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Il coraggio di dire di no

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Sanaa è partita per Rabat dove riposerà con il corpo rivolto verso la Mecca. Dentro una bara. Per aver desiderato di vivere la storia d’amore con un ragazzo italiano, di sentirsi libera di scegliere. Uccisa da un padre che buono o cattivo musulmano questo non l’accettava. Un padre come ce ne sono tanti, che credeva di poter decidere nel bene e nel male dei sogni e della vita della propria figlia in nome di tradizioni che con la cultura non hanno niente a che fare, in nome di violenze e soprusi destinati a rimanere silenziosi, nascosti, conosciuti all’interno delle comunità ma mai denunciati o condannati. Sanaa come Neda, la ragazza irachena che è stata uccisa mentre manifestava per un diritto civile, sono morte per aver desiderato dignità, libertà, rispetto; per aver chiesto di poter scegliere se “sentire il vento tra i capelli”.

E’importante in questo momento che le donne e gli uomini, soprattutto musulmani, facciano sentire la loro voce e la loro condanna. Che le tante Salima, Loubna, Sara, Fatima, Omaima, Nesza, Alima, Kadisha, Nadia, Amina, Maryam Besma che i tanti Mohamed, Azzedine, Osam, Omar e tanti altri abbiano il coraggio di urlare il loro no, il loro essere diversi, il loro credere che si può essere bravi musulmani rispettando i diritti delle persone. Uomini e donne. E’ da loro che questa battaglia deve partire.

2 COMMENTS


  1. Carissima Cinzia, credo da sempre che si dovrebbe uscire dalla visione politica della situazione delle donne, strumentalizzata di qua e di là, e cominciare a parlarne per quel che è realmente, per quel che si tocca con mano. Mi pare che tu lo faccia. Vedo un pericolo enorme di un viaggio in retromarcia per i nostri diritti acquisiti, ma lo vedo ancor più, il pericolo,per le seconde generazioni degli immigrati. Qui fa buon gioco la poca preparazione di chi li indottrina, ma anche la paura del cambiamento, che pure, se vogliono vivere nel mondo occidentale fondato sul capitalismo, dovranno imparare a gestire. Ti copio una riflessione che ritengo fondamentale e invito tutti coloro che hanno a che fare con il mondo dell’immigrazione a cercare di conoscerlo davvero senza paraocchi, nel bene e nel male. Perchè il male c’è, in ogni cultura (e la sinistra, qui, mi pare un po’ cieca), e ci sono cose che vanno contro i diritti umani che non possiamo permetterci di giustificare o di accettare.

    (Normanna Albertini)

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    Aziza al- Hibri o la pakistana Shaheen Sardar Ali, a partire dal Corano esaminano le diverse formulazioni della sharia; la scrittrice marocchina Fatima Mernissi che si concentra sul riesame degli hadit, cioè i detti attribuiti al profeta Maometto e gli aneddoti che lo riguardano.
    «Il principio coranico di uguaglianza, tra uomini e donne, ma non solo – spiega Margot Badran -, è stato sovvertito dalla cultura patriarcale del IX secolo, che ha condizionato pesantemente la giurisprudenza musulmana consolidata nella sua forma classica (fiqh). È stata questa giurisprudenza che ha influito sulle diverse formulazioni contemporanee della sharia. Anche gli hadit, non sempre autentici, sono stati spesso utilizzati per sostenere modelli patriarcali. A volte gli hadit sono di provenienza dubbia e a volte vengono usati fuori dal contesto». Una priorità del femminismo islamico è dunque quella di andare direttamente al testo sacro fondamentale dell’islam nello sforzo di recuperare il suo messaggio egualitario. «Nell’approccio al Corano, le donne portano la propria interpretazione e si interrogano in quanto donne. Sottolineano come l’interpretazione classica e post-classica sia basata sull’esperienza del maschio e sull’influenza patriarcale diffusa nelle società in cui gli interpreti vivevano».

    IL CORANO «FEMMINISTA»

    L’ermeneutica femminista islamica distingue tra principi universali e indicazioni contingenti e utilizza tre tipi di approccio: rivisitazione dei versetti del Corano per correggere alcune falsità in circolazione (per esempio i racconti sulla creazione e gli eventi nel giardino dell’Eden utilizzati per sostenere la superiorità dell’uomo); citazione dei versetti che enunciano inequivocabilmente l’uguaglianza di uomini e donne; decostruzione di quelli comunemente interpretati per giustificare la dominazione maschile. «Come esempio di nuova interpretazione possiamo osservare la sura IV, verso 34: “Gli uomini sono responsabili (qawwamun) per le donne perché Dio ha dato ai primi più che alle seconde, e perché essi le mantengono con i loro beni”. Sebbene fondamentalmente uguali, gli esseri umani sono stati creati biologicamente differenti per perpetuare la specie. Solo in particolari circostanze gli uomini e le donne assumono ruoli e funzioni diversi. Solo le donne possono partorire e allattare e quindi, in questa circostanza, al marito viene ingiunto dal Corano di fornire supporto materiale come indicato nel verso citato. Studiosi come Wahdud-Muhsin, Hassan, Al-Hibri, Naseef dimostrano che il termine qawwamun trasmette la nozione di “provvedere per” ed è usato in modo prescrittivo per indicare che gli uomini devono provvedere alle donne nel contesto della gravidanza e dell’allattamento. Non significa che le donne non possano provvedere a se stesse in quella e in altre circostanze. Il termine qawwamun non è un’affermazione assoluta della superiorità e dell’autorità del maschio sulle donne, come gli interpreti maschi tradizionalisti hanno affermato».
    L’esegesi al femminile, dunque, mostra come le interpretazioni classiche maschili abbiano trasformato il contingente e lo specifico nell’universale. Questo femminismo può dunque approdare a conclusioni più radicali di quello secolare, che prescinde dalla religione. «Infatti esso insiste sulla completa uguaglianza fra uomini e donne nello spettro pubblico/privato, mentre il femminismo secolare, storicamente, ha accettato l’idea di uguaglianza nel pubblico e la nozione di complementarità nel privato».

  2. Voglio starvi vicino
    Io sarei più per una interpretazione razionalista e laica, a prescindere da quanto dice il testo sacro. Però non me ne intendo sinceramente. Volevo solo affermare di sentirmi vicino a voi. Sembra da deboli essere egualitaristi. Credo non sia così. Il sessismo è la più grande discriminazione esistente nella società.

    (mn)