Home Cronaca Da Enrico Bussi quattro domande sulla politica energetica italiana

Da Enrico Bussi quattro domande sulla politica energetica italiana

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Riceviamo da Enrico Bussi e pubblichiamo.

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1) CHE SCELTA HA FATTO IL GOVERNO BERLUSCONI?

All’inizio del 2010 ha stabilito l’obiettivo di coprire il fabbisogno energetico con il 25% dall’energia nucleare, il 25% dalle energie rinnovabili, il 50% dall’energia fossile.
Nessun altro Paese si propone di arrivare al 25% di nucleare, la Germania e l’Inghilterra hanno programmato l’uscita dal nucleare e tengono in funzione gli impianti esistenti fino a scadenze fissate.
Solo la Francia, la Svezia e la Corea del sud hanno una forte incidenza del nucleare, però è stata raggiunta con investimenti realizzati nei 60 anni trascorsi in cui esistevano le condizioni.
L’Italia aveva programmato di realizzare le centrali nucleari nel 1959, ma il piano ha incontrato difficoltà ed è stato possibile avviare soltanto la centrale di Caorso, Piacenza. Due piccole centrali a Latina e Trino Vercellese hanno svolto funzioni sperimentali, la costruzione di quella di Montalto di Castro è stata interrotta quando l’Italia ha deciso di uscire dal nucleare con il referendum svolto nel 1987, un anno dopo l’incidente nella centrale di Cernobyl (a distanza di spazio e di tempo continua a fornire un valido contributo alla leucemia e ad altre manifestazioni tumorali anche da noi).
Nel periodo successivo l’Italia non è riuscita a smaltire le scorie nucleari accumulate, ha scelto di investire sul gas, ha partecipato e partecipa alla realizzazione di gasdotti e ora dispone del più moderno parco di centrali a gas.
Oggi l’Italia dipende per circa il 92% da energia fossile (gas 40,3, petrolio 42,0, carbone 9,4) e per circa l’8% da fonti rinnovabili (2,1 idroelettrico, 3,2 solare-eolico, 3,0 altre rinnovabili).
Per arrivare a coprire con il nucleare il 25% del fabbisogno energetico italiano occorre costruire 19 centrali da 1,6 GigaWatt (1.000.000 di Watt) e investire da 75 a 150 miliardi di euro (l’Italia stima in 4 miliardi di euro il costo di una centrale di quella potenza, mentre gli USA stimano il doppio).
Sono necessari almeno 15 anni per costruire una centrale nucleare e il governo italiano prevede che la prima entri in funzione nel 2025, però ad oggi non sono stati insediati gli organi previsti per attuare il piano e si prevede un percorso molto complicato per localizzare le centrali.

2) COME SI PUÒ VALUTARE LA SCELTA ITALIANA PER IL NUCLEARE?

Per ridurre la dipendenza dall’energia fossile la scelta del nucleare richiede tempi troppo lunghi e una capacità d’investimento che l’Italia non ha.
Il nucleare è stato sostenuto in passato mediante prezzi amministrati da monopoli (alte tariffe imposte all’utenza) e sovvenzioni pubbliche, le due condizioni non ci sono più e chi ha investito sul nucleare ha cominciato a disinvestire gradualmente. Dunque il Governo italiano ha imboccato una direzione opposta a quella presa dai principali Paesi sviluppati e occorre aggiungere altre due ragioni negative per l’Italia, più importanti delle prime due.
La prima ragione è che il territorio italiano nei confronti di quello di altri Paesi si trova nelle condizioni meno adatte per impiantare le centrali nucleari.
Le aree pianeggianti (1/3 della superficie geografica totale) sono diventate più strette di prima dopo l’imponente diffusione di case, capannoni, centri commerciali sospinta dopo il 1990 dall’introduzione dell’ICI e dalla possibilità di finanziare la spesa corrente con gli Oneri di urbanizzazione: per mantenersi gli enti locali hanno scatenato l’espansione delle aree edificabili e il fenomeno è acuito dai tagli alle erogazioni decisi al centro.
La terra gobba (2/3 del totale) è più difficile da utilizzare ed è sottoposta a un rischio sismico elevato.
In queste condizioni è arduo trovare i siti per le centrali e per i depositi delle scorie radioattive, sottoposti ai ricatti di ecomafie e alle trascuratezze pubbliche come dimostrano le vicende nazionali dei rifiuti urbani e dei rifiuti tossici industriali.
La seconda ragione è che l’Italia, non avendo potuto sviluppare una propria tecnologia per lo sfruttamento dell’energia nucleare, deve essere rifornita dagli unici due produttori di centrali nucleari che sono l’americana Westinghouse e la francese EdF, il che significa mettersi in condizioni di dipendenza, ovvero perdere libertà.

3) IL GOVERNO HA SCELTO ALTRE FONTI DI ENERGIA?

L’Italia investe forti incentivi per l’incremento delle Fonti di Energia Rinnovabili (FER).
L’incentivo stimola i fornitori di impianti e nello stesso tempo il disordine di Regioni ed enti locali (senza controlli e competenze adeguate) favorisce delle vere truffe, in altri casi delle distorsioni come emerge nella corsa reggiana a costruire “alla cieca” le centrali a biomasse.
Le ripercussioni negative sono causate dalle biomasse sfruttate da altri senza coinvolgere e portare vantaggi alla popolazione locale, dalle biomasse importate da paesi lontani, dalle biomasse coltivate nei nostri terreni migliori sottraendoli alla produzione alimentare e facendone aumentare il costo: una competizione sommata a quella del mercato che accelera la fine di stalle, vigneti ed estende la campagna morta.
Il Governo ha deciso di attenuare le incentivazioni per frenare la corsa disordinata a fabbricare dei “bidoni”, ma la vera strada sarebbe stata quella di instaurare una regia omogenea e funzionante a livello nazionale come ha fatto la Germania che pratica tre tipi di intervento senza erogare incentivi ai costruttori di impianti. Organizza la ricerca e lo sviluppo di tecnologie, verifica la progettazione, assicura l’acquisto dell’energia prodotta per un adeguato arco di anni.
Così, il sole viene sfruttato con impianti sui tetti per non consumare terreno e l’energia viene venduta dal proprietario dell’edificio, le biomasse sono prodotte con equilibrio dalle aziende contadine in modo da rafforzarle e vengono sfruttate in primo luogo dalle comunità rurali che vendono energia elettrica e utilizzano quella termica.
Per questa strada l’agricoltura bavarese limita i costi delle risorse impiegate, somma il reddito della produzione di energia a quello della produzione alimentare, rende l’azienda contadina con 33 vacche e 150 maiali più competitiva delle nostre grandi, ci fornisce sempre più cibi di buona qualità oltre ai prodotti industriali.

4) QUALI SONO LE ALTERNATIVE?

La vera alternativa è attuare la politica del 20-20-20 stabilita dall’UE per raggiungere entro il 2020 l’aumento fino al 20% delle Fonti di Energia Rinnovabile sul totale delle fonti, la riduzione del 20% dei consumi di energia, la riduzione del 20% dei livelli di gas con effetto serra.
L’UE prevede che le tecnologie da impiegare per sfruttare le FER e per realizzare il risparmio energetico provocheranno la creazione di 500.000 nuovi posti di lavoro nei Paesi europei, prospettiva particolarmente interessante per noi. Purtroppo le nostre sedi di ricerca e sviluppo si dedicano all’innovazione tecnologica in modo scoordinato, comunque si sperimentano delle soluzioni interessanti anche per l’Appennino, da valutare.
L’iniziativa italiana per il risparmio energetico è indirizzata al modo di fabbricare impianti, macchine e case, invece è del tutto trascurato il cambiamento dei criteri per governare la crescita della città.
Per esempio in Europa vengono urbanizzate delle aree molto più compatte rispetto a prima e gli edifici sono collocati attorno alle centrali che producono energia elettrica allo scopo di recuperare quella termica, esattamente l’opposto di quello che si continua a fare a Reggio e provincia.
Il risparmio energetico può dare risultati straordinari, per esempio l’AD di TERNA, Cattaneo, ha annunciato un investimento di 3,1 miliardi di euro entro il 2014 per sostituire cavi dell’alta tensione e ottenere una minore dispersione di energia elettrica di 3 GigaWatt: lo stesso risultato di due centrali nucleari da raggiungere in 4 anni e con 1/5 delle spesa (se si tiene conto dei costi calcolati negli USA).

RIFERIMENTI UTILIZZATI

Non sono un esperto di energia. Negli anni ’50-’60 ho seguito con passione le vicende dell’ENI di Mattei, del CNEN di Ippolito, della nascita dell’ENEL. Di recente ho letto articoli su quotidiani nazionali e locali, a fine novembre ho ascoltato i relatori nei seminari organizzati dalla Regione a Bologna. Molte scelte centrali e periferiche appaiono derivate dal consueto impasto tra megalomania dei vertici, disattenzione estesa nell’elettorato, indebiti affari tra costruttori e governanti: ma c’è modo di rimediare.

(Enrico Bussi, agronomo)

4 COMMENTS

  1. Analisi condivisa
    Condivido pienamente quanto scritto da Bussi e in particolare l’evidenza che il nucleare non sia la panacea dei mali energetici italiani. Vorrei aggiungere due riflessioni. La prima sul risparmio energetico che credo essere il tema principale. Dobbiamo imparare che ciò che “consumiamo” non ha solo costi materiali ma ha costi ambientali che nemmeno immaginiamo e per questo anche le piccole cose come non sprecare cibo, non produrre rifiuti o cambiare la guarnizione nelle finestre può portare a risultati significativi. La seconda sulle energie rinnovabili, tema molto attuale in Appennino. Penso che lo sfruttamento dell’idroelettrico sia sulla strada giusta, credo che solare e geotermico abbiano costi troppo elevati e non li vedo vantaggiosi per la nostra realtà. Già meglio il microeolico che deve essere ancora sviluppato. Le biomasse (sia per biogas che per combustione diretta) possono essere sviluppate in modo sostenibile con la filiera corta, come giustamente evidenziava Bussi. Non devono sottrarre terreni alle produzioni pregiate (cereali, Parmigiano Reggiano) ma si posso usare gli incolti e il bosco esistente per produzioni ecosostenibili e per ridistribuire energia nel giro di qualche chilometro. Concentrare la produzione di calore vuol dire ottimizzare le rese ed avere emissioni minori e maggiormente controllabili. Un percorso condiviso con i cittadini potrebbe dare risultati significativi come già successo in altre realtà.

    (mc)

    x Bussi: la ricerca del sentiero giusto continua…

  2. Siamo sicuri che…
    Siamo sicuri che il nucleare sia proprio quella nefandezza ambientalista di cui si parla? Non voglio mettermi a sindacare se le cose dette dal sig. Bussi siano corrette o no, sarebbe troppo facile ma troppo lungo controbattere sulla teoria della non utilità del nucleare in Italia. La storiella che il nucleare non sarebbe adatto ad un paese non più pianeggiante e a rischio sismico come il nostro non regge ormai più e il Giappone ne è l’esempio più eclatante. Purtroppo le energie rinnovabili, da solare ed eolico, sono una chimera non applicabile alla fame di energia che noi tutti abbiamo. Come più volte ho sostenuto, credo che il risparmio energetico sia solo un bel proposito, ma quando si tratta di rinunciare ognuno alle proprie comodità, allora le cose cambiano un po’. Comunque mi limito a dare solo un piccolo consiglio letterario: sia per chi crede ma soprattutto per chi non crede nel nucleare, vorrei consigliare la lettura di un librettino molto interessante che forse può fare aprire qualche mente. Titolo “ENERGIA NUCLEARE? SI’, PER FAVORE”. E’ del giornalista scientifico FRANCO BATTAGLIA con prefazione del professor ANTONINO ZICHICHI. 190 pp., costo € 15,00. Mai spesi così bene 15 €. Tante STUPIDATE ECOLOGISTE vengono SMONTATE in maniera CHIARA ed INEQUIVOCABILE. Leggere per credere (o non credere, fa lo stesso, l’importante è sentire più di una campana). BUONA VITA.

    (Fabio Mammi)

  3. Risposta a Fabio Mammi
    Sono un ex sostenitore del nucleare e ho esposto 4 ragioni per cui non può più riuscire: abbiamo perso 60 anni, nelle attuali condizioni è troppo costoso per quasi tutti i paesi e noi abbiamo meno soldi degli altri, nessuna regione e comune italiano ha il posto adatto per le centrali e le scorie, dovremo dipendere da altri per la tecnologia. Per quanto mi riguarda non sono impegnato a lavorare per il nucleare, come il Prof. Battaglia, e neppure per le altre fonti di energia. Mi sembra che le scelte fatte dagli altri paesi dell’UE siano più valide di quelle fatte dall’Italia. Anche la Francia ha fatto una scelta comprensibile: vendere all’Italia la sua tecnologia che non compra più nessuno.

    (Enrico Bussi)

  4. Invito per Fabio Mammi
    Se lei, Sig.Fabio Mammi, consiglia la lettura del suo librettino strainteressante, io invece la invito lunedì 13 dicembre, alle ore 20,30, al Centro giovani di Castelnovo ne’ Monti a un incontro in cui si parlerà proprio del nucleare, con Emiliano Zanichelli dell’associazione Paea.
    Buona giornata.

    (Sara Fabbiani)