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“Bavaglio anche agli insegnanti”

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Riceviamo e pubblichiamo.

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“…anche io compro la carta igienica per mia figlia che frequenta la prima elementare in una scuola pubblica. Ma la sera, nel Tg1 delle 20, diamo spazio solo ai ministri Gelmini e Brunetta che presentano il nuovo grande progetto per la digitalizzazione della scuola, compreso di lavagna interattiva multimediale”. E “l'Italia che vive una drammatica crisi sociale è finita nel binario morto della nostra indifferenza...”. Con queste parole Maria Luisa Busi, giornalista di fama, rinuncia con lettera al direttore Minzolini alla conduzione serale del Tg1.

Due temi che si intrecciano: libertà e completezza d’informazione e degrado della scuola pubblica. La riforma Gelmini, cioè il lucido e perverso disegno finale di distruggere la scuola pubblica, di ricreare nei fatti quella scuola di classe (sì, di classe) che don Milani aveva lucidamente denunciato con tanta passione nella sua esperienza educativa di Barbiana.

Una scuola che deve garantire alle classi dirigenti il massimo della qualità che si può ricercare sostanzialmente in quella privata (sostanziosamente finanziata in barba all’art.33 della Costituzione) ed alle classi subalterne una educazione appena sufficiente per svolgere compiti di chi non deve avere altra aspirazione che rimanere entro i confini del suo stato sociale di origine , privo di strumenti critici per analizzare il mondo che ci circonda, avendo nella televisione e nelle porcherie che produce in larga parte l’unico orizzonte culturale della propria vita. E una ”buona” informazione filtrata da chi di dovere (messo lì per fare appunto questo lavoro) completa il tutto.

Non che prima della Gelmini gli altri si siano distinti per una logica diversa, a cominciare dalla famosa riforma Berliguer, sostanzialmente prodromica a ciò che sta succedendo. Ma oggi siamo all’apice di un disegno venuto a delinearsi in questi anni: restaurazione e censura.

L’assemblea del 21 maggio u.s.

Ma arrivo al punto. La sera di venerdi 21 maggio scorso alle scuole medie di Castelnovo ne’ Monti un gruppo di genitori organizza un’assemblea per cercare di capire quale scuola uscirà nella nostra montagna dopo la cura Gelmini-Tremonti. Diciamo subito che la pur volonterosa illustrazione della situazione da parte di alcuni dirigenti scolastici si scontra con una percezione diffusa di imminente catafascio. Tra qualche lampo e retromarce si riesce in nuce a capire che la situazione non è affatto rosea. A parte alcuni interventi dei pompieri filo-Gelmini , un po’ patetici per la verità, il tutto resta sospeso come in un limbo.

Qualcuno spera nel federalismo (una grande frottola che serve al momento per indorare ogni situazione critica), qualcun altro nella solidarietà tra le scuole di montagna (“sono tante in Italia, non possono non tenerne conto…”). Solo con l’ intervento di alcuni genitori ed insegnanti si scopre l’ arcano. La cosiddetta riforma serve anche per risparmiare otto miliardi di euro. In modo spudorato investiamo in nuovi sistemi bellici miliardi di euro. Senza alcun moto di repulsione.(a cosa servono i cacciabombardieri per uno Stato che scrive nella propria Costituzione che ripudia la guerra?…). La scuola del futuro sarà così sempre più scuola di classe e non ci sarà spazio per chi resterà indietro. Mentre tali risparmi non paiono riguardare le scuole private alle quali i trasferimenti non vengono tagliati.

Ecco, finalmente qualcuno grida” il re è nudo…”. Ma il clima è quello di sostanziale smarrimento, di incapacità di trovare forme di lotta che possano risultare inclusive e motivanti per una parte consistente del “popolo” della scuola, perso tra qualche “grande fratello” e voglia di vacanze estive. Qualcuno dice di evitare contrapposizioni ideologiche, ma che cosa è questa riforma se non un prodotto di ideologia spinta? Ogni tecnicismo ha alle spalle una motivazione, un disegno e qui la regola viene confermata. Si esce dall’assemblea delusi ed amareggiati

L’opposizione parlamentare è inesistente, gli enti locali stentano fortemente a capire qual è la posta in gioco. I temi vengono imposti dalle forze di governo ed allora anziché avviare una mobilitazione permanente su di un tema primario e vitale pensiamo a contrastare l’accattonaggio, ”l’incubo” della nostra vita civile. I dirigenti scolastici, anche quelli più sensibili, dicono e non dicono. Alcuni giorni dopo scopriamo il perché dai giornali.

“…Bavaglio agli insegnanti che parlano con la stampa o dissentono dalle linee del governo”. Se non si “ubbidisce” via alle sanzioni disciplinari. È quello che è accaduto in questi giorni in Emilia-Romagna, dove il dirigente dell’Ufficio scolastico regionale, Limina, invia ai presidi una circolare riservata in cui manifesta la volontà di porre uno stop a “dichiarazioni rese da personale della scuola con le quali si esprimono posizioni critiche con toni talvolta esasperati e denigratori dell’immagine dell’amministrazione di cui lo stesso personale fa parte”. “Toni che - prosegue la nota - vengono inviati sotto forma di documenti ad autorità politiche, fatti circolare a scuola o distribuiti alle famiglie.”

Nella circolare Limina “invita” quindi ad “astenersi da dichiarazioni o enunciazioni che in qualche modo possano ledere l’immagine dell’amministrazione pubblica”. Ecco, questa è la situazione, ma in giro per l’Italia qualcuno resiste. Occorre collegarsi da subito con le lotte in corso , creare una rete di mobilitazione, gli enti locali devono essere in prima fila, convocare consigli comunali aperti in modo permanente. Il successo inaspettato della campagna referendaria contro la privatizzazione della gestione del ciclo dell’acqua insegna che anche dal basso, senza referenti in Parlamento, si possono ottenere risultati.

Ma tutto per ora tace. E quell’arrivederci a settembre pronunciato a fine assemblea non è sicuramente un buon viatico.

(Luigi Bizzarri, consigliere comunale a Castelnovo ne’ Monti e genitore)

1 COMMENT


  1. La conoscenza e il sapere aiutano a formare una coscienza critica che, a sua volta, stimola la libertà. Ma la libertà (di pensiero, di idee, di espressione, di associazione) fa paura perché vigila sul potere. Ho apprezzato il suo “qualcuno dice di evitare contrapposizioni ideologiche, ma che cosa è questa riforma se non un prodotto di ideologia spinta?. Nessun provvedimento, sia economico che legislativo, viene mai adottato a caso. E quindi è doveroso chiedersi perché l’Italia effettua tagli di un certo tipo ma poco si occupa dell’evasione fiscale che ha ormai sfondato la soglia dei 317 miliardi all’anno (stima dell’Agenzia delle entrate), il 22% del Pil (più del doppio della media europea). Francia e Germania hanno appena varato misure economiche molto rilevanti, ma nessuno si è permesso di tagliare fondi alla cultura. Qui da noi è diverso e sarebbe interessante chiedersi perché la cosa non abbia fatto scalpore. E’ assolutamente necessario mobilitarsi, trovando strategie nuove: amministratori, dirigenti, genitori, insegnanti sono chiamati ad uscire dal torpore che li ha pervasi da troppo tempo. E sono d’accordo con lei: settembre è troppo tardi.

    (Prof.ssa Sonia Rolt)