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Centrale di Fora di Cavola: continua serrato il confronto

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La prospettata centrale di Fora di Cavola continua a suscitare prese di posizione. Ne pubblichiamo di seguito ulteriori tre pervenute alla nostra casella di redazione.

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Ogni impianto a biomassa va valutato singolarmente in quanto per caratteristiche, potenza, disponibilità di biomassa e processo di combustione si differenziano sensibilmente l'uno dall'altro. La produzione di energia rinnovabile è uno dei pilastri della nostra politica energetica, anche per evitare il ritorno del nucleare, e le biomasse sono una di queste fonti, rendendo nullo il bilancio complessivo dell'anidride carbonica. Occorre comunque che la biomassa sia reperita in loco o a pochi chilometri di distanza, in modo da non andare a prendere, come accade spesso, olii di varia origine vegetale in altre parti del mondo per poi bruciarlo nelle nostre centrali. Inoltre la combustione della biomassa produce soprattutto acqua calda, che può essere sfruttata per piccoli impianti di teleriscaldamento, ottimizzando il rendimento energetico dell'impianto. Per esperienza abbiamo già visto molti impianti, alcuni validi, altri no, proprio perchè le caratteristiche del territorio vanno ad influenzare la funzionalità della centrale. Non a caso questi impianti nascono per piccolissime comunità montane situate nei pressi di importanti segherie, quindi rifornite dagli scarti di lavorazione del legno. In questa logica va anche valutata la centrale proposta a Fora di Cavola, con un confronto tranquillo con le istituziuoni, i progettisti e i cittadini: solo così si potrà decidere se un impianto ha un senso ambientale. Vanno inoltre, per coerenza ambientale, valutate le emissioni inquinanti nel distretto, verificando l'aumento rispetto a quelle già autorizzate in loco e quanto queste già oggi incidono sulla salute dei cittadini, ragionando sugli interventi di mitigazione o, in extremis, di chiusura di questi impianti. Stessa cosa vale per la proposta presso la Sabar di Novellara e per altri impianti proposti dai privati. La convenienza economica della tariffa omnicomprensiva derivata dai certificati verdi fa sì che, come accaduto per il fotovoltaico con il conto energia, ci sia un forte interesse verso questa tipologia di investimenti. Mentre per il fotovoltaico i problemi sono certamente quasi solo legati all'uso di terreno coltivato, per le biomasse occorre avere un'attenzione maggiore: laddove un'uso della biomassa locale viene valorizzato per produrre energia elettrica e termica vanno favoriti. Vista la complessità della materia è inoltre necessario avere delle linee guida, onde evitare fenomeni puramente speculativi che mettono in cattiva luce un processo virtuoso di produzione di energia da fonti rinnovabili.

(Massimo Becchi, Legambiente Reggio Emilia)

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Leggo della posizione assunta da Lorenzo Melioli di Confagricoltura in merito alla politica di Iren sulle centrali a biomassa in progetto nella Provincia di Reggio Emilia e in particolare quella di Fora di Cavola nel comune di Toano. Si dice che è un'opportunità per il territorio e che le posizioni del “Comitato EcologicaMente” sarebbero tanto spontanee quanto miopi. Valutiamo. Che le biomasse possano essere una risorsa nessuno lo mette in dubbio; non si capisce perché si debba bruciarle quando esistono altri modi per utilizzarle, magari attraverso processi di gassificazione che producono gas ad alta concentrazione di metano, che bruciato avrebbe un impatto notevolmente inferiore rispetto alla “semplice” (?) combustione del legname che provoca un continuo impoverimento delle sostanze nutritive nei terreni. Oltre a ciò è da notare che gli scarti di questi nuovi processi di lavorazione delle biomasse, a differenza delle ceneri, possono essere riutilizzati come fertilizzanti, anche attraverso una buona pratica di compostaggio. Quest'ultimo aspetto non è certo da ritenersi marginale se si considera l'isterilimento del terreno della nostra pianura Padana; è infatti dimostrato che un terreno fertile, ricco di sostanza organica, sia in grado di degradare più efficacemente buona parte degli inquinanti prodotti dalle attività umane; ne consegue che la natura ci aiuta se la aiutiamo! Noi del Comitato EcologicaMente non capiamo quindi se la miopia sia soltanto nostra o se invece sia di un'associazione che dovrebbe difendere le attività agricole tenendo in considerazione anche l'aspetto ambientale in cui esse si svolgono e non soltanto quelle di un'economia a breve respiro, come dimostra uno studio del GAL Antico Frignano e Appennino reggiano che smonta la sostenibilità della filiera locale del legno in una prospettiva di sfruttamento delle biomasse per fini energetici. Non capiamo se la miopia sia nostra o di chi non pretende da società come Iren che si attivino per razionalizzare al meglio e con le migliori e meno inquinanti tecnologie le risorse che la comunità di cittadini, paganti, mette loro a disposizione. Non capiamo se la miopia sia nostra o di chi non vede la necessità di indagare il nesso che c'è tra rifiuti e biomasse in quanto non c'è in questo momento una legge chiara che impedisca di bruciare parte dei rifiuti urbani assieme alle biomasse legnose.
Comunque sia, siamo sempre disposti a confrontarci con tutti quelli che si dicono interessati all'argomento, magari migliorando la nostra rispettiva miopia con gli occhiali del confronto e della conoscenza.

(Andrea Costi, Comitato EcologicaMente)

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Tra le molte e contrastanti cose che si sono lette in questi giorni in riferimento ad un’ipotizzata centrale a biomasse a Fora di Cavola, una cosa è certa: i numeri dicono che non potrà limitarsi a bruciare i residui forestali dell’Appennino reggiano. Un assessore provinciale ha sottolineato come un impianto per produrre energia pari ad 1 Mw (megawatt) richiederebbe 15mila tonnellate di legname; uno studio della stessa Provincia risalente al 2006 (Appunti sulle biomasse forestali, che era uno studio proprio in funzione di capire cosa si potesse fare nel reggiano) calcola che nei 5 comuni del crinale la produzione di “legname residuo” dalla lavorazione del bosco sia potenzialmente pari a 2.647 tonnellate annue. Lo studio non considera gli altri comuni montani, dove tuttavia la superficie boscata è assai minore e proprio per questo il calcolo si limitava solo al crinale. Il nostro Appennino non è il Trentino, non c’è quindi il potenziale per centrali di una certa potenza. Premetto che come Cia siamo favorevoli ad impianti che utilizzino biomasse di origine agricola, ma della dimensione di impianti aziendali o interaziendali. Non partecipiamo quindi a scontri "ideologici" di nessun tipo, ritenendo che vada tenuto nel giusto conto che in un’area come la nostra è facile andare a confliggere con le produzioni di qualità, che devono avere sempre una priorità. Siamo per produrre energia da biomasse, ma preferiamo l’utilizzo di biomassa "residua" dalla normale attività agricola e per evitare di usare buon terreno per colture "dedicate" a produzioni energetiche, perché questo influenza il mercato dei terreni e degli affitti. In ogni caso, non contano le nostre preferenze, dato che gl’incentivi europei per le colture energetiche ci sono e alfine la scelta compete ai singoli imprenditori. E’ chiaro che la discussione in corso ha ben poco fondamento sia nelle potenzialità del territorio che nella pratica forestale in vigore a meno che non si vada ad intaccare il bosco, ma questo porterebbe ad esaurire il legno in poco tempo, oltre al danno ambientale. In ogni caso, tocca alle amministrazioni ed alle popolazioni coinvolte una decisione sulla questione. Da parte nostra, diciamo che a favore di un progetto a Fora di Cavola vediamo un paio di punti soprattutto, il fatto che tutto sommato è meglio controllare una sola fonte di emissioni che non molte fonti ed il recupero di capannoni abbandonati; stando a quanto compare sulla stampa si ipotizzerebbe un impianto che non sottrae terreni all’agricoltura, il che è una vera rarità. Secondo noi però non sono le biomasse agricole ad interessare ad Iren, perlomeno non solo quelle, dato che vi è una grande quantità di biomassa da verde pubblico e privato, oltre che agricolo, che finisce ai centri di raccolta differenziata. Ma se questo è il problema, e sarebbe un problema serio, si lasci stare il legame con il territorio montano che non c’entra, se ne parli apertamente e con progetti discussi (a proposito di energie da fonti rinnovabili) alla luce del sole!

(Antonio Senza, Cia Reggio Emilia)

7 COMMENTS

  1. Impressioni di novembre
    Premetto che non ho approfondito in dettaglio l’argomento. Mi limito ad alcune impressioni, ricavate dalla lettura dei vari interventi di questi giorni. Il servizio di @CReport#C sulle centrali a biomasse ha mostrato come sia possibile ed auspicabile la costruzione di piccoli impianti a scala di piccole comunità, utilizzati per il teleriscaldamento, e gestiti senza intermediari dagli utilizzatori stessi, associati. D’altra parte, l’esempio del Cip6 (contributi statali finanziati dai cittadini attraverso la bolletta Enel) mostra come un’attività antieconomica come la combustione dei rifiuti possa diventare appetibile ai grandi imprenditori (vedi il caso del termovalorizzatore di Acerra o di quello di Brescia). Lo stesso fenomeno deleterio si sta verificando con i contributi per l’eolico, ora terreno di caccia per vari tipi di malaffare. A questo punto, non appena sento parlare di contributi pubblici, mi sorgono i dubbi: mi chiedo se la costruzione di un impianto non sia solo l’occasione per drenare soldi pubblici (cioè miei) verso un’attività che, di per sé, non avrebbe una reale utilità. Cosa guadagno, io, dalla presenza della centrale a biomasse? Pago meno l’energia elettrica? Pago meno l’acqua calda? Se la pago meno, non ho già pagato la differenza attraverso il contributo statale (cioè le tasse che ho versato e che sono state dirottate alla centrale attraverso i contributi?). Vorrei capire: chi ci guadagna realmente? E vorrei capire: posto che ci sia un guadagno, è a spese dell’ambiente? Se è vero che il bosco produce 2.600 tonnellate e ne servono 15.000, dove la prendiamo la differenza? In Senegal? Quello che mi aspetto da una centrale a biomasse (come da qualunque altra tecnologia innovativa) è di spendere meno per l’energia che mi serve e di inquinare meno. Se non è così, vorrei capire dove sta il bello.

    (Giorgio Bertani)

  2. Nel nostro Appennino la risorsa legno è abbondante
    Il discorso sulla centrale a biomasse di Cavola è più articolato e non lo affronto qui. Voglio solo avvertire che, qualora la maggior parte del cippato dovesse provenire dai boschi dell’Appennino non è la carenza di materia prima a spaventare e tanto meno incombe un qualsiasi pericolo di disboscamento.
    Lo dicono:
    a) uno studio di fattibilità Gal-Crpa-Enia del 2007 fatto con molta precisione e con criteri di gestione forestale che indica che solo dai boschi di uso civico e solo dagli scarti del ceduo dei 5 comuni del crinale possono provenire risorse atte a sostenere più di 2 MW termici installati più cogenerazione elettrica (secondo il progetto la centrale di Fora è concepita per 1 MW elettrico, che è più di un MW termico, ma non c’è, ovviamente, la cogenerazione;
    b) le esperienza in atto in mezza Italia (esempio vicino a noi Camporgiano, Garfagnana) indicano che prendendo una centrale di 500 kWt di potenza questa si mantiene con la materia prima annualmente prodotta da 250-350 ettari di bosco ceduo correttamente gestito secondo piani di assestamento, solo con le ramaglie, nonchè con diradamenti di piantate ecc. Se poi vi sono castagneti da risanare e ripulire ne bastano anche meno. Ovviamente la risorsa bosco non cala, anzi ne guadagna in salute e vitalità. Si veda, per documentarsi sulla centrali a cippato in esercizio in Appennino: http://www.woodland.arsia.toscana.it/.
    Perciò questo non preoccupa. Tra l’altro la centrale di Fora è progettata per essere alimentata principalmente da materiali legnosi conferiti ad Iren per lo smaltimento, che secondo censimenti fatti sono veramente tanti e giustificano potenze installate anche più alte. Solo in un secondo tempo (almeno per Fora) si pensa ad una filiera corta locale bosco-legno-energia che a me sembra una bella idea non ancora, da noi, sufficientemente esplorata sotto il profilo dell’economicità del processo pre-cippatura. I nostri boschi, comunque vada, sono salvi.
    Grazie.

    (Sergio Fiorini)

  3. Per il sig. Fiorini
    La invito a informarsi sulle emissioni che sono nocive anche quando il comburente è la legana alcuni inquinanti cancerogeni: diossina, idrocarburi policiclici aromatici, nanoparticelle, formaldeide, questi dati sono studi scientifici fatti da scienziati, es. prof. Federico valerio, dott. Montanari, etc. NON MI SEMBRA UNA GRANDE IDEA BRUCIARE PER CONTAMINARE L’ARIA CHE ABBIAMO, visto che si può produrre energia elettrica tramite pannelli solari, mentre se il problema sono gli scarti di legname si può fare compost…

    (Massimo Govi)

  4. Dunque, dunque, dunque, disse Merlino ad Anacleto…
    Innanzitutto mi permetto di correggere il Sig. Fiorini: non si parla di cippato, ma di solo legno vergine, il D. Lgs. 152/2006 non parla di cippato come biomassa. In secondo luogo, mi dovrebbe spiegare per quale motivo Iren che gestirebbe la centrale sarebbe così stupida da dire che ci sono pochi sfalci… Mi permetta il dubbio. Terza osservazione: perchè tutte le persone che contestano i dati forniti dal Comitato EcologicaMente non sono intervenute in sede di assemblea pubblica il 31.10.2010? E’ troppo facile contestarli a persone che sono tutto fuorchè ingegneri ambientali o tecnici specializzati nel settore. Mi chiedo: è veramente un incantesimo questa situazione? Le persone chiedono inviti in carta bollata per assemblee pubbliche aperte a TUTTI. Mi chiedo: chi ha più la coda di paglia? Nascondersi dietro ad un commento di @CRedacon#C piuttosto che iniziare una discussione con veri professionisti ferrati in materia. Eh, sì Anacleto… Merlino aveva ragione, è tutto un incantesimo! L’incantesimo della vita che non dà tempo nemmeno di riflettere… Dunque, dunque, dunque…

    (Eva, Comitato EcologicaMente)

  5. Parlando di potenzialità dei boschi…
    Nel mio precedente commento ho parlato di cippato, di potenzialità dei boschi cedui, fustaie e castagneti della montagna, dei quantitativi di legname (vergine, ovviamente, non tracciato ne verniciato, proveniente dai suddetti boschi) per dire che di materiale, biomassa naturale e non rifiuto, in Appennino ce n’è in abbondanza. Ho fatto questa osservazione soprattutto stupito dal comunicato della Cia, che non considera il legno risorsa silvocolturale della montagna o quanto meno pensa che sia carente. Ho fatto queste osservazioni citando esempi e fonti, che d’altra parte conosco abbastanza bene essendomene occupato per motivi professionali. Tutto qui. Non ho parlato di scarichi e fumi perchè è una materia che conosco poco. Sempre che qualcuno non se ne risenta, però, vorrei che pensassimo alle migliaia di stufe e camini a legna (esistono da millenni) o pellet (più recenti) che fumano nei nostri paesi. Quelli che scarichi sono? Assimilabili a quelli del cippato (di legna vergine, s’intende) o di altra natura? Se è per la potenza si tratta di molte decine di volte in più di una singola centrale di piccole dimensioni. Ma qui metto e mantengo tutti i punti interrogativi, giustamente non sono uno scienziato, semplicemente esprimo una opinione per quello che so o penso di sapere. Sui boschi e la loro potenzialità, però, mi sono permesso di esprimere un parere che ritengo abbastanza documentato.
    Grazie.

    (Sergio Fiorini)

  6. Per i sigg.ri di EcologicaMente…
    Se il riscaldamento a metano o GPL me lo pagate voi o i prof. Montanari, Valerio e compagnia andante sarò ben lieto di spegnere la mia “inquinante” stufa a legna da cui escono diossina e le famigerate (sic) nanoparticelle. Altrimenti continuerò a bruciare legna come faccio da decenni e come da migliaia di anni fanno gli abitanti dell’Appennino e non solo per non morire assiderati. E d’inverno in montagna, se non ve ne siete accorti, dei pannelli solari e dell’eolico non ve ne fate nulla. Invece di scomodare Merlino e Anacleto dovreste camminare un po’ di più per i nostri boschi e vi rendereste conto della quantità di legno disponibile e non si parla di tagliare dell’alto fusto.

    (Commento firmato)

  7. Perchè ti stupisci?
    Caro Fiorini, perché ti stupisci di quanto abbiamo scritto nel comunicato Cia? La fonte è citata e si tratta di uno studio disponibile su internet, i numeri sono numeri, se quello studio è giusto ed è giusto il dato di consumo di 15mila ton. la materia prima locale non c’è. Del resto, ti confermo per averlo verificato, non era questo che interessava, quanto smaltire il legno raccolto in provincia dalla raccolta differenziata, che sfiora le 35mila ton. (dato 2009 anch’esso disponibile su internet). Questo è stato detto non per polemizzare con qualcuno ma per chiarire l’esatta natura della cosa di cui si parla.
    Cari saluti.

    (Gianni Verzelloni, ufficio stampa Cia RE)