Home Società Ritrovare la gioia di stare coi giovani

Ritrovare la gioia di stare coi giovani

5
0

I musoni e i melanconici non hanno spazio tra i giovani. Come i pessimisti. Quelli che non credono nei giovani. Nei più “difficili”. Con loro non c’è più niente da fare! Ci vorrebbe lo psicologo! Lo psichiatra! Un’èquipe! E’ vero, spesso ci vogliono: Le scienze umane sono un valore. Ma è altrettanto vero che grandi educatori del passato e del presente hanno una marcia in più quando affermano che ogni persona è una “Storia sacra” da saper leggere, ascoltare, meditare (Jean Vanier), che in ogni ragazzo vi è “un segreto” da scoprire, per simpatizzare con loro e aprirsi a un dialogo, a una relazione educativa che salva entrambi.

"Don Bosco", disse una volta l’arcivescovo Montini, parlando ai ragazzi in S. Agostino a Milano, "considerava i ragazzi come voi considerate un egnigma, un indovinello di quelli che bisogna decifrare. In ogni ragazzo vedeva qualche cosa di profondo, di misterioso, di difficile da interpretare e si era fatto un occhio straordinario, diremmo un occhio clinico, un occhio capace di penetrare subito". L’occhio del cuore di chi ha dato la sua vita ai giovani! Di chi è stato con loro! Di chi non li ha osservati da lontano, sui libri! Di chi conosceva i ragazzi e i giovani nella loro voglia di allegria, di gioco, di senso: per chi vivo, per chi studio, per chi devo farmi buono!

L’allegria! Non banale, superficiale. Non l’allegria che si compra, che si vede, ma quella che nasce dalla gioia di essere vivo, di essere “se stessi” con la propria storia, i propri pregi e difetti. La gioia di appartenere a qualcuno! Di essere di qualcuno! Di avere qualcuno accanto, contento del suo ruolo, della sua esistenza di padre, di madre, di insegnante, di educatore!

La gioia, scriveva Bernanos, è il barometro dell’anima. E’ un indicatore, “una spia”, un segnale. Se manca, qualcosa non è a posto, qualcosa “non va”: "Il cristiano", è sempre Bernanos che scrive, "è un seminatore di gioia; è per questo che egli fa grandi cose. La gioia è una delle potenze irresistibili del mondo: essa placa, disarma, conquista; l’anima allegra è apostolo; attira a Dio gli uomini manifestando loro ciò che in lei produce la presenza di Dio". Non per nulla, le sfide più provocanti contro il cristianesimo le troviamo nel campo della gioia, assieme a quelle lanciate nel campo della carità, dell’amore, del servizio all’uomo, al povero, agli ultimi, agli sbandati, alle persone al margine, ai peccatori.

Nietzsche non ha capito molto del cristianesimo, ma ha capito abbastanza per dire che se uno è cristiano deve essere un testimone della gioia: «Se la vostra fede vi rende felici, mostratevi tali. I vostri visi hanno sempre nociuto alla fede più dei vostri argomenti… Finisce la vita dove comincia il Regno di Dio”. Sant’Ambrogio affermava il contrario: «La vita è essere con Cristo: dov’è Cristo, lì è la vita, lì è il Regno”.

Respiravo questo clima di gioia, lunedì, a Carugate, durante la tavola rotonda in occasione della festa dei dieci anni di un’associazione di famiglie che lavorano per l’adozione e per l’affido familiare, “Genitori di cuore” di Pessano con Bornago. Non è stato difficile al conduttore, Fabio Pizzul, far emergere dai testimoni, la gioia vera, quella dell’accoglienza. Da don Alessandro Vavassori, la gioia dell’incontro con chi viene da oltre confine, non straniero, ma compagno, amico, fratello. Da suor Graziella che ha imparato dalle sue ragazze, che non ha mai chiamato “difficili”, la gioia dello stare con loro per ascoltarle,valorizzarle, con grande pazienza. Da mamma Silvia, resa “famosa” dal figlio Mario, il Balotelli di cui tutti parlano a proposito e.. a sproposito. A noi è apparsa “grande” nella semplicità del suo racconto, gli occhi che brillavano della gioia interiore di chi ha vissuto una grande avventura accanto a suo marito e ai suoi tre figli: tre affidi familiari e poi l’adozione di un bimbo di due anni e mezzo, “una vera bomba ad orologeria”, che non ha buttato all’aria la famiglia, l’ha solo messa alla prova con la sua vivacità, la sua “originalità”, la voglia di recuperare due anni e mezzo di abbandono.

Gioia ed entusiasmo che hanno dato valore al mio intervento, che richiamava la fame e la sete che hanno tanti ragazzi e ragazze di essere “adottati” dagli stessi genitori, in fuga dall’educare. L’entusiasmo! E’ l’altra spia della significatività della nostra vita! Scriveva un mio confratello, don Montani, che si muore la prima volta quando si perde l’entusiasmo! Si può morire a 20/30 anni, pur campando fino a novanta! Entusiasmo, diceva lui che sapeva di greco, nel senso etimologico del termine significa: essere immersi in Dio! Non ci avevo mai pensato ma è meraviglioso!