Home Cronaca “Dato che anche sul nostro territorio si sta da tempo parlando di...

“Dato che anche sul nostro territorio si sta da tempo parlando di dighe…”

4
18

Riceviamo e pubblichiamo.

-----

Dato che anche sul nostro territorio si sta da tempo parlando di dighe, ci preme portare a conoscenza della cittadinanza della nostra provincia quanto accaduto pochissimi giorni fa nella valle del Tevere. Facciamo notare che la diga interessata dall'incidente è considerata una delle più sicure ed è completamente diversa da quella che si vorrebbe costruire sull'Enza, com'è diverso pure il tipo di vallata in cui è stata costruita, che è molto più ampia della Val d'Enza.

Purtroppo quando si parla di dighe non si può solo parlare dei presunti aspetti positivi, ma anche di quelli negativi, che purtroppo in questo caso non sono presunti ma reali.
- http://www.youreporter.it/video_Piena_del_Tevere_dopo_guaso_alla_diga_di_Montedoglio_1;
- http://tv.repubblica.it/edizione/firenze/la-falla-alla-diga-di-montedoglio/59134?video=&ref=HREC2-4;
- http://www.youtube.com/watch?v=QC5pwZvhrDA.

Meditiamo!

(Comitato difesa dei fiumi Emilia-Romagna)

18 COMMENTS

  1. Sempre i soliti
    Siete sempre i soliti, per fortuna pochi: anzi pochissimi. Vedo che l’avvento dell’anno nuovo non vi ha tolto la voglia di dimostrare la vostra ristretta visione della realtà (spero solo x il bene della natura e non x pura politica, a quel punto il discorso sarebbe già finito). Perchè non fate vedere e spiegate il perchè delle migliaia di dighe sparse per il mondo? Sì, è vero, alcune (in stati dove la sicurezza non è considerata) meno sicure ma in molti casi determinanti sia per la sicurezza delle popolazioni e senza ombra di dubbio per l’economia di quelle zone. Provate a contare i morti e i disastri che fanno le alluvioni su fiumi dove anni addietro si è costruito senza cognizione di tutto e di più: basterebbe una diga o cassa di espansione di nuova generazione per poter regolarizzare il flusso dell’acqua = meno disatri… Ripeto: meno non fine disastri.
    Pensate solo al Po se non fossero state costruite le casse di espansione o a Los Angeles. L’importante è fare i lavori con criterio e sfruttare tutta la tecnologia possibile. Abbiamo bisogno di dighe e guardando il nostro futuro penso che sarà il nostro unico e miglior investimento che può fare l’uomo in questo momento (conservare l’acqua). Io la penso così, voi no, pazienza, ma alla fine in democrazia è la maggioranza che decide… Giusto?
    Ciao.

    (Luciano Franchini)

  2. Le dighe in positivo
    Vorrei invitare ad una attenta riflessione sulle idee esposte in merito alla costruzione di una eventuale diga nel nostro territorio montano. Dopo la riflessione i signori del comitato li inviterei ad una visita guidata alla diga di Ridracoli, forse capirebbero che se le cose sono fatte bene e in modo onesto migliorano la vita dell’uomo e non deturpano il paesaggio; ed aiutano la natura tanto trascurata e offesa.

    (Ivan Scaltriti)

  3. Per ampliare la ristretta visione della realtà
    Per contribire al dibattito relativo alla costruiamo la diga/sì costruiamo la diga/no riporto di seguito alcuni interessanti articoli:
    – I PROFUGHI DELLE GRANDI DIGHE di Emanuele Scoppola
    “Il Ventesimo secolo, oltre che per le maree nere e le catastrofi nucleari, potrà essere ricordato come l’era degli scempi anche per le dighe. La realizzazione delle 45.000 grandi dighe presenti nel mondo (la metà delle quali si trovano in India e Cina) ha prodotto danni incalcolabili agli ecosistemi e ha costretto fra i 40 e gli 80 milioni di persone a lasciare le loro terre.
    […] Nel 1998 nasce la World commission on dams, che nel 2000 redige un rapporto mondiale (scaricabile da http://www.dams.org) che dichiara ufficialmente che le dighe, sebbene abbiano dato significativi contributi allo sviluppo umano, impongono un costo sociale e ambientale troppo elevato e che l’approccio dell’analisi costi/benefici, a lungo adottato in fase di valutazione, deve essere preceduto da un’analisi dei diritti e dei rischi”…
    – ROMPETE LE DIGHE
    Aiutano a far muovere il nostro mondo, ma hanno effetti collaterali disastrosi, a danno dei poveri del mondo. Si può farne a meno? Sì, risparmiando energia e acqua di Sylvie Coyaud
    “Le grandi dighe stanno allo Sviluppo della Nazione come le bombe nucleari al suo arsenale militare”, ha scritto nell’aprile 1999 Arundhati Roy in un testo traboccante di informazioni, perspicacia e sentimenti sulla diga Sardar Sarovar, ovvero il dio delle grandi cose che allagherà la valle del Narmada dove sopravvivono milioni di dalit (intoccabili) e popolazioni tribali. Leggetelo, per favore. Magari insieme al rapporto di Human Rights Watch sull’India. E al poemetto L’elefante e il tragopano che Vikram Seth – autore di Una musica costante, Longanesi 1999 e altro grande romanziere indiano – scrisse dieci anni fa, in occasione delle prime proteste contro le dighe previste sul Narmada. È soltanto dagli anni ’60 che le dighe sono criticate, eppure si costruiscono da quando abbiamo smesso di essere nomadi e cavernicoli. La riva di un fiume è il miglior posto dove insediarsi, però l’acqua si prosciuga o s’ingrossa senza curarsi di noi. Perciò abbiamo imparato a trattenerne un po’ per l’irrigazione, a frenarne la furia per evitare che straripi, a sfruttarne la forza per macinare grano, e dall’Ottocento per azionare turbine e rifornire agricoltura, industrie e abitazioni con energia meno inquinante. Il 70% dell’elettricità e due terzi del cibo mondiale dipendono dalle dighe nonché, sostengono molte persone in buona fede, l’insieme di pratiche e agi chiamato civiltà. Infatti, sul finire degli anni ’50, quando europei e americani tolsero al governo egiziano del colonnello Nasser i fondi per la diga di Assuan, l’opinione pubblica lo giudicò un’indegna vendetta per la chiusura del canale di Suez. Allora che cosa hanno da recriminare i dalit del Narmada, gli indios del Paranà-Paraguay o del Sinu in America Latina, gli indiani Cree di James Bay nel Québec (battaglia vinta), gli africani del Sondu Miriu in Kenya, del Kunene in Namibia, dell’Alto Nilo in Uganda, asiatici vari dello Yangtze in Cina, del Nam Leuk in Laos, del Mekong in Vietnam o del Pergau in Malesia? Perché strepitano gli ambientalisti dell’International Rivers Network (www.irn.org), l’Agenzia delle Nazioni unite per lo sviluppo, la Banca Mondiale che si è ritirata dal progetto Narmada nel ’94, la Commissione Mondiale per le Dighe, Vikram Seth, Arundhati Roy, l’americano James McPhee in Il controllo della natura (Adelphi, 1995), l’italiano Marco Paolini contro il Vajont (Einaudi, 1999) e milioni di poveri che pure hanno bisogno di energia e acqua per non morire? Sono impazziti e sostengono che è meglio non irrigare le coltivazioni e bruciare petrolio, carbone o uranio pur di non cambiare il panorama? No, hanno ragioni a iosa……http://dweb.repubblica.it/dweb/2000/02/15/attualita/dalmondo/053dig18853.html
    E più in generale è possibile consultare: http://www.edulab.it/roma/prodotti/classeF/GRANDIDIGHEdainternet.htm

    (Ornella Coli)

  4. Vorrei un’ informazione
    Quanti sono i turisti che vanno alla diga di Montedoglio. E l’occupazione nella valle prima e dopo la diga quanto è cambiata e come. È possibile saperlo? Sarebbe forse interessante conoscere questi dati.

    (Commento firmato)

  5. Diga di Montedoglio
    Tratto da LA NAZIONE – AREZZO
    Montedoglio, ridda di ipotesi
    Colpa del calcestruzzo? Un incidente, molto più lieve, anche un anno fa. Parla Zurli: “Collasso forse iniziato da tempo. Noi parte civile”
    Arezzo, 2 gennaio 2011 – RESTANO in piedi mille interrogativi sul cedimento dello scolmatore della diga di Montedoglio che ha riversato sul Tevere una grande onda di piena. Emerge che l’invaso non sarebbe al primo incidente, mentre si attendono i primi esiti dell’inchiesta disposta dal ministro delle infrastrutture Altero Matteoli e di quella giudiziaria aperta dalla Procura della Repubblica di Arezzo con l’ipotesi di reato di disastro colposo.
    Dell’episodio, per il quale uno dei possibili imputati è la qualità del calcestruzzo utilizzato, torna a parlare il direttore dell’ente irriguo Umbria-Toscana, Diego Zurli. Non si sbilancia sulle cause, «ovviamente — dice — ci stiamo ragionando da tre giorni e qualche idea ce l’abbiamo. Ma la teniamo per noi, mi pare doveroso».
    CONFERMA, Zurli, che il livello dell’acqua «era ai massimi di sempre, ma non si può parlare di un collaudo particolare perché si tratta di procedure adottate ogni giorno da vent’anni a questa parte». Il livello, peraltro, «non è stato portato al massimo teoricamente consentito, manca ancora mezzo metro per arrivare ai limiti per i quali la diga è stata costruita». Resta il fatto, innegabile, che l’incidente è avvenuto quando è stato raggiunto il livello massimo nella storia della diga, anche se Zurli resta convinto che non si possa tout court stabilire un rapporto causa effetto, essendo comunque di fronte a sollecitazioni non molto elevate.
    Ricorda Zurli che su quelle quote, più basse solo di una ventina di centimetri, si era arrivati sia nel 2007 che nel 2008 e tutto era proceduto senza inconvenienti di sorta. Quanto alle proteste dei sindaci di non essere stati avvertiti, il direttore dell’ente è lapidario: «Ma di quale collaudo dovevamo avvertirli? Qui non c’è stato un test straordinario, particolare, irripetibile. Si è trattato solo di una delle prove che ogni giorni i nostri tecnici conducono. Capisco i sindaci, ma cosa facciamo: si lancia un avvertimento ogni ventiquattro ore»?
    «Credo — conclude il direttore — che si sia trattato di un collasso i cui primi movimenti, dei quali nessuno si era accorto, risalivano a diverso tempo fa». Insomma, un deterioramento asintomatico che avrebbe portato al cedimento improvviso.
    L’ente irriguo, sostiene il direttore, «è la parte lesa di quanto è accaduto e se le inchieste dovessero accertare responsabilità tali da sfociare in un procedimento giudiziario, allora ci costituiremmo parte civile».
    ULTIMA ANNOTAZIONE, in positivo. «I collaudi continui — spiega Zurli — vengono effettuati proprio per testare la tenuta delle strutture. E pur nella problematicità dell’episodio, meglio che sia avvenuto in una condizione controllata che non, ad esempio, durante una piena del Tevere, magari dopo un collaudo andato in modo perfetto che ci avrebbe indotto ad alzare i livelli dello scolmatore, sicuri che l’operazione poteva essere condotta senza correre alcun rischio».
    Intanto l’emergenza è rientrata mentre dall’invaso escono circa 40-50 metri cubi di acqua al secondo, contro i seicento che erompevano durante la drammatica notte di mercoledì. Nella normalità il corso del Tevere, rientrato ovunque negli argini. Tutti a casa, infine, gli sfollati che a centinaia avevano lasciato le frazioni minacciate, sia sul versante aretino che su quello umbro.
    Insomma, tutto bene? Neanche per sogno. I dubbi e le inquietudini resteranno finché non sarà fatta chiarezza.
    SERGIO ROSSI
    * * *
    ANSA
    Cedimento in diga Montedoglio, cala livello acqua in invaso. Ora escono 150 metri cubi al secondo
    AREZZO, 1 GEN – Scendere il livello dell’acqua nella diga di Montedoglio, ma non e’ ancora possibile accertare le cause che hanno determinato mercoledì scorso il crollo di una parte di un muro facendo precipitare nel Tevere l’acqua che ha portato alla piena del fiume e a far dormire fuori casa per una notte 450 persone. Per far abbassare il livello della diga, da ieri sono state aperte anche le paratie di scarico. Il deflusso ora e’ di 150 metri cubi al secondo. Per arrivare alla quota necessaria alle verifiche serviranno ancora 24-36 ore.

    (Ornella Coli)

  6. Diga di Montedoglio / 2
    TRATTO DA: http://www.sansepolcroliceo.it
    * * *
    LA DIGA DI MONTEDOGLIO, PERCHE’
    Non volendo essere, questa parte, una trattazione propriamente specialistica sull’invaso di Montedoglio, l’atteggiamento più corretto, nel nostro lavoro di indagine, ci è sembrato quello problematico su dati di fatto.
    L’argomento è coinvolgente più che interessante, perchè la Diga ha alterato le caratteristiche naturali della Valtiberina, modificando l’ambiente e il suo ecosistema, ed ha portato come conseguenza immediata e necessaria il riordino fondiario. Anche la dimensione paesaggistica ne è risultata – e ne risulterà – alterata, la dimensione quindi più propriamente affettiva ed estetica del rapporto uomo/ambiente.
    Positivo o negativo questo fatto, non è una risposta che compete a noi, anche perchè il giudizio sull’esistente è legato ai vantaggi ed agli svantaggi che ognuno può leggervi ed alla propria disposizione d’animo.
    Il primo punto che intendiamo porre sulla questione ormai annosa è la giustificazione dell’invaso stesso. Ci sono tra i documenti ad esso relativi ampie motivazioni ufficiali, le quali motivazioni però con il tempo non sono più del tutto valide, mutati come sono i bisogni delle zone fruitrici. Ecco quindi la necessità di riprogrammare per altri usi l’utilizzo dell’invaso ormai esistente, con conseguenti altre spese per il riadattamento.
    I non addetti ai lavori potrebbero chiedersi quale mai tipo di programmazione viene fatta dagli esperti che in un arco relativamente breve di anni (circa 25 anni) ha bisogno di essere ripensata in maniera quasi radicale. Le solite persone poi che al Tevere e alla Diga vanno a pescare e a prendere il sole, usufruendo dell’invaso secondo una dimensione privata ed intimistica, vedendo in un certo senso sconvolto (intendiamo di proposito caricare il termine di una valenza psicologica) il loro ambiente naturale, potrebbero chiedersi se nel riordino fondiario, resosi necessario per una irrigazione razionalizzata, non si è andati forse un po’troppo avanti e/o quali progetti di produzione specializzata ci sono dietro l’alto e chiaro e moderno risultato della sistemazione territoriale.
    L’altra conseguenza dell’invaso di Montedoglio, nel cui ambito del castello si conserva solo il nome a causa dell’intervento stesso, è l’intervento sugli argini e sul corso del Tevere, che appare di per sè come un fatto positivo, vista la precedente situazione. Ma quale smaltimento d’acqua richiedeva un intervento così drastico? Siamo di fronte ad una ulteriore evoluzione del corso del fiume e quindi da una parte la consapevolezza di una svolta storica, dall’altro la curiosità di vedere l’esito alla fine dei lavori, spinge le solite persone a rimandare il proprio giudizio oltre il 2000.
    A dire il vero, occorre considerare bene anche il secondo punto della questione, lo sviluppo socio-economico, strettamente collegato al primo, e valutare esattamente il rapporto qualità/prezzo. Solo così, in maniera equilibrata e non condizionata da forze esterne, si potrà dare una risposta alla domanda che per ora rimane aperta: la Diga, perchè?

    (Ornella Coli)

  7. Ristrettezze mentali e progresso
    Gent.mo Sig.Franchini, se siamo pochi o tanti non lo so come non credo possa saperlo lei. Quel che so, e che sanno in molti, è che ovunque nel mondo (salvo in Cina, dove notoriamente dell’opinione pubblica non hanno una esemplare considerazione) gli sbarramenti tendono a non costruirli più, soprattutto quelli grandi. Anzi, in molti paesi, USA in primis, si sta pensando ad abbattere quelli costruiti negli anni ’30 del novecento perchè ritenuti troppo dannosi per l’ambiente e pericolosi per la popolazione.
    Sulle casse di espansione nessuno ha mai detto nulla in contrario e le vorrei fare notare che all’interno dei “pochissimi” antidiga in molti siamo favorevoli a bacini più piccoli, ottenuti o da piccoli sbarramenti o dalla riconversione di cave.
    Il problema è che per molti, soprattutto quelli che della diga abitano a monte, questa è la soluzione più affascinante. Ma, ahimè, anche la più semplicistica. Come abbiamo già avuto modo di scrivere su questo sito, furono espressi pareri molto scettici riguardo a Vetto, per motivi sismici e geologici. Ora, la tecnologia può anche fare miracoli, ma partire con un progetto simile sapendo che quei problemi ci sono (e non si può dire che non ci siano, il terremoto di Neviano degli Arduini, 4,5 gradi Richter è di pochissimi anni fa) secondo molti, e non solo secondo noi, è abbastanza insensato. Se poi, come sostiene lei, dovessimo andare ad una sorta di referendum, facciamolo pure, ma la gente andrebbe informata un po’ meglio, non solo elencando gli aspetti positivi come le centinaia di posti di lavoro e le decine di migliaia di turisti che la diga porterebbe (e che di cui ad oggi nessuno ha visto una prova di queste dichiarazioni), ma anche degli aspetti di pericolo che, purtroppo, le cronache di questi giorni dimostrano.
    Infine, ci teniamo a sottolineare che le due dighe hanno pochissimo in comune; infatti quella che ha causato i problemi della scorsa settimana non è in territorio sismico, non è in una gola stretta come quella dell’Enza ed è in una valle molto più ampia della Val d’Enza. Per fortuna!

    (Comitato difesa dei fiumi Emilia-Romagna)

  8. Occorre essere corretti nelle informazioni
    Credo che sia giusto fare controlli e dare le giuste e corrette informazioni, altrimenti gridiamo al lupo inutilmente; e per fare corretta informazione occorre dare alcune informazioni tecniche sulla diga di Montedoglio e fare alcuni raffronti con la eventuale diga di Vetto.
    Titolo: informativa tecnica sulla diga di Montedoglio.
    La diga di Montedoglio è situata sull’Appennino tosco-romagnolo a 30 Km dalle sorgenti, dopo il passo del Verghereto; è stata progettata nel 1971 dal prof. Filippo Arredi e dall’ing. Ugo Ravaglioli; a quell’epoca non esisteva lo studio di impatto ambientale, divenuto obbligatorio, per queste opere, nel 1989, al momento della sospensione dei lavori della diga di Vetto; i lavori furono appaltati alla CO.GE.CO. di Roma, a cui subentrò nel 1984 la CO.GE.FAR. di Milano e successivamente l’IMPRESIT, oggi IMPREGILO; nel 1990 iniziarono le operazioni di invaso e solo recentemente sono iniziate le operazioni di collaudo finale della diga; la durata dei lavori e dei collaudi dimostrano le vicissitudini che hanno portato solo ora al collaudo finale dell’opera. Proprio nel periodo delle operazioni di collaudo finale ha ceduto il “labbro superiore” di una paratia che ha permesso un deflusso di acqua, nella sua punta massima di 570 mc/sec, andato a ridursi progressivamente fino a 200 mc/sec.
    Ci tenevo ad informare tutti coloro che fanno terrorismo su questa rottura che gli organi di regolazione di scarico della diga sono stati calcolati per scaricare 1.165 metri cubi al secondo, pertanto mi sembra ingiustificato e non corretto fare terrorismo su una diga perfettamente intatta e che non ha subito nessun inconveniente da questa rottura; si è trattato del solo cedimento di una paratia; l’allarme, giustamente lanciato, il giorno dopo era già rientrato. Per quanto concerne la sicurezza, mi risulta che solo per la diga di Vetto, sul terzo volume dello studio di impatto ambientale, venga definita “dieci volte più sicura” delle dighe presenti sul territorio. Il volume utile dell’invaso di Montedoglio è di 145 milioni di metri cubi contro i 93 milioni previsti dalla diga di Vetto; la sua lunghezza è di 7,5 Km contro i 6,2 di Vetto. Questa diga fu progettata e realizzata, unitamente ad altre tre dighe di capacità superiori, a quella di Montedoglio (Valfabbrica di 224 milioni/mc; di Sovara di 167 milioni/mc e del Calcione di 160 Ml/mc), per garantire l’irrigazione dell’agricoltura della Val Tiberina fino alla Val di Chiana e per assicurare che a Roma il Tevere avesse acqua anche nei periodi estivi e nei periodi di siccità, per merito del minimo deflusso vitale (MDV); infatti dall’invaso di Montedoglio fuoriescono, in continuazione, 3,2 mc/sec di MDV per assicurare la vita sul fiume tutto l’anno fino al mare; a questi 3 mc/sec, nel periodo estivo dall’invaso se ne aggiungono 14,2 mc/sec ad uso irriguo.
    Comprendo le motivazioni ideologiche che muovono i sentimenti degli “amici dei fiumi” ma in questo caso non era proprio il caso.
    Cordialmente.

    (Gianni)


  9. Sì, infatti a vedere come sono ridotti i nostri fiumi di buon senso ce ne sarebbe bisogno davvero. Se ci fosse stato buon senso non avrebbe ragione di esistere un Comitato per la difesa dei fiumi, e invece…
    x Gianni: molte grazie per la sua dettagliata relazione. Vorrei però sapere chi dichiara che la diga di Vetto sarebbe 10 volte più sicura delle altre. Noi da un po’ di anni siamo sull’argomento, ma relazioni tecniche firmate che dicano queste cose non ne abbiamo viste. Le sole cose firmate che ci è dato conoscere riguardano il rischio sismico e geologico e sono quelle del dott. Floriano Villa, ex presidente dell’associazione nazionale geologi italiani. Se le serve possiamo inviargliele. Ci sembra anche un po’ improbabile il dato che lei riporta riguardante la possibilità che dalla diga possano uscire fino a 1165 metri cubi al secondo. Conosco personalmente il guardiapesca della riserva Tail Water Tevere di San Sepolcro, Sig. Giomi, e lui parla di un fiume letteralmente sconvolto, che soltanto la brevità dell’onda di piena, 600 metri cubi… la metà di quel che lei scrive, ha impedito di causare danni devastanti.
    E, per concludere, se fosse un incidente così insignificante non sarebbero state già avviate varie indagini delle procure di Arezzo e Perugia.

    (Roberto Tedeschi)

  10. Informare ed approfondire
    Ci si è mai chiesti cosa sono le dighe e a quale scopo vengono realizzate? Leggendo certi articoli su @CRedacon#C mi sembra proprio di no; forse è meglio parlare di nucleare o di risparmio energetico considerato che l’energia idroelettrica come quella prodotta dalle centrali di Ligonchio e di Predare e di pari potenza prodotta dalla centrale della diga di Vetto se venisse realizzata non interessa a nessuno; in particolare a chi vende petrolio. Temo che nel prossimo decennio, quando il prezzo del petrolio andrà alle stelle, come sostengono alcuni, ne riparleremo, ma come al solito sarà troppo tardi e allora qualcuno dirà: perchè non è stata fatta la diga e la centrale idroelettrica di Vetto? Le dighe non sono state inventate ad inizio secolo per produrre energia elettrica o negli anni ’70 per affrontare i piani irrigui delle regioni italiane, Emilia-Romagna esclusa; da noi non si è preferito e si continua a preferire l’utilizzo delle acque del Po, addittivate di petrolio, nitrati, pesticidi e metalli pesanti per irrigare ortaggi, frutteti e prati stabili; si presume con immensa gioia dei petrolieri e di chi si oppone ad usare le acque pulite che potrebbero essere accumulate nel lago di Vetto. Le dighe esistevano già ai tempi dell’antica Roma o forse anche prima; in Spagna ne sono ancora presenti alcune perfettamente funzionanti costruite allora e venivano realizzate per scopi idrici ed irrigui; non avevano esigenze energetiche ma già allora si comprendeva l’importanza della disponibilità delle acque al momento del fabbisogno. Non so se la diga di Vetto porta lavoro, sviluppo e turismo nei paesi montani come sostiene il Comitato di cui si parla tanto, penso solo che l’acqua è un bene, un bene importante e come tutti i beni va accumulato e conservato per essere utilizzato quando serve; le dighe si costruiscono per questo, nessuno costruisce dighe per divertimento o per dare danno a qualcuno, ma per necessità. Rispetto agli anni settanta sono cresciute a dismisura le esigenze extragricole dell’acqua, oggi tutti le vogliono abbondanti, di buona qualità e a basso prezzo, per gli usi civili, irrigui e industriali; ma a queste esigenze oggi occorre aggiungere quelle energetiche e quelle indispensabili a ridurre i pericoli derivanti da alluvioni a valle per i cambiamenti climatici più volte enunciati dalla Ue. Ogni giorno assistiamo ad alluvioni spaventose in ogni parte del mondo, ora tocca all’Australia, prima è toccato all’India, alla Cina, all’Europa e al nord Italia, oggi si parla della rottura della paratia di Montedoglio come di un evento catastrofico e nessuno parla dei miracoli che hanno fatto tutte le dighe presenti in Italia per trattenere le acque e ridurre le alluvioni a valle. Nessuna vasca di espansione avrebbe trattenuto le acque del torrente Bacchiglione in Veneto, mentre lo avrebbe fatto una diga come quella che dovrebbe sorgere a Vetto; se metà delle acque cadute in Veneto fossero cadute sulla valle dell’Enza avrebbero allagato tutti i paesi della bassa reggiana e parmense, Sorbolo, Mezzani e Brescello per primi; ma a questo nessuno ci pensa, ma quando succederà, e temo succederà, qualcuno dirà: perchè non è statta fatta la diga di Vetto? La diga di Montedoglio è stata realizzata sul Tevere per usi irrigui e per ridurre i pericoli di alluvioni su Roma, così pure quella del Bilancino sul torrente Sieve, il principale affluente dell’Arno; tutti sanno che Firenze non sarebbe stato allagato se ci fosse stata la diga del Bilancino a trattenere le acque del Sieve, ma gli amici dei fiumi questo non lo dicono. Voglio aggiungere che le leggi attuali impongono a chi costruisce una diga di garantire sul letto del torrente il minimo deflusso vitale (MDV) per garantire la vita sul fiume tutto l’anno (la diga di Vetto a tale scopo dovrà rilasciare 1,1 mc/sec) e non vederlo morire, come avviene tutti gli anni nei mesi estivi; sul torrente Enza si vedrebbero le acque limpide scorrere fino a Po anche nei mesi estivi come succede sul Trebbia a Piacenza, ma questo non sembra interessare gli “amici dei fiumi”. Se poi parliamo del fabbisogno di energia elettrica pulita come si può sprecare questo bene e non usarlo a tale scopo? Si parla di accordi di Kyoto, di Copenaghen e ora di Cancun, sottoscritti anche dall’Italia, e si continua ad utilizzare il petrolio per produrre energia e si batta via l’unica vera fonte di energia alternativa “programmabile”, la regina di queste energie: l’acqua.
    Cordiali saluti.

    (Gianni)

  11. Studiare
    Dati della diga di Vetto e della diga di Montedoglio per Roberto Tedeschi.
    La diga di Vetto, dopo la sospensione dei lavori nell’agosto del 1989, dovuta a vari motivi tra i quali “le possibili tracce di lontra”, fu soggetta alla redazione dello tudio di impatto ambientale, un documento pubblico consegnato in copia a tutti gli enti interessati dall’invaso, redatto da cinque società di importanza nazionale e durato tre anni di lavori per verificare ogni aspetto legato alla sicurezza dell’invaso, ai cambiamenti climatici, i movimenti franosi in essere lungo le sponde, la regimentazione delle acque, la destinazione e l’uso delle acque dell’invaso, il deflusso minimo vitale nel periodo estivo e in quello invernale, i costi dell’intervento, la durata tassativa dei lavori, gli impatti del cantiere sul territorio e tanti altri dati che non sto ad elencarle. Lo studio di impatto ambientale, in possesso del ministero dell’agricoltura e delle foreste e sottoscritto dalle varie società competenti in materia, è costituito da cinque volumi di circa 1000 pagine cadauno più altri cinque di approfondimenti. A pagina 667 del 3° volume viene riportata esattamente la seguente frase: l’analisi di sicurezza condotta per la diga di Vetto ha indicato un livello dieci volte più sicuro della media delle dighe esistenti. Questo è un dato inconfutabile, sottoscritto, legato ad un progetto e ad uno studio specifico, un dato reale legato alla diga di Vetto. Solo questa relazione ha un valore giuridico; tutto il resto che si sente dire in giro non ha alcun valore; chiunque si può procurare il parere di esperti geologi che dicono che la diga di Vetto è supersicura e altri che sostengono esattamente il contrario; ma, come dice Lei, quello che vale è quello sottoscritto e legato al progetto della diga di Vetto, un dato derivante da dati, analisi, approfondimenti e studi effettuati sul posto; quale società di studi di impatti ambientali si permetterebbe di assumersi la responsabilità di autorizzare la realizzazione di una diga se ci fossero dei dubbi, sapendo a quali rischi si sottopone una valle? chi dice il contrario mi auguro abbia voglia di scherzare; a meno che non consideri dei potenziali assassini chi ha sottoscritto questi documenti. Il dato di deflusso delle acque dalla diga di Montedoglio di 1.165 mc/sec. è un dato ufficiale rilevato dai dati tecnici della diga stessa; consideri che non è un dato elevato: per renderle l’idea le posso dire che il torrente Enza nelle punte di piena può superare i 1000 mc/sec. La cosa che ha fatto molta impressione guardando filmati o tv o chi abita nei pressi di San Sepolcro è il fatto che il letto del fiume Tevere a valle della diga è molto ridotto, in prossimità della diga sono stati realizzati perfino dei campi sportivi e dei prati, in quanto dallo scarico di fondo fuoriescono costantemente, 24 ore su 24 per 365 giorni, 3,2 mc/sec; è sempre un bel fiume ma niente di preoccupante. Le indagini avviate dalle procure delle due province interessate sono fondamentali e mi auguro che portino a dei risultati e chi ha sbagliato paghi; io per primo vorrei sapere perchè una paratia in cemento armato (che nulla ha a che fare con la diga), l’organo di scarico è assolutamente indipendente dalla diga e realizzato in superficie a fianco della diga, ha ceduto sotto una spinta che non aveva ancora raggiunto la quota di 396,30, equivalente alla quota di massimo invaso di Montedoglio.
    Studiare ed imparare, diceva ai giovani Togliatti, io cerco sempre come mi è possibile uniformarmi a questo principio e prima di criticare cerco di informarmi e di imparare dagli altri e dagli errori commessi per non commetterne inutilmente.
    Saluti.

    (Gianni)

  12. Piccola riflessione
    Se non è in atto un “complotto globale” da parte di TUTTI gli organi di comunicazione (e penso proprio di no, se solo le nazioni più egoiste o quelle poverissime si rifiutano di applicare i vari protocolli ambientali), mi sembra di capire che la più urgente delle emergenze che l’umanità deve affrontare, sia quella legata allo stato di salute del pianeta. Vivo anch’io in montagna, montagna che amo visceralmente e proprio per questo non accetterò mai di cedere alla tentazione di lasciare che il nostro territorio, ancora relativamente integro, venga violentato da fondovalli, dighe, ecc., seguendo falsi profeti o ennesimi specchietti per le allodole. La nostra ricchezza è proprio l’ambiente in cui viviamo e abbiamo il dovere morale di consegnarlo (possibilmente migliorato) a chi verrà dopo di noi. Da montanaro auspico che tutti i miei conterranei, facendo un passo in avanti, sappiano lasciarsi alle spalle una volta per tutte soluzioni che, oltre ad essere pericolose e devastanti ambientalmente, risolverebbero ben pochi problemi. Considerando che vivere in montagna comunque creerà sempre qualche disagio in più, a fronte però di tantissimi altri vantaggi. Per migliorare notevolmente la gestione della risorsa acqua e contrastare gli sprechi, sarebbe auspicabile un investimento serio sulla manutenzione della rete di distribuzione idrica, che a quanto leggo è un colabrodo, oltre a continuare con la politica dei piccoli invasi. Inoltre, un più elevato livello di senso civico da parte di tutti noi servirebbe a limitare ulteriori sprechi di questa vitale risorsa. Senza parlare dei costi che opere come la costruzione di una diga richiedono, sottraendoli ai piccoli interventi che potrebbereo risolvere molti altri problemi. La cronica ristrettezza finanziara italiana, in alcuni casi, giova all’ambiente… Molte altre coniderazioni, da me condivise in pieno, sono già state fatte da altri in questa sede, perciò mi fermo qui. Il mio appoggio a tutti quelli che cercano di fare un passo in questa direzione.

    (Paolo Romei)


  13. Mi permetto di aggiungere qualche nota alle cose che dice il signor Romei, che naturalmente condivido in pieno. Sicuramente le dighe hanno rappresentato un modo per regimare i fiumi e per produrre energia molto tra virgolette “”””pulita””””. Ma è pulita un’energia che distrugge una valle? Chiedete ai trentini cosa ne pensano delle loro dighe, chiedete loro cosa farebbero se potessero tornare indietro. Ad un convegno della scorsa primavera sulle centrali idroelettriche, un professore dell’università di Trento, ex amministratore della provincia (purtroppo non ricordo il nome), disse chiaramente che la devastazione dell’ambiente provocata dalla marea di dighe costruite in quella regione nel secolo scorso è irreversibile, anche se fossero tolte domani. Ma al di là di quello che dicono i trentini, i fiumi devono essere regimati perchè sono stati raddrizzati, cementati, dragati, scavati, derubati dei loro inerti, privati dei loro spazi in cui poter liberamente defluire. Non sto immaginando un mondo ideale, come sicuramente qualcuno sarà già pronto a ribattere. Sto dicendo quel che dicono in paesi come l’Austria e la Svizzera, dove da qualche anno si sta cominciando a rinaturalizzare i corsi d’acqua dove possibile. Rinaturalizzare non significa mettere qualche alberello qui e là, ma riconcedere al fiume lo spazio che deve avere, nei secoli scorsi rubato al fiume per farci campi, aree industriali e città.
    Se l’uomo pensa di potersi sempre e comunque imporre alla natura i risultati sono le catastrofi che regolarmente avvengono. Per fortuna qualcuno lo sta capendo, ma ahimè non abita sull’Appennino reggiano.

    (Roberto Tedeschi)

  14. La diga di Vetto: un’opera indispensabile per salvare la valle
    Ringrazio @CRedacon#C per l’opportunità che dà a tutti di esprimere il proprio pensiero e ringrazio tutti coloro che scrivono sulla diga di Vetto; come in tutte le cose è solo parlandone che si risolvono i problemi e si chiariscono le idee. Come montanaro, nato e cresciuto sull’Enza, e come presidente del Comitato promotore della diga di Vetto credo con tutto me stesso che questa sia l’unica vera opera in grado di dare un futuro alla valle. Non tanto per i benefici che porterebbe alla montagna, ma per il semplice fatto che farebbe cessare lo spreco delle acque dell’Enza; queste acque devono essere accumulate, conservate e utilizzate per produrre energia elettrica pulita; contribuire a ridurre l’inquinamento, eliminare i pericoli derivanti da alluvione a valle, ridurre il prelievo delle acque sporche e inquinate del Po per irrigare ortaggi, frutteti e prati stabili, dare ottima acqua ai rubinetti di paesi e città e tanto altro che sabbbe troppo lungo elencare.
    Pensando di essere ritenuto “di parte” mi ero ripromesso di non intervenire su questo argomento, ma non ho potuto resistere a quanto scritto dal Sig. Tedeschi sulle dighe del Trentino. Ho trascorso parte della mia vita lavorativa proprio sui laghi artificiali del Trentino, dell’Alto Adige, del Veneto e del Friuli (lago di Auronzo, Pieve di Cadore, Resia, Zoccolo, Santa Croce e tanti altri) ed è stata proprio la bellezza di questi laghi artificiali (formati da dighe) a farmi intraprendere, con altri montanari, questa iniziativa sulla nostra valle. In queste regioni, dove una valle lo ha permesso, è stata realizzata una o più dighe, in val d’Ultimo ne ho visitate cinque; ognuno di questi laghi è una attrazzione turistica a partire dal lago di Zoccolo fino al lago Verde al rifugio Canziani. Gli enormi proventi derivanti dalla cessione di queste acque vengono utilizzati prevalentemente per lo sviluppo della valle, la cura del territorio, per creare lavoro ai cittadini ed evitare lo spopolamento e il dissesto, facendo della montagna una risorsa e non un costo per la collettività, come avviene da noi. Le dighe hanno un costo elevato e non vengono certo costruite per la gioia dei pesci o delle anatre o per distruggere la valle; uno degli scopi principali per cui sono costruite è proprio quello di proteggere la valle, trattenendo e accumulando le acque dei torrenti in piena e rilasciandole successivamente in modo regimentato e continuo, garantendo così la vita del torrente fino alla sua foce anche nel periodo esivo e nei periodi di secca (il deflusso vitale è imposto di legge a chi costruisce una diga, vedi il Trebbia a Piacenza o il Bidente di Ridracoli). Se sul torrente Bacchiglione ci fosse stata una diga come quella che dovrebbe sorgere a Vetto, i paesi del padovano e del vicentino neppure se ne sarebbero accorti dell’alluvione e così per tutte le altre alluvioni che ogni giorno succedono in ogni parte del mondo. Tutto questo per dire che i trentini amano i loro laghi e chiunque di loro vorrebbe costruire la propria casa intorno ad un lago. Per i trentini, ma lo stesso vale per i romagnoli, è stato facile costruire dighe, strade e attrazioni turistiche di ogni tipo; in queste zone non esistono coloro che sanno dire di no a tutto, anche al bene comune, alle cose utili e indispensabili come sarebbe l’utilizzo delle acque a scopi plurimi e idroelettrici, persone che comprendono che un lago in montagna è una delle cose più belle che si possono ammirare; il lago di Vetto per merito della diga in inerti naturali, per la posizione della diga e per la stretta di Vetto sarebbe più simile ad un lago naturale che un lago artificiale e la sua capacità idrica sarebbe tale da consentire la presenza dell’acqua nel lago per tutto il periodo estivo e posso dimostrarlo.
    Nell’occasione vorrei dare una risposta al Sig. Romei, che amerebbe consegnare alle generazioni future il territorio montano in condizioni migliori di come lo ha ricevuto; bellissimo intento, ma credo che non debba preoccuparsi per questo; a lupi e cinghiali il territorio non interessa molto; se il Sig. Romei ci pensa attentamente capirà che per il genere umano non ci sarà futuro sui territori dell’alta valle se non si creano veri posti di lavoro e una valorizzazione turistica della valle. Chiunque ragioni attentamente capirà che con le ideologie non si ridà una una speranza a questa valle. Molti dei comuni delle alte terre in meno di 70 anni sono passati da 4000 abitanti a 1000; e l’età media dei residenti ha i capelli grigi; questa è la cruda realtà. Il Sig. Romei come pensa di ripopolare i paesi montani e le scuole? Come pensa di far riaprire alberghi, ristoranti o negozi chiusi? Lo sviluppo della montagna non passa attraverso le ideologie ma attraverso la creazione di veri posti di lavoro e di punti di forte attrazione turistica, come potrebbero essere il lago di Vetto, la centrale idroelettrica, villaggi turistici, campeggi, centri sportivi, centri didattici, ecc., tutte opere che potrebbero sorgere in prossimità del lago di Vetto come fatto a Ridracoli in Romagna; tutte opere legate in modo indissolubile alla realizzazione della diga di Vetto. Il presidente del Comitato si augura che dalla montagna arrivi agli uffici della Provincia di Reggio e di Parma una sola voce, la voce di chi non ha altre speranze per il futuro della valle dell’Enza; la voce di chi vede la propria valle morire e nessuno fa nulla pur avendone la possibilità. Basta sprecare le acque, il bene più prezioso del mondo. Tanti auguri a tutti.

    (Lino Franzini, presidente del Comitato)

  15. Ennesima piccola riflessione
    Solo un altro piccolo pensiero, per rispondere al sig. Lino Franzini. Vede, io non amo le ideologie, proprio perchè tendenzialmente portano a posizioni radicali, che io non amo, anche se in certi casi un po’ più di severità sarebbe auspicabile. Ribadisco però sia di importanza vitale tutelare il territorio in cui viviamo; se noi non abbiamo la capacità di creare opportunità dalla ricchezza ambientale che abbiamo a disposizione non è detto che questa capacità non l’abbia chi verrà dopo di noi; io non me la sento di rischiare di far danni irreparabili, in nome del progresso a tutti i costi, soprattutto in tempi in cui situazioni che sembrano immutabili vengono superate con un balzo. Solo un’ultima cosa: per valorizzare turisticamente le nostre zone è importante certo la viabilità (sarebbe già sufficiente tenere in ordine e razionalizzare le strade che già abbiamo. O esiste la pretesa di avere autostrade con caselli di uscita in vetta al Ventasso o al Cusna?), ma senza un drastico cambiamento culturale da parte degli operatori e dell’intera popolazione tutto sarà vano! Non è sufficiente avere una licenza per dirsi operatori turistici… Molti di questi operatori (naturalmente esistono virtuose eccezioni) ma anche molti normali cittadini non sanno neanche regalare un sorriso o una parola cortese a chi decide di visitare la nostra montagna, non conoscono un briciolo di storia locale, non conoscono i nomi di monti, fiumi o vallate. La rete di bed & breakfast è desolante e non parliamo della reale percezione del valore economico che il turista rappresenta. Tanto vale creare distributori automatici di cappuccini e grappe… Saper fare turismo in maniera professionale e redditizia, è un altra cosa.
    Cordialmente.

    (Paolo Romei)