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A vent’anni dalla morte Felina ricorda il “suo” don Zanni

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La Parrocchia di Felina ha organizzato per domenica 24 gennaio una giornata per ricordare Mons. Artemio Zanni a vent'anni dalla morte avvenuta il 23 gennaio 1990.
Di seguito il programma della giornata ed un ricordo di don Zanni pubblicato a pochi mesi di distanza dalla scomparsa.

PROGRAMMA
- ore 11.00 - Presso la Chiesa Parrocchiale di Felina, solenne Concelebrazione Eucaristica presieduta da S. E. Mons. Paolo Rabitti arcivescovo di Ferrara;
- a seguire: al Cimitero, visita alla tomba di don Zanni;
- ore 13.00 - Pranzo al Parco Tegge;
- a seguire:
• mostra fotografica dall'archivio fotografico di don Zanni
• proiezione del documentario su don Zanni prodotto dalla Università degli Studi di Modena e Reggio e da ReLab TV.

Sono invitati tutti coloro che hanno conosciuto Mons. Artemio Zanni, parroco di Felina dal 1945 al 1990: i Felinesi tutti, gli ex bimbi di "Casa Nostra", gli amici che ne hanno stimato il grande cuore sacerdotale, i giovani che vogliono conoscere questo straordinario protagonista della vita montanara della seconda metà del Novecento.

Prenotazione pranzo:
- entro il 10 gennaio ad uno dei seguenti numeri telefonici: 0522-812294; 0522-814284; 0522-814314; 0522-814230.
- Il costo del pranzo sarà contenuto, per gli adulti, entro i 20 euro.
A cura della Parrocchia di Felina

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DON ARTEMIO ZANNI
La sua mano, robusta e carezzevole

(Dalla rivista Madonna di Bismantova, 4 aprile 1990)

Il 23 gennaio 1990, dopo che da oltre un mese i medici tentavano ogni cura per restituirlo all'affetto della sua parrocchia, dei suoi familiari, dei tantissimi "figli" e amici, Mons. Artemio Zanni cessava di vivere.
Prima di entrare in coma, cosciente del grande passo che lo attendeva, sereno e contento nonostante la sofferenza, aveva detto che andava a raggiungere don Mario Prandi, col quale aveva condiviso i più alti ideali di vocazione sacerdotale, e che era dunque giunta l'ora per chi gli voleva bene, di far festa.
Un "a Dio" che riassumeva il suo stile d'uomo schietto e realistico, che concludeva la sua missione di cristiano e sacerdote, che esprimeva ancora una volta tutta la sua grande fede vissuta nell'amore senza limiti ai piccoli e ai diseredati.
Tre giorni dopo, il 26 gennaio, nell'antica chiesa priorale di Santa Maria Assunta in Felina, che dal dicembre 1945 era diventata la sua parrocchia, si celebravano le solenni esequie alla presenza di quasi tutto il clero reggiano e del Vescovo Monsignor Gilberto Baroni, venuto da Bologna. Circa tremila persone si stringevano intorno alla bara.
Ognuno aveva da raccontare una sua segreta storia di riconoscenza verso don Zanni: una testimonianza pur minima del grande bene che egli seppe seminare nei suoi quasi 76 anni di vita.
Nacque a Castellazzo di Reggio il 10 marzo 1914, quindicesimo di sedici fratelli, da una famiglia contadina ricca di onorata povertà, di fede, di serenità, di entusiasmo per la vita. Rimase orfano in ancor tenera età e il fatto segnò profondamente la suavita. Volendo seguire le orme del fratello maggiore Leone, missionario intrepido nell'Africa anglo - egiziana e poi cappellano militare in Abissinia, verso il 1929 iniziò gli studi seminaristici a Marola. Non gli mancò qualche iniziale difficoltà nello studio, ma la comprensione e la stima incondizionata di insegnanti quali mons. Francesco Milani - verso il quale don Zanni nutrirà sempre un riconoscente affetto – aiutarono ben presto a superarla e a compiere in bellezza tutti gli studi. Fu ordinato sacerdote nel 1941. Dopo un anno di esperienza pastorale a Corneto, presso Cavola, fu chiamato alle armi come Tenente Cappellano. Questa fu la seconda esperienza che segnò la sua vita. Nel grande presidio militare di Pola ebbe campo per esplicare le sue energie giovanili ed esuberanti nella cura morale e spirituale di oltre cinquemila soldati. Quando poi essi, dopo 1'8 settembre 1943, caddero prigionieri dei tedeschi e furono internati in Germania, egli volle seguirli volontariamente avvicinandosi per essi il momento della sofferenza e della prova. Fu con loro nei campi di Lukenvalde, di Berlino, di Eisenack, curando le loro anime tentate dalla sofferenza e i loro corpi afflitti dalla fame e dalla malattia. Si profuse senza misura come uomo, come ufficiale e soprattutto come sacerdote. Allestì una cappella dedicata alla Madonna di Fatima e fondò un ospedale per prigionieri russi e italiani ammalati di tubercolosi. A chi moriva, piangendo per i figli lontani che sarebbero cresciuti orfani, egli promise che avrebbe lui stesso provveduto. Nacque così l'idea di "Casa Nostra".
Rimpatriato nell'estate del 1945, dopo un brevissimo periodo di convalescenza fu inviato a Felina, una parrocchia difficile, squassata dalla guerra civile, dove il 19 aprile era stato trucidato il cappellano don Giuseppe Jemmi, martire della Fede prima ancora che della Resistenza.
Vi giunse in un freddo giorno di dicembre, privo di tutto, in una canonica spoglia; dovette chiedere a prestito una fascina di sterpi per asciugarsi dalla pioggia.
Pur in quella estrema povertà, dette vita a "Casa Nostra", che da allora fin verso il 1975 raccolse ogni anno fino a 40 bimbi. Non badò a sacrifici, non ebbe paura dei debiti, non cedette alle lusinghe dei benpensanti. Fece suo il motto evangelico "Lasciate che i piccoli vengano a me, perché di essi è il regno dei cieli". Per essi, e per i diseredati in genere, com'è stato scritto nel ricordino funebre, "egli consumò il suo grande cuore".
Un'altra chiamata lo attendeva quando, fattisi ormai brizzolati i capelli, avrebbe potuto onestamente entrare nella prospettiva della "pensione" (cosa totalmente aliena al suo entusiasmo sempre giovane e ardimentoso, nonché alla sua "idea" di servizio sacerdotale).
Nel 1969, durante un viaggio in India, prese contatto con i lebbrosi degli slums della periferia di Bombay. Di fronte a quei fratelli che interpellavano la sua coscienza di uomo e di cristiano, nei quali egli vedeva Gesù malato, Gesù nudo, Gesù reietto, Gesù "ultimo uomo del mondo", prese subito la decisione di costruire un grande lebbrosario. Interessò la parrocchia e iniziò i lavori senza esitazione, ancora una volta con un gran carico di debiti, ma con una fiducia totale della Provvidenza. Dio solo sa che cosa gli sia costato, ma ora il Vimala Dermatological Centre è una realtà che ridona vita e speranza a migliaia di lebbrosi, con la piena fiducia della Municipalità di Bombay che mai prima era riuscita in una impresa simile.
Unitamente alla predicazione nelle parrocchie, nelle fabbriche, nelle carceri (con don Dino Torreggiani e don Mario Prandi formava un trio di profonda fraternità sacerdotale), don Zanni curò intensamente la Parrocchia di Felina, agendo con le opere e le iniziative più disparate che vedevano sempre in prima fila i bambini e la gioventù, gli anziani e i malati e chiunque fosse nel bisogno.
Ma il lavoro maggiore lo compì nel silenzio e nella riservatezza dei rapporti personali, a tutti donando, tutti amando anche e soprattutto quando - umanamente parlando -gli costava. Ultimamente aveva affisso sulla porta del suo studio un grande cartello con l'inno della carità di san Paolo (1 Cor, 13): voleva ricordarlo a se stesso e a quanti avevano giornalmente contatto con lui. Non era una novità nel suo programma di vita e nella sua predicazione; ma, ora che la malattia cominciava a farsi più insistente, sembrava che egli volesse, con le parole di san Paolo, sottolineare il significato delle grandi opere finora compiute. Di lui, al quale la "normalità" e il quieto vivere andavano troppo stretti, si può dire che fu l'uomo delle situazioni straordinarie: nella guerra e nella prigionia, nella riappacificazione della parrocchia, nelle missioni e nelle carceri, ma, soprattutto, nella vita delle tante persone che dall'incontro con lui seppero ritrovare la serenità interiore, la capacità di amare, la gioia di vivere, l'entusiasmo di praticare la sequela di Gesù.
C'è sempre un momento nella vita d'ognuno, irto d'estrema difficoltà, in cui abbiamo bisogno di sentire la robusta mano di un padre, la mano carezzevole di una madre. Ebbene, tutto questo fu la sua mano, ricca di doni, incoraggiante, carezzevole, sollevatrice.
Erano tremila le persone presenti al suo rito funebre e ciascuna di esse aveva da raccontare, nel segreto del suo cuore, la storia dell'incontro felice con questa mano paterna.

3 COMMENTS

  1. Risposte? Trovate!
    Da tempo mi chiedevo dove, quando, con quale menù e come festeggiare il mio 85° compleanno (26 gennaio). Ho trovato tutte le risposte! Abbiamo già prenotato! Credo saremo più o meno in 30. Anzi, 31 con don Artemio; sono certa che don Zanni troverà il modo per essere con noi, perchè non è indispensabile lo STARE insieme per SENTIRSI insieme!

    (Paola Marconi)

  2. Alle volte…
    Alle volte mi sembra di essere ancora abbastanza giovane… Poi, se penso che ho conosciuto, anzi avuto l’onore di conoscere, persone come don Mario Prandi, don Zanni, don Giovanni Reverberi, don Dino Torreggiani e mons. Milani più di un dubbio mi assale… Questo articolo su don Artemio è bellissimo, ma non mi piace quando si dice che “CONSUMO’ IL SUO GRANDE CUORE”. Suona male… Penso che quel grande cuore che batteva per gli altri sia stato negli altri speso e speso bene. Come il chicco di grano che, nel terreno giusto, termina di vivere per dare corso a vita nuova. Una messe che, ancora oggi, produce, non solo a Felina, il copioso raccolto di una semina lontana. Credo che la scomparsa di alcune persone lasci dietro di sè un vuoto; anche, un grande vuoto. Ma la scomparsa di persone come don Zanni lascia dietro di sè un baratro.

    (Umberto Gianferrari)