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La forza della prugna, della canapa e del casagai

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Sfogliare il nostro sito d’estate è come provare la febbre all’Appennino. A differenza della cronaca dei mesi sino a giugno, la temperatura è bollente in fatto di feste e appuntamenti. Ce n’è per tutti i gusti. Quelle tradizionali del gnocco, del formaggio, della trebbiatura e, da quest’anno, dei casagai. Per gli appassionati di storia c’è quella dei necci (mea culpa: ho scoperto solo ora che si trattava di antiche piadine di castagna) o della sulada, per i salutisti quella del radicchio o della prugna, per i giovani quelle (ohibò) della birra e della musica, per gli amanti della carità, del Gaom, della famiglia, per i fan della politica quella del Pd, e, certo, anche per i cinofili o la notte che si tinge di rosa. C’è anche la festa per i malati. Insolite, certo, le feste della neve d’estate.

Moltissimo si concentra in luglio e agosto, neve compresa. Logico, di prima battuta. Sono i mesi nei quali raddoppiamo popolazione e presenze. Tra turisti, che non bastano mai, e villeggianti che ancora persistono, ce la caviamo discretamente bene. E poi non neghiamocelo: “vacanzare” qui costa meno che altrove, soprattutto in tempi di crisi, come a Vetto, dove da un paio di anni d’estate gli appartamenti son tornati a fare l’esaurito. Quindi? Perché lasciare perdere l’occasione? Festa sia! Soprattutto se siamo al completo.

Da un lato è un pregio. Sicuramente è possibile fare cassetta per organizzazioni del quarto settore. Quindi offriamo anche appeal ricettivo all’Appennino, proprio come avviene in Sardegna o in Alto Adige dove, per i turisti, c’è un’offerta variegata di appuntamenti. Ancora, creiamo e manteniamo un legame per i "volontari" delle feste, che in esse si impegnano e prodigano, prestando servizio per una terra rimasta nel cuore. Emblematico il caso di Sole di Vetto: il paese conta 90 abitanti, anziani e piccini compresi, ma i volontari alla festa agostana sono 120. E, sicuramente, tutti questi appuntamenti consolidano lo spirito di cooperazione tra i residenti, in parte smarrito uscendo dalla civiltà rurale a favore di quella moderna. Non ultimo, educano le nuove generazioni alla missione del volontariato.

Da un altro lato ci poniamo alcuni interrogativi. Diciamocelo: per due mesi ce la possiamo fare a resistere all’orda di inquinanti Suv, quad, moto, bagnanti non sempre attenti a raccogliere i loro rifiuti, o che scambiano le nostre montagne come terra di conquista e pista. E’ il rovescio della medaglia. Così come l’impresa di trovare parcheggio in alcuni capoluoghi. Ma non ce la facciamo a pensare a un Appennino vivo (e anche così irresistibile) per due mesi all’anno. Certo, già ci sono diverse feste d’autunno, ciaspolate d’inverno o mongolfiere verso la primavera, ma l’offerta di animazione e turismo deve crescere negli altri mesi dell’anno. Perché se così accade vorrà dire che c’è qualcuno che viene. E, magari, qualcuno che lo accoglie e che resta e si impegna a fare di questa accoglienza un mestiere che dura un anno intero. E, caso mai, scopre che i suoi figli possono restare e vivere qui in un modo nuovo, dove la solidarietà, che un tempo era quella del mondo contadino, è ora evoluta anche in ricettività e servizi.

Lo scorso marzo, un sabato sera a Villa Minozzo, la festa per ringraziare Razzoli ha dimostrato come, anche quando nevica, è possibile portare migliaia di persone in piazza senza sentire il freddo. Un fatto del tutto impensato dalle nostre parti, ma assai comune nelle località alpine. Non male per una montagna che nella mezza stagione chiudeva dalle latterie agli alberghi e, ora, timidamente prova a scoprire i mercatini di Natale.

Un’ultima riflessione la leghiamo alle sovrapposizioni di calendario delle tante feste nei nostri paesi. Un tentativo, in tal senso, di coordinare gli appuntamenti del mondo del volontariato, sostenuto due anni fa da Darvoce, è purtroppo fallito. Il piccolo problema, scuriosando su web, è comune anche in altre aree di montagna d’Italia. La soluzione ancora manca. I benefici non sarebbero di poco conto, per tutti.

Viva le feste d’Appennino. Magari per scoprire che in Italia esiste una montagna che racconta se stessa d’inverno, d’autunno e in primavera. E ci si vive bene. Intanto, però, rilassiamoci, magari alla festa della canapa. Quella del telo, naturalmente.

(Gabriele Arlotti)