto di mio padre. Per questo aveva chiesto al figlio, militare in Italia, di portare appena gli fosse stato possibile i suoi saluti e una banconota da un dollaro al suo vecchio amico a dimostrazione di non aver dimenticato. Mio padre si rallegrò di sapere che il suo amico di cui non aveva più avuto notizie stava bene, apprezzò il gesto, ricambiò i saluti e conservò quella banconota come fosse una reliquia. Non mi meraviglierei di ritrovarla ancor oggi in un cassetto di qualche mobile nella vecchia casa di famiglia.

    (Ermete Muzzini)