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Rifiuti, comune che vai tariffa che trovi

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"Cna e Confartigianato Imprese chiedono ai sindaci maggiore equilibrio nella definizione della tariffa rifiuti. Le due associazioni dell’artigianato e della piccola impresa si rivolgono ai primi cittadini affinché rivedano gli attuali sistemi di tariffazione, con scelte che vadano nella direzione di un riequilibrio progressivo del carico tariffario tra utenze domestiche e non domestiche, in funzione dei quantitativi e della tipologia di rifiuti effettivamente conferiti".

"E’ poi necessario - secondo Confartigianato e Cna - operare una rivisitazione complessiva dell’intera regolamentazione dell’applicazione della tassa (Tarsu) e tariffa (Tia) per il servizio rifiuti". Non solo. Le due associazioni sollecitano anche i comuni perché vengano tolti alle imprese oneri che non derivano dal servizio di smaltimento rifiuti che le stesse ricevono e che in questi anni hanno fatto lievitare i costi ben oltre gli aumenti che lo stesso gestore applica ai comuni.

"Da raccolta di dati del 2009 è emersa una situazione, oltre che di incertezza legislativa, anche di grande diversificazione delle scelte effettuate a livello regolamentare dai comuni con riflessi diretti sulle imprese alle quali, in molti casi e a parità di attività e superfici utilizzate, vengono richiesti pagamenti di tasse o tariffe con differenze anche molto accentuate. Nella nostra provincia 23 sono i comuni che applicano la tassa e 22 quelli che applicano la tia. I primi sono rappresentativi del 26,02% della popolazione provinciale, contro il 73,98% dei secondi".

"L’applicazione della tassa o della tia - prosegue la nota - nonché le scelte effettuate con i regolamenti comunali e con le delibere di determinazione delle tariffe annue, provoca come detto grandi disparità. Una è relativa all’entità delle superifici considerate produttrici di rifiuti assimilabili agli urbani e conferiti al servizio pubblico. La norma di legge prevede che ai fini della determinazione della predetta superficie il comune può individuare categorie di attività produttive di rifiuti speciali tossici o nocivi alle quali applicare una percentuale di riduzione rispetto alla intera superficie su cui l’attività viene svolta".

Ecco alcuni esempi: "Per lavanderie a secco e tintorie non industriali si va dal 65% per il Comune di Boretto e il 90% di Correggio, Reggiolo, Rio Saliceto, Rolo e San Martino. Per le officine di riparazione veicoli le scelte dei comuni sono comprese tra il 50% di Canossa e l’80% di Casina. Per le falegnamerie si va dal 50% di Canossa all'80% di Casina, Correggio, Reggiolo, Rolo. Per ceramiche e smalterie tra, ancora, il 50% di Canossa e l'80% di Casina. Per le officine di carpenteria metallica tra il 50% di Canossa e il 80% di Casina, Correggio, Reggiolo, Rolo, San Martino in Rio e Vetto. Per le tipografie le scelte dei comuni sono comprese tra il 65% di Boretto e l’80% di Gualtieri e Brescello. Per le materie plastiche tra il 65% di Boretto e il 90% di Casina".

"Numeri e percentuali che la dicono lunga sulla situazione e che motivano le richieste di revisione di Cna e Confartigianato Imprese. I regolamenti propongono poi una autentica babele di scelte differenti in termini deduzioni spettanti a diverso e svariato titolo (ad es. per particolari condizioni di uso o di servizio o altre cause) le quali contribuiscono a rendere molto difficile la comparazione delle scelte operate dai diversi Comuni e sicuramente a diversificare eccessivamente le tariffe applicate. Una attività, con la stessa superficie, ubicata in un comune può arrivare a dover pagare tasse o tariffe superiori anche di 10 volte rispetto ad altri comuni; il che la dice lunga sul fatto che occorre una decisa azione di riordino dei regolamenti e delle tariffe dei comuni reggiani. Ad esempio, per una lavanderia di 200 mq si va da 210 a 589 euro; per parrucchieri ed estetisti con sede di 90 mq. le tariffe vanno da 95 a 440 euro; per attività di autofficina, carrozzeria, elettrauto o gommista con superficie da 400 mq si va da 340 a 1.628 euro; per una attività industriale di produzione alimentare o non alimentare con superficie di 1.000 mq si va da 873 a 3.143 euro".

Conclusione: "Incongruenze inaccettabili che penalizzano parte del sistema produttivo locale; differenze, che Cna e Confartigianato Imprese chiedono di risolvere, anche in considerazione della pesante situazione di difficoltà economica che già le imprese vivono nella nostra realtà provinciale".