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Industriali e Confcooperative: una nuova proposta per l’Appennino

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A poco più di un anno di distanza dalla presentazione della ricerca “Ri-conoscere la montagna”, Confcooperative e Industriali Reggio Emilia scendono nuovamente in campo congiuntamente per lo sviluppo dell’Appennino reggiano, con tre progetti specifici che riguardano la creazione di nuove imprese, la creazione di reti imprenditoriali e soprattutto l’innovazione.

“La ricerca – osservano i presidenti di industriali Reggio Emilia e Confcooperative, Gianni Borghi e Giuseppe Alai - era del resto nata proprio per questo: come strumento di lettura delle evoluzioni in atto ma, soprattutto, come presupposto per la definizione di possibili nuove strategie di sviluppo della montagna reggiana che possano costituire un oggetto di lavoro comune per associazioni imprenditoriali, organizzazioni sociali ed enti locali”.

“Priva di precedenti per ampiezza e profondità, l’indagine sulla realtà economica e sociale della montagna reggiana – spiegano Giovanni Teneggi e Giuseppe Domenichini, direttori di Confcooperative e Industriali Reggio Emilia – ha fornito un’ampia serie di elementi sui quali in questi mesi abbiamo lavorato per individuare concreti percorsi di lavoro che possano concorrere allo sviluppo dell’economia del nostro Appennino, tenendo conto anche degli ulteriori elementi di criticità registrati dopo la conclusione e la presentazione della nostra ricerca”.

“Analogamente – proseguono Domenichini e Teneggi – abbiamo valutato anche le situazioni più positive che si sono determinate, ed in particolare l’affermazione del Parco Nazionale come più forte strumento di valorizzazione del territorio e di collegamento con altre aree che gravitano, in particolare, sulla Toscana”. “Da qui, dunque, l’impegno concreto a sostenere ed agevolare la creazione di reti di imprese del territorio che insieme affrontano il tema della ricerca e dell’innovazione e dell’accesso ai mercati, individuati come due degli elementi di criticità del territorio”.

“Forse più che altrove – spiegano i direttori di Confcooperative e Industriali Reggio Emilia - nell’area montana si riscontra infatti la necessità di collegarsi ai circuiti di ricerca e innovazione e di organizzarsi per l’accesso ai mercati con idee imprenditoriali nuove ed innovative; alla base del progetto – che coinvolge il Parco Nazionale, gli enti di formazione Cis e Irecoop, Banca di Cavola e Sassuolo e si avvale del finanziamento della Provincia di Reggio Emilia - vi è dunque stata la creazione di gruppi di consulenti in grado di promuovere, accompagnare ed aiutare le aziende (con analisi dei progetti imprenditoriali sviluppabili e realizzazione di business plan) nell’approccio ai mercati e nei processi di innovazione, con particolare riferimento a tre settori: il manifatturiero, l’agroalimentare e il turismo”.

“La cooperazione – sottolineano Teneggi e Domenichini – colloca i propri prodotti per il 32% sui mercati locali, mentre l’industria è segnata da una maggiore dimensione globale, con il 16% del fatturato legato ai mercati esteri; in entrambi i casi va però rafforzato l’approccio con i mercati e, soprattutto, vanno individuati elementi di innovazione tali da creare vere e proprie eccellenze nel nostro Appennino, sia per sfruttare al meglio le opportunità che offre, sia per superare i limiti che ancora sconta sul versante, ad esempio, della viabilità”.
Il progetto di start-up e di accompagnamento delle imprese di Confcooperative e Industriali Reggio Emilia prenderà il via la prossima settimana con una serie di incontri con le imprese dei tre comparti richiamati.

3 COMMENTS

  1. Sconfiggere la sconfitta
    Trovo innovativo e propositivo l’approccio al problema montagna di Confcooperative e Confindustria perché non si limita ad elencare le criticità vecchie e nuove ma si inoltra nella ricerca di risposte moderne e inedite fondate sulla intrapresa e la valorizzazione delle eccellenze e delle opportunità. Sembra banale, ma non é così. In Appennino e sul crinale in primis bisogna innanzitutto sconfiggere la sconfitta. Cioè far passare l’idea che non c’è più nulla da fare e che l’andazzo alla perdita di popolazione e identità degli ultimi 50 anni (sono davvero tanti) proseguirà comunque. Non è così. Al centro dell’impegno sociale e politico non ci deve essere la richiesta di ciò che venuto meno, nè l’assistenza per compensare ciò che manca, ma, al contrario, la volontà di competere, di sostenere la qualità e l innovazione, di concentrare politiche e risorse su progetti, imprese e risorse umane d eccellenza.
    Dalla crisi non si esce solo difendendo l’esistente ma avviando nuovi circuiti di valore, nuovi beni e anche nuovi territori come l’Appennino. Salute benessere ruralità di classe, genuinità bellezza energie rinnovabili corrispondono ad altrettante vocazioni dell’Appennino. A noi, politiche pubbliche e soggetti privati, trasformarli in nuovo lavoro e nuova impresa. Il pregio più grande dell’approccio di Confcooperative e Confindustria è quello di indurre un’assunzione di responsabilità. Fare questo, da parte di tutti gli attori del territorio, significa già, di per sè, SCONFIGGERE LA SCONFITTA… cioè la cultura regressiva e perdente che il declino storico delle antiche economie dell’Appennino ha portato con sè e che rischia di proiettarsi sul presente e sul futuro. Parliamone.

    (Fausto Giovanelli)

  2. Le chiacchiere stanno a zero
    Ormai la gente e in particolare gli imprenditori ne hanno le tasche piene di “tavoli”, “protocolli d’intesa”, e vacue dichiarazioni di intenti. Ciò che propone Confcooperative e Industriali reggiani, e di cui Givannelli tesse le lodi, è ciò che la Comunità montana, non più tardi di un anno fa, avvalendosi di altri enti di formazione e i soliti finanziamenti europei (?), ha proposto, attraverso dei corsi volti proprio a “fare rete” e “innovazione”. Uguali anche i “settori” : manifatturiero, agroalimentare, turismo. Sarebbe anche venuto il momento di spiegare a cosa hanno portato questi corsi finanziati… Se per ottenere un finanziamento bisogna passare per le forche caudine dell’ente pubblico che finanzia ciò che vuole, attraverso una procedura burocratica che scoraggerebbe anche i più stoici, in base ad apodittici criteri di priorità non si capisce formulati da chi, su quali basi e in base a quali dati, è evidente che nessun progetto concreto possa mai attecchire. Servono teste pensanti, buone idee e amministratori abbastanza illuminati da credere e finanziare anche i “sogni”, quei “sogni” che molte volte si rivelano più concreti dei “tavoli” e dei “protocolli d’intesa”…
    Quando ci sono le idee esse possono essere portate avanti con finanziamenti minimi e ottenere risultati immensi.
    Saluti.

    (R.S.)