Home Cronaca Vita in un monastero zen. Guida per chi ha trovato il paradiso...

Vita in un monastero zen. Guida per chi ha trovato il paradiso in terra

54
1

L'ARRIVO E L'AMBIENTE
Al tempio zen si arriva in macchina. Nel mio caso, per una fobia dell'autostrada e delle arterie principali ho scartato la via Emilia e ho preferito usare i mezzi pubblici. Treno fino a F. e taxi. Spesa complessiva attorno ai 20 euro, a seconda del treno. Il paese è una frazione situata lungo una stradina di campagna. Ricorda molto la montagna reggiana se non fosse per l'altitudine più bassa e il clima mite. Più che di un tempio è corretto parlare di un monastero in quanto non si venera niente se non il dharma, la legge. Bisogna portare da casa un sacco a pelo, tenuta da lavoro (samu, Nittan) e da meditazione (zazen) più qualche effetto personale. Non troppi. Sconsigliati orologi, cellulari e apparecchiature occidentali. Si tratta pur sempre di un ritiro. All'arrivo vengo invitato a ripassare più tardi perché gli orari sono specifici e un anticipo non è visto di buon occhio. La giornata è infatti scandita da attività con ritmo incessante secondo una regola a detta degli stessi molto vicina a quella Benedettina. Allora mi carico del mio bagaglio e proseguo verso una trattoria dove mangio una specie di tortelli di patate e tiramisù. Devo dire molto buoni entrambi. Mi riportano a casa. I cortili sono pieni di cani. Tornando indietro, con mezz'ora di anticipo vengo offeso da ringhi e abbai. La gente mi guarda strano. Vado al monastero. Chissà che storie hanno sentito! Ma io non posso ancora sapere niente.

Più che la disciplina che si piega all'etica è l'etica che si piega alla disciplina.

PRANZO E SVEGLIA
Ora cercherò di spiegare le attività che si svolgono. Anzitutto si tratta di una regola molto simile al benedettino ”Ora et Labora”. Dalla mattina alla sera si susseguono tante attività molto stancanti dal punto di vista fisico, ma soprattutto psicologico. I pasti, ad esempio, si svolgono secondo un rituale specifico che prevede l'utilizzo di tre tazzine e di particolari utensili, quali un pennello per pulirle. Quando sbagli una monaca giunge vicino a bassa voce (altra regola) e ti corregge. Vieni corretto in tante cose. Dalla postura fino al modo in cui pulisci la tazza. Ogni cosa è codificata. Vi sono uffici da recitare prima dei pasti e durante diverse attività che si svolgono durante la giornata. I più furbi sembra che tengano le mani unite per non mostrare che non li conoscono. Parlo con una monaca. Lei aveva tentato di avvisarmi che era molto duro ma noi occidentali non li ascoltiamo mai. I monaci più esperti, che hanno ricevuto il titolo di Maestri sanno a memoria anche gli uffici in giapponese. Ogni scadenza è ritmata dal suono di campanelle che si rincorrono su e giù per la casa colonica. Se sbagliano il momento in cui suonare è dovere dei più anziani spiegare loro la falla. Più che la disciplina che si piega all'etica è l'etica che si piega alla disciplina. La sveglia è un altro momento particolare. Non c'è tempo per lavarsi. Dal suono dell'uomo della campana, che viene in tutte le camere ad aprire la porta, c'è solo il tempo di uscire dal sacco a pelo poggiato spartanamente su un tatami e lavarsi occhi, piedi e mani. Dodici minuti come nei monasteri giapponesi. Poi si comincia all'alba a meditare.

SAMU, NITTAN E ZAZEN
Quello che è più duro nella vita del monastero è l'obbligo per i novizi di intraprendere vita monastica una volta al mese. La vita dei monaci appare priva di quello che noi occidentali chiamiamo “libero pensiero”. D'altra parte nessuno ci ha chiesto di essere lì in quel preciso momento, nessuno ci ha chiesto di accettare la verità del Buddha come nostra, nessuno! Quindi si dice sì a quello che viene proposto come via. Inoltre caratteristica particolare dello Zen è che fonte di ogni sapere è il Maestro. Non testi o miracoli, ma la sola esperienza del maestro. Che quindi ha una responsabilità e un potere enorme. Impensabile per un occidentale. Il maestro è un drago. E il maestro è lo stesso che ha deciso quello stile di vita a cui lui è alieno. Samu e nittan sono due termini che indicano lo sgobbare. Ci crediamo grandi lavoratori ma non è così. Il lavoro è un lavoro molto duro. Si tratta di pulire scarpate con forbici da giardiniere. Lavorare in modo sistematico. Gli uni con specifici settori. Togliere ogni erbetta da un giardino zen. Si arriva a riempire un sacchetto della spesa con tutte le piantine che escono dalla ghiaia. Quello che mi hanno fatto odiare è il nittan. Si tratta del lavoro di pulizia, anche esso pianificato e controllato da un ordinato di grado maggiore. Vi sono due ruoli. Colui che pulisce con la scopa e colui che pulisce con lo straccio. I tempi sono netti. La scopa si muove rapida. Lo straccio dietro. L'uomo chino regge lo straccio con le mani, piegato in otto parti e lo muove coprendo la maggior parte del pavimento. Non è consentito sedersi, non è consentito usare uno straccio munito di manico. Chiaramente a me è toccato di usare lo straccio. Il lavoro, in ogni caso, viene eseguito finché non si copre il periodo di ore necessario al suo svolgimento. Solo l'affermazione <> ti può portare a smettere. Allora l'uomo capisce che si sopravvaluta. Almeno così dice il Maestro. Per zazen si intende la meditazione. Noi occidentali siamo convinti che meditare sia una attività interiore. Io so solo che mi hanno insegnato la posizione. Fa molto male. Tutto sembra sopportazione al dolore. Ho perso gusto a concentrarmi. Non c'era spazio per concentrarmi.

TEMPO LIBERO E RIPOSO
Quello che colpisce per un appassionato di buddismo, uno che legge, è come l'idea di tempo libero sia tipica solo dei libri. Dentro al monastero, scelto quello che sarà il tuo obiettivo, sei costretto a praticarlo. Ancora adesso di fronte a testi di maestri buddisti rimango affascinato dalla poesia, dalle arti, dalle scienze. Dentro no! Non ho il tempo di interrogarmi. Ho scelto una verità. Devo avere ancora una volta fede nel Maestro. Così il tempo libero è limitato, tra una attività e l'altra e serve appena per predisporre gli oggetti, in modo da non dimenticare niente. Ci sono due tipi di vestiti: quello da lavoro e una tenuta da meditazione, nera. Bisogna cambiarseli ogni volta in un piccolo spazio. E' snervante. Nei corridoi si cammina a mani conserte. La nuca dritta. Il mento rientrato. Lo sguardo verso il basso. Il busto esteso. Si cammina sempre sulla sinistra. Si parla a bassa voce. Spesso si ha paura di essere rimproverati da qualcuno dei monaci più anziani. Non esiste un vero e proprio tempo libero. Si può considerare tale quello tra una attività e l'altra. Mi era stato detto che in quel lasso di tempo ci si poteva riposare. Poi , però rischi di arrivare in ritardo all'attività successiva o di non cambiarti il paio di vestiti. In realtà è troppo poco per dormire e conviene aspettare le nove. Si dorme in gruppetti di tre. Non c'è tempo per fare niente. Non c'è uno spazio privato, un luogo dove rifugiarti... bisogna abituarsi. Tutti la prima volta rimangono spaventati.

LIMITAZIONI
Le cose che più mi hanno sconvolto, nella mia vita di molle occidentale sono i consigli, non sempre seguiti alla lettera, di non usare orologio, cellulare e la difficoltà di potere uscire dalla struttura. Mi è stato poi detto in seguito che molti tassisti vengono sollecitati a venire a prendere alcuni ragazzi o a portare un giornale. Il punto è che una persona ha il diritto di andarsene. Diritto che, sia ben chiaro, non viene negato, ma che è molto difficile ottenere se non compiendo un gesto inconsulto.
Ufficialmente, alla chiusura del ritiro, il modo per andarsene è inginocchiarsi davanti al maestro e ringraziarlo. Non oso pensare cosa susciterà questo nella mente altrui. Temo che molta gente venga plagiata da queste formalità, senza chiedersi cosa c'è dietro. E' una vita piena di regole, ma sembra non vengano notate... come una Messa dove fa tutto il Sacerdote, nei panni del Sacerdote. Non denunciateli per questo! Sarebbe ridicolo! Piuttosto proponete, perché è di proposte concrete che vive la gente. Anche negli ambienti cristiani vigono regole sfasate con la legge che c'è fuori. Si tratta di una scelta. Volontà. Penso che siamo maturi per capire che se quei monaci tornano non dipende da parole occidentali. Non sono un crociato dell'illuminismo.

Però attenti occidentali, attenti che con l'ateismo i vostri figli rischieranno di cadere in questa trappola.

SANGKA E MAESTRO
Nei confronti del Sangka – la comunità – porto il massimo rispetto perché mi sono stati vicini in molti momenti. Credo che siano persone che hanno scelto una vita difficile. Non una vita molle: tra l'altro la maggior parte delle critiche le ho ricevute da cittadini e le critiche montanare sono state più pacate. Vadano via le libertà borghesi. Non è quello il punto. Rispetto al sangka che comunque non riesco a comprendere. Ho ricevuto sorrisi grandi. Spiegazioni difficili da avere. Amore, come amore si ha nei momenti di difficoltà. Però non so quanto questo sia motivato. Il Maestro odia i libri, odia la cultura che non è provata sulla pelle. Quindi samu... samu...samu.... Ho visto persone molto provate, ma ho anche visto un barlume di umanità nel prendere un caffè con gli altri.
Sul Maestro poco da dire; è il capo di una struttura autoritaria e capro espiatorio. Non lo conosco e non lo voglio conoscere. So solo che mi dà fastidio il pensarci. Il rispetto che ha il sangka per questo Moloc mi dice di lasciarlo perdere. Insomma, facciano quello che vogliono perché un filosofo famoso insegna che l'aut-aut è sempre possibile. L'uomo è libero. Però attenti occidentali, attenti che con l'ateismo i vostri figli rischieranno di cadere in questa trappola. Il bisogno di una morale filosofica esiste. Questa parola che spaventa, il “Bene”, è importante. Guai al relativismo! Questo è un articolo di divulgazione, per fare conoscere questa realtà. E' un articolo in cui tutto è spiegato. Se voi decidete di buttarvi nella filosofia zen vuole dire che non avete capito niente, perché non è demonizzando che credo di rendervi un servizio, ma cercando di fare capire.

IL RITORNO
Il ritorno è un ritorno particolare. Col culo di fuori, una tenuta zen che cadeva, pieno di borse e malvisto da sangka chiamo un taxi e mi sfogo col tassista. Quanta comprensione in quel momento. Non mi sembravano vere tutte quelle libertà. Ho preso il treno e poi sono arrivato a Reggio dove avevo lasciato la macchina. Guardavo malissimo i cinesi, reduci del comunismo, ma con un forte retaggio buddista sotto. Hanno anche avuto il coraggio di diventare atei... tristezza e rassegnazione. Paura del diverso. Avevo un cerchione in meno ma volevo solo rientrare. Salgo in macchina, mi rimetto i calzini. Stringo forte un libro di preghiere che mi hanno regalato, come la feluca della goliardia e giro la chiave. Casa. Piccola patria. Montagna.

1 COMMENT