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La crisi economica che stiamo attraversando ha portato conseguenze drammatiche anche sul nostro territorio provinciale e diocesano

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Riceviamo e pubblichiamo.

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La crisi economica che stiamo attraversando, ha portato conseguenze drammatiche anche sul nostro territorio provinciale e diocesano. Aziende costrette ad utilizzare a lungo la cassa integrazione, licenziamenti e chiusura di fabbriche e imprese artigiane che non hanno sostenuto la precarietà del mercato. Le conseguenze di tutto questo sono particolarmente pesanti per tante famiglie che hanno visto diminuire considerevolmente (oppure venire a mancare completamente) il reddito familiare e quindi la capacità di spesa, facendo cadere in difficoltà anche nuclei che in precedenza vivevano in modo tranquillo oppure andando a peggiorare situazioni già precarie.

In questo ultimo anno, dall’osservatorio Caritas, abbiamo visto un aumento considerevole di richieste di aiuto da parte di singoli o famiglie in difficoltà a causa della crisi economica. Sono aumentate le persone italiane e reggiane che si rivolgono ai Centro di ascolto diffusi ormai in tutte le zone della diocesi. La situazione di crisi ha colpito forse in modo più pungente gli immigrati che non hanno reti parentali che possono fare da cuscinetto ad eventuali esigenze e che sono quelli con i contratti di lavoro spesso più precari.

La Diocesi di Reggio Emilia–Guastalla, oltre che ad intensificare il già importante lavoro di parrocchie e Caritas, ha deciso per volontà dei Vescovi Caprioli e Ghizzoni di istituire un fondo straordinario a sostegno di famiglie cadute in difficoltà per la mancanza di lavoro. Il Fondo diocesano di solidarietà “Famiglia e lavoro” è attivo dall'1 luglio 2009, quando la commissione diocesana si è insediata. Da quella data le riunioni sono state dieci. Ecco un primo bilancio: 279 le pratiche esaminate, di cui ben 227 accolte (quasi tutte già erogate). Ad esse vanno aggiunti una cinquantina di altri fascicoli in fase di istruttoria o di completamento.

Il fatto che fino ad oggi solo 25 richieste siano state respinte per mancanza di requisiti significa che il lavoro “periferico” (di parrocchie e Centri di ascolto) viene svolto dagli operatori Caritas con molta cura. Infatti, le domande si raccolgono presso la sede della Caritas diocesana a Reggio Emilia una volta già istruite, ma gli incontri con le persone in stato di necessità e le richieste di documentazione avvengono sul territorio, nelle parrocchie e nei Centri di ascolto, che agiscono anche da filtro.

D’altronde era una delle prime preoccupazioni espresse dall’Ausiliare Ghizzoni nella conferenza stampa di presentazione, già otto mesi fa: “In nessun caso dovrà trattarsi di un’erogazione burocratica fatta attraverso un modulo”. Prima, insomma, occorre vedere, parlare, rendersi conto e, certo, verificare. Così come il ricorso al Fondo non è l’unico canale che la comunità cristiana è invitata ad attivare: esistono anche – e in certe parti della diocesi sono la modalità prevalente – forme di prossimità parrocchiali o di quartiere non meno benedette in questi mesi difficili, come l’«adozione» di nuclei bisognosi da parte di gruppi di famiglie.

Dopo la colletta generale di domenica 17 maggio 2009, il flusso delle offerte provenienti da parrocchie, aziende e privati è proseguito nei mesi successivi. Negli ultimi mesi l’entità delle donazioni si è comprensibilmente ridotta. Tuttavia le domande stanno aumentando a conferma che le conseguenze della crisi sono ancora molto pesanti. Per fortuna il Natale ha dato una spinta straordinaria alle entrate. Alcune aziende locali – Tecton, Enìa, Tnt – hanno scelto di devolvere a “Famiglia e lavoro” le tradizionali strenne natalizie. In dicembre, poi, la Fondazione Manodori ha stanziato un contributo ingente: 250.000 euro. Prima di questa boccata d’ossigeno, il Fondo – che eroga nella misura in cui riceve – era completamente impegnato, con un monte erogazioni di 681.863 euro. Attualmente il Fondo ha raccolto in totale 808.674,80 euro.

I contributi vengono liquidati con assegni circolari trasmessi dalla sede ai Centri di ascolto Caritas e talvolta consegnati direttamente agli interessati. Variano dai 500 ai 1.000 euro mensili in base alla gravità della situazione e al numero dei figli (la media è attorno ai 700 euro), per un periodo di tre mesi eventualmente prorogabile se le condizioni di “crisi” permangono, per un massimo di altri tre. La Chiesa di Reggio Emilia-Guastalla, è bene ricordarlo, intende aiutare solo le famiglie residenti nel territorio diocesano che scontano “oggi” (nell’ultimo semestre) la perdita di uno o di entrambi i posti di lavoro e che siano prive di altri aiuti o ammortizzatori sociali, con un occhio di riguardo a quelle con bambini piccoli o comunque minori a carico. E non sono solo stranieri, se a febbraio 2010 circa il 40% delle famiglie aiutate erano reggiane.

L’iter è semplice: gli interessati si rivolgono in parrocchia o alla Caritas di zona per un colloquio. La documentazione da allegare alla domanda di contributo comprende di norma lo stato di famiglia, la lettera di licenziamento con le ultime buste paga, la situazione degli impegni finanziari (rate di mutuo o affitto, altri debiti da finanziamenti), l’eventuale carta o permesso di soggiorno.

A quel punto il Comitato di gestione si riunisce, analizza caso per caso e decide collegialmente il seguito. Non si tratta solo di quantificare un assegno: tante volte la concessione del sussidio viene accompagnata da alcuni consigli di “revisione” sugli stili di vita familiari. A cominciare dalla possibilità di domandare la sospensione del mutuo, che l’ABI da febbraio ha reso accessibile anche a chi si trova in mora con il saldo delle rate.

Alcune famiglie aiutate dal Fondo hanno fatto pervenire, sia nelle parrocchie che alla sede della Caritas diocesana, ringraziamenti che rappresentano un attestato di speranza e di fiducia, di chi sa che quando non ce la fa può contare sulla sua Chiesa. Per uscire dalla crisi una delle carte vincenti è sicuramente la solidarietà. Altrettanto importante è fare tesoro di quanto questo momento difficile ci può insegnare: vivere con maggiore sobrietà e impostare un modello di sviluppo più improntato alla condivisione che non al consumo dei beni.

(Gianmarco Marzocchini, direttore Caritas diocesana di Reggio Emilia–Guastalla)