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Società / La dipendenza dilagante dal telefonino portatile ormai diffusa in America colpisce l’Europa, Italia ai primi posti

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La Nomofobia(dall'inglese No-mobile), ovvero la Sindrome da Disconnessione, è un disturbo psicologico che in America affligge una persona su tre e si sta diffondendo rapidamente in Europa e Italia.

Le nuove tecnologie si divulgano sempre più velocemente: telefonini con molte funzioni, adsl, notebook, satellitari.

Tale multifunzionalità crea una rassicurante possibilità di connettersi ovunque con chiunque. Accade tuttavia di attraversare zone poco coperte o troppo congestionate, o che la batteria si scarichi e tale connessione all’improvviso venga a mancare.
Ansia, paura, disagio, stress sono le emozioni provate più o meno intensamente, arrivando a sfociare in veri e propri sintomi da astinenza.

A metà tra dipendenza e disturbo ossessivo compulsivo, la mancanza di connessione viene vissuta come ‘perdita’, mancanza, astinenza. E si attuano comportamenti come controllare compulsivamente se il cellulare prende, se si è scaricato, se ci sono nuovi messaggi, si chiede a qualcuno di provare a chiamare per verificarne il funzionamento.

Moderna coperta di Linus, il cellulare rappresenta il contatto, la possibilità, la disponibilità a esserci, a farsi trovare, la potenzialità di essere con chiunque in ogni momento. Esso genera una sicurezza in chi sente di poter raggiungere ogni luogo attraverso la tecnologia, offre l’opportunità di controllare il mondo, cosa sta accadendo, e di rendersi disponibili e raggiungibili h24. L’offerta è di una comunicazione, facile, veloce, sempre pronta, comoda, creando l’illusione che barriere quali distanze, confini, non esistano, basta un tocco.

Spazio e tempo sono stravolti, falsamente annullati. Un tempo la danza relazionale era composta da un incontro, e successivamente una separazione. C’erano una dimensione sociale e una privata, intima, con se stessi. C’era il tempo per la solitudine, intesa come capacità di saper stare soli, con se stessi. E il tempo dell’incontro con l’altro. Ora con la nuova tecnologia utilizzata e abusata si perde sempre più tale abilità di danzare tra l’io, il tu, il noi. Non ci si sconnette mai, volendo. Si resta sempre accesi, disponibili,‘on’. E lo spegnimento, il tasto ‘off’, si fatica a trovarlo.

Quindi lo sconnettersi viene vissuto come un abbandono, un vuoto, un salto nel buio. Dove non si è abituati a restare, a tollerare l’assenza. Quando non ci sono evasioni, vie di fuga, lontano dai tentacoli mondani della ipersocialità, si è soli con se stessi. E un urlo insolito di silenzio si leva all’improvviso, togliendo i veli che spesso si usano come filtri tra il mondo esterno e il mondo interiore.

3 COMMENTS

  1. Complimenti per l’articolo!
    Il suo articolo, come i precedenti pubblicati, è significativo di come sia cambiata la società e di come siano cambiati i nostri sentimenti all’interno della stessa. Questa settimana ho riletto lettere inviatemi con posta aerea 32 anni or sono da un amico che se ne andato e che viaggiava spesso. Quelle lettere erano la vecchia coperta di Linus che rappresentava il contatto, la disponibilità ad esserci ma non la disponibilità ad essere raggiungibili in 24 ore, creando quindi la consapevolezza delle distanze e dei confini. La danza relazionale, come scrive lei, era composta da un incontro e da una successiva separazione e c’era il tempo della solitudine con se stessi ma c’era anche la felicità che dopo l’ultima lettera ci sarebbe stata la sorpresa dell’arrivo, di cui non conoscevi mai la data e l’ora esatta. Queste lettere sono state conservate per 33 anni in un armadio, sopravvivendo a vari traslochi con buste rinforzate con nastro adesivo; se fossero stati sms o e-mail sarebbero durati il tempo di un nuovo acquisto tecnologico, perdendo così le emozioni in essi racchiuse. Ieri su quel pacco di buste è stata messa l’ultima lettera che non verrà mai spedita e che un giorno qualcuno aprendo l’armadio troverà, ritrovando così i sentimenti di persone conosciute e forse a tollerarne meglio l’assenza.

    (Manu)

  2. Nomofobia, fobia della legge, della tradizione
    Nomofobia, no-mobile fobia alla moderna. Ma sarà un caso che nomos in greco indica la legge, il costume, la tradizione, la consuetudine, il territorio delimitato, la regione, il pascolo, il possesso ordinato del territorio? Come è messo il nostro tempo rispetto a tutto questo? Mi permetto di segnalare un interessante approfondimento sul nomos facilmente reperibile in rete: @Lhttp://www.filopop.com/il-contadino-primo-legislatore-il-nomos-della-terra-di-carl-schmitt.html@=www.filopop.com#L.
    Quanto all’essere sempre connessi grazie al cellulare e al dolore dell’abbandono della disconnessione io mi chiederei manzonianamente :”Fu vera connessione?”. Ovvero “Qual è la relazione”?
    Quanto alle lettere contrapposte alle mail la mia esperienza è diversa da quella di Manu: ho cambiato 4 computer sempre passando da uno all’altro (grazie comprensivo e paziente Paolo!), il patrimonio di 11 anni di mail pressoché quotidiane, 4000 lettere di altrettanti giorni di altrettanta vita emozionata. E la trepidazione con cui si attende l’ingresso di un messaggio, il trillo leggero che l’annuncia non credo sia diversa da quella con cui si anticipava dalla finestra il comparire del postino all’ultima curva o si frugava la cassetta della posta. Anche nel 2010 non è il mezzo che fa l’emozione, non è il mezzo che crea la relazione.

    (Anna la Pasionaria)

  3. Troppo potere alle macchine
    Secondo L. Marinoff è questo il punto in cui abbiamo valicato il confine fra la natura umana e la venerazione della macchina. Ci siamo creati un io virtuale, che ha azzerato il nostro tempo, abbattendo quelle pause,
    quei silenzi, quelle riflessioni di cui disponeva l’io reale. Non siamo più
    padroni del nostro tempo. Nello spedire una lettera passavano mesi prima di ottenere una risposta, ora il ritardo di un semplice messaggio ci causa malessere. Una volta che diamo troppo potere alle macchine la nostra natura umana è in pericolo, così come la nostra salute.

    (Ennio)