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Carpineti / Tempo di acquisti e di spese. Una riflessione dei ragazzi delle terze delle medie

Martedì 14 dicembre noi ragazzi di 3b e 3° delle scuola media di Carpineti siamo stati a visitare un noto centro commerciale di Reggio Emilia per approfondire il tema dei “non luoghi”, affrontato precedentemente in classe con la prof. di inglese e di francese (le prof Canovi e Padulini).

Questi luoghi sono tipici della società moderna dove le persone si trovano vicine, ma allo steso lontane. Abbiamo poi analizzato il tema della globalizzazione economica e della funzione della lingua inglese, una specie di moderno Esperanto, che collega tutti le comunicazioni.. Al nostro arrivo ci ha accolti Karin, la segretaria del centro. Inizialmente ci ha spiegato che questo edificio è stato pensato per ridurre lo stadio “il Giglio” ad una dimensione familiare e per rianimare questa zona prima inutilizzata. Abbiamo quindi capito che i posti non vengono costruiti a caso, ma che c’è dietro sempre unno studio più ampio, e lei ci ha parlato anche della rete, tra negozi del centro, istituzioni, offerte al consumatore. Ha inoltre specificato che questo centro commerciale circonda lo stadio con una distesa di 57 negozi (lunga 10, 5 km²) disposti a formare un ferro di cavallo. Lo stabile è di proprietà olandese, è il primo centro commerciale in Italia a circondare uno stadio ed è stato costruito seguendo criteri eco compatibili, creato apposta quando la Reggiana era andata in serie C. L’intento era quello di unire sport e famiglie, ricercando un comportamento sano e corretto anche delle tifoserie.

Tuttavia, come ogni luogo commerciale, l’obiettivo è quello di far consumare il più possibile ai visitatori, offrendo prodotti diversi da quelli che si possono trovare facilmente in centro e con più basso costo. Abbiamo scoperto che in ogni operazione di vendita c’è dietro uno studio , anche psicologico, di cui noi consumatori siamo spesso ignari. In media al lunedì, martedì, mercoledì e venerdì entrano circa 8000 persone, il giovedì 15000 (perché in centro i negozi sono chiusi), il sabato 25000 e alla domenica 13000, anche se il centro ha i negozi chiusi, la gente va là a fare un giro, al cinema (ci sono 11 sale per i film!).

Il costo d’affitto varia a seconda della vastità del negozio (in metri quadri).
Un esempio è un negozio piccolino che paga più o meno 7000 € al mese!! Mica ce lo saremmo mai immaginato! Abbiamo poi realizzato, visitando la stanza dei bottoni, che è tutto monitorato. Ci sono centinaia di telecamere. Ciononostante un sacco di teppisti e vandali rovinano stupidamente gli oggetti e la struttura.
Per farci capire meglio l’utilità dell’inglese nel mondo del lavoro Karin ci ha spiegato che la maggior parte dei negozi all’interno del centro sono stranieri: un marchio è spagnolo, uno è tedesco, alcuni negozi sono francesi ma per comunicare tra di loro utilizzano sempre e comunque l’inglese. Ci siamo recati lì con l’intento di arricchire il nostro bagaglio culturale e con la consapevolezza di voler essere consumatori responsabili.

Le insegnanti sono soddisfatte di come ci siamo comportati: “ La lingua straniera non serve solo a imparare a parlare, ma è utile anche per riflettere su se stessi, le proprie abitudini e su come va il mondo. Comparando le culture ci si accorge che il nostro è solo uno dei tanti punti di vista possibili sul mondo. E che l’inglese serve per collegare idee, significati, dinamiche.”

A un certo punto ci siamo accorti che c’erano molti studenti con lo zaino, erano lì perché avevano fatto ‘fuga’ a scuola. Ci hanno urlato ‘secchioni’. Noi non abbiamo risposto, ma abbiamo pensato che loro erano degli…’sfortunati’ che per venire lì dovevano andarci di nascosto, saltando la scuola, noi invece ci avevano accompagnati.
Ancora le insegnanti: “Portare i ragazzi nei luoghi di consumo come visita guidata riflette un intento di voler capire il linguaggio moderno della nostra civiltà. C’erano molti studenti lì fuggiti da scuola, noi ce li accompagniamo, e cerchiamo di capire come funzionano i centri, da dietro le quinte. Non occorre essere trasgressivi e scappare da scuola, i luoghi moderni non sono un’alternativa alla scuola. Ma la scuola deve educare alla consapevolezza, creare riflessione di come si muove la vita. Studiare le lingue significa anche questo. Siamo state fiere dei nostri ragazzi, lì non solo per svago, ma per capire. Tutti attenti e silenziosi in ascolto di dati statistici, di come funzionano le cose oltre le vetrine.”

Dopo siamo andati a veder i negozi, qualche ragalino lo abbiamo preso per la famiglia. Ma eravamo molto più consapevoli di cosa facevamo e dove eravamo.
Abbiamo raccolto la testimonianza di Alessandro Zini:”è stato molto istruttivo. Ho imparato cose sul marketing. Ed è stato anche rilassante, un modo diverso di imparare delle cose.” e di Anna Torlai:”è stata un’opportunità per non comprare e basta ma per capire cosa c’è dietro.“

(Riccardo Casoni, Anna Torlai, Beatrice Frassinetti, delle classi 3^ A e 3^ B della scuola media di Carpineti)

3 COMMENTS


  1. Cari ragazzi e care ragazze delle scuole medie di Carpineti, mi è piaciuto il vostro racconto della visita al centro commerciale. Certo, come dicono le vostre professoresse, le lingue straniere servono a capire questo nostro mondo. Ho da rettificare soltanto una vostra affermazione sulla lingua internazionale esperanto. Io non la compararei con la lingua inglese che rimane sempre una lingua nazionale. L’esperanto è ben altro. E’ la lingua più democratica che ci sia. Basta poco tempo per studiarla anche perché la si legge come la si scrive, ma prima di tutto è neutrale perché non è legata a nessun impero politico o commerciale. Se volete sperimentare come funziona, mi invitate nelle vostre classi. Abito a Parma e posso ben fare un salto a Carpineti per parlarvi di questa lingua che mi permette di comunicare con tutto il mondo.
    Auguri di buone feste a voi e alle vostre gentili insegnanti.

    (Luigia Oberrauch Madella)

  2. Rimango un tantino perplesso e stupefatto
    Spero, stante la cultura di cui vi fate pregio, vorrete spiegare cosa vi porta a definire l’inglese una specie di moderno esperanto dal momento in cui, l’inglese, è pur sempre meno semplice nell’apprendimento ed è pur sempre lingua nazionale e come tale implica lo scavalcamento di altre lingue nazionali, a tutto favore di coloro cui la medesima è già nota fin dalla culla! Non vi sembra un tantino troppo pretenzioso e poco democratico un sistema in cui non sia prevista ed utilizzata una lingua “super partes”? Attenderei risposta.

    (Enrico Brustolin)

  3. Precisazione
    Gentilissimi signori, ringraziando per l’attenzione si coglie qui l’occasione per precisare che il riferimento all’esperanto era soltanto “di passaggio” (in effetti si parla di una “specie”, forse andava virgolettato?), paragonando l’inglese a una lingua “jolly” quella del commercio universale, e così pare al momento sia. Non vi era in tal scritto, soprattutto nell’intento di alunni di terza media, nessuna intenzione di entrare in merito, qui, di una discussione aperta su l’esperanto di cui ancora non molto si conosce. Ma il termine è stato usato soltanto come un modo di dire. Terremo presente senz’altro l’offerta della signora, per un eventuale approfondimento.
    Cordiali saluti.

    (Le insegnanti)