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“L’ospedale non può vivere per la sola montagna ma la montagna non può vivere senza l’ospedale”

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Recentemente i dirigenti dei partiti di opposizione della montagna si sono riuniti, per iniziativa di Remo Venturi, coordinatore del Pdl di Castelnovo ne' Monti, per discutere dei problemi della sanità e dell'ospedale S. Anna. Scopo dichiarato dell'iniziativa è stato quello di confrontare le rispettive posizioni su tali problemi, per cercare una proposta comune, riguardo alle soluzioni da adottare. Ecco il testo-riassunto dell'incontro dalle parole del coordinatore.

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Ho voluto fortemente questo incontro perchè c’è una grande sensibilità riguardo al tema della sanità da parte di tutti i dirigenti dei partiti di opposizione. Mi è parso necessario avviare una discussione perchè la nostra sanità sta vivendo un momento difficile: la rimozione, controversa o addirittura inspiegabile, di alcuni dirigenti e le polemiche che ne sono seguite, che tanto eco hanno avuto sulla stampa nei mesi scorsi, sono sintomi di problemi che devono preoccupare chi fa politica e in particolare chi fa opposizione, anche perchè siamo in una fase di riduzione delle risorse e già vengono annunciati tagli al personale. Inoltre non dobbiamo dimenticare che stiamo parlando della seconda azienda della montagna. Quindi, se ci sono segnali di crisi, bisogna darsi una mossa. Voglio anche aggiungere che avremmo preferito discutere il tema in un consesso più ampio, che comprendesse anche i rappresentanti della maggioranza, ma non mi pare che, attualmente, ci siano le condizioni per un confronto.

Perché non ci sono le condizioni per un confronto con la maggioranza

Essi preferiscono le riunioni “a porte chiuse” con l’assessore regionale, dove se la suonano e se la cantano; si comportano come se la sanità fosse cosa loro e basta. Poi, magari, qualche vecchio saggio fa notare che la sanità è di tutti e allora cercano di rimediare con la convocazione di fantomatici consigli comunali aperti. In realtà, mi sembra che i rappresentanti della maggioranza siano, più che altro, impegnati a gettare fumo negli occhi dell'opinione pubblica: hanno già stabilito che ci saranno altri investimenti sulla cardiologia, ma l’ospedale non è solo la cardiologia. Cosa accadrà agli altri reparti?

Problema strutturale al S. Anna

Facciamo un passo indietro, c’è un problema strutturale, una contraddizione di fondo: un ospedale delle dimensioni del S. Anna, con quella dotazione di servizi, per un bacino di utenza di circa 34000 abitanti, non può reggere, perchè costa troppo e perchè col tempo finirebbe anche per essere poco efficace. Infatti, un bacino di utenza delle dimensioni di quello della montagna, significa, oltre che costi eccessivi per un volume di prestazioni ridotto, anche, inevitabilmente, pochi casi e sempre le stesse patologie da trattare. Quindi: riduzione della professionalità e della qualità delle prestazioni. D’altronde non è neanche pensabile un ridimensionamento, perchè, in un territorio come il nostro, l’ospedale e l'insieme dei servizi sanitari hanno un valore sociale ed economico enorme, nemmeno lontanamente paragonabile a quello di territori urbani, dove, oltre alla sanità, esistono attività numerose e diversificate. Si pensi, infatti, alle aggregazioni e agli scambi che brulicano intorno ai nostri servizi sanitari; si pensi, per esempio, a tutta la rete di volontariato che si è sviluppata in questi anni e alle relazioni umane fondate sulla solidarietà e l'aiuto reciproco, che sorreggono ed esaltano tali attività. Si pensi anche al grande valore della sanità per l'economia della montagna, ai numerosi posti di lavoro che sono in ballo. Si tratta di un valore decisivo, senza il quale l'economia della montagna andrebbe in grave crisi. In parole povere, l’ospedale non può vivere per la sola montagna ma la montagna non può vivere senza l'ospedale. Bisogna risolvere questa questione.

Ottica provinciale

Credo che si debba ragionare in un’ottica provinciale: l’ospedale S. Anna deve essere parte di un sistema ospedaliero provinciale che valorizzi le specializzazioni locali e decentri le attività e le prestazioni; in altre parole, il S. Anna deve essere organicamente integrato col S. Maria. Facciamo l'esempio della chirurgia: se al S. Anna si eseguissero interventi solo per i cittadini della montagna, tali interventi sarebbero pochi di numero e sempre gli stessi; gli interventi più specialistici, che sono anche quelli più rari, sarebbero tanto pochi da dover essere sempre inviati al S. Maria. Risultato: pochi interventi, scarsa casistica: conseguente abbassamento delle professionalità e costi elevati. Se al S. Anna, però, venissero destinati pazienti in lunga lista di attesa a Reggio, si attiverebbe un circuito virtuoso, perchè aumentando il volume di attività si abbasserebbero i costi e si diversificherebbe la casistica; di conseguenza, migliorerebbero le professionalità e la qualità. Si avrebbe, inoltre, un abbassamento dei tempi di attesa a Reggio Emilia e l’ospedale diverrebbe una risorsa per tutta la provincia. Per ogni settore per il quale sia possibile, bisognerebbe avviare un processo di questo tipo. Altra necessità è quella di valorizzare e salvaguardare quei settori della sanità montana che, numeri alla mano, hanno già dato ottimi risultati, funzionando in un'ottica provinciale. Sul nostro territorio ci sono sevizi con queste qualità. In ultimo, bisogna integrare al meglio i servizi, incrementare i decentramenti territoriali e mettere insieme le risorse sparse per evitare sprechi. Da questo punto di vista bisogna dire che qualcosa si è fatto; però bisogna proseguire. Non vedo quale altra strada si possa imboccare per risolvere la questione che abbiamo esaminato all’inizio. D'altra parte, la mia proposta non è nuova: è stata espressa anche da qualche vecchio esponente storico della sinistra montana. Ci sono menti lucide anche da quella parte, non tante, ma qualcuna si trova ancora. Certo è, che per attuare la mia proposta è necessaria qualche condizione di base.

Volontà politica

Ci vuole una chiara volontà politica di andare in questa direzione, al di là di ogni personalismo e di ogni convenienza di famiglia o di bottega. L’ospedale vive, innanzitutto, se coloro che dirigono sono capaci di tenerlo in vita e non se appartengono a questa o quella lobby. Altra necessità è che la selezione della dirigenza si faccia osservando criteri chiari, che tengano conto di qualità, attitudini e capacità dimostrate e certificate. La meritocrazia non è un optional ma una necessità: se chi dirige non è capace, va tutto in malora. Rispetto a questo problema è necessaria una seria vigilanza, anche perchè recenti “selezioni” di dirigenti lasciano più che perplessi: non si capisce su quali criteri di valutazione siano state fondate. Si tratta di questioni che vanno approfondite nelle sedi opportune e che richiedono l'istituzione di commissioni ad hoc per esaminare i casi specifici.