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Nella zona dei Gessi Triassici sono presenti popolazioni di pipistrelli tra le più importanti a livello regionale

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Si è parlato di pipistrelli e lupi nei giorni scorsi (venerdì 18 marzo) a Casina con gli esperti del Parco nazionale dell'Appennino tosco-emiliano Antonio Ruggieri e Willy Reggioni. I due relatori hanno messo a disposizione l’esperienza accumulata in anni di lavoro e le nuove conoscenze, in corso di acquisizione, nell’ambito dei progetti europei LIFE GYPSUM - per gli ambienti carsici gessosi e i pipistrelli che li abitano - e LIFE EX-TRA – per la conservazione del lupo. L’incontro pubblico, dedicato al tema della biodiversità locale, è stato promosso dall’assessorato all'ambiente del Comune di Casina insieme al Parco nazionale, partner dei due progetti LIFE, e rispondeva al titolo: “Uomini, lupi e pipistrelli: chi fa più paura?”.

Un quesito provocatorio con cui gli organizzatori hanno consapevolmente definito il taglio della serata, che ha voluto essere occasione per riconsiderare, tentando di sfatare leggende e pregiudizi, l’importante ruolo che questi due mammiferi ricoprono per il territorio e l’ecosistema, suggerendo “strategie di convivenza” possibili ed attuabili. Per i pipistrelli una delle minacce è rappresentata da una impropria percezione da parte della popolazione e dalla scarsa conoscenza che si ha di questi animali, delle loro esigenze ecologiche, della loro utilità (mangiano grandi quantità di insetti, alcune specie impollinano i fiori…) e della loro sensibilità all’inquinamento. Dall’incontro è emerso come nei Gessi Triassici siano presenti popolazioni di pipistrelli tra le più importanti a livello regionale.

La seconda parte della serata è stata piuttosto vivace! Eh già, perché, quando si parla di lupo, non si possono ignorare, e men che meno nascondere, i danni alla zootecnia (leggasi: predazione di pecore ed agnelli) che immancabilmente accompagnano la presenza, e lo stile di vita, del grande predatore. La trattazione della questione ha impegnato gran parte della serata, ma Willy Reggioni è stato estremamente abile e brillante nell’esposizione delle “ragioni” della controparte animale, pur senza mai cadere in quell’“animalismo” di sapore disneyano che avrebbe tolto credibilità ad una lezione scientifica, supportata da informazioni e dati raccolti in anni di lavoro. Una lezione che è stata un vero e proprio viaggio nella storia dell’animale (dalla sua quasi scomparsa sino al suo accrescimento demografico negli ultimi quarant’anni), nella geografia del suo areale di presenza (che dall’Appennino centro-meridionale si è ampliato sino a ricomprendere quasi tutta l’Italia e gran parte dell’Europa), nella sua vita di membro del branco o di animale solitario, reietto e vagante alla ricerca di un luogo migliore dove metter su “casa” con una nuova famiglia.

Scopriamo infatti che la vita di branco del “temuto” carnivoro è piuttosto difficile. Il gruppo, composto di 3-5 esemplari, è governato dal maschio e dalla femmina dominanti che continuamente e costantemente dimostrano la loro superiorità ai sottoposti, vessandoli con atteggiamenti di prepotenza che rendono questi ultimi facilmente stressati e costretti a lasciare la famiglia in cerca di fortuna altrove. Ecco perché lupi solitari vagano per il territorio, coprendo anche chilometri e chilometri, come il giovane esemplare maschio chiamato Ligabue, che nel 2004 percorse più di 300 km tra l’Appennino parmense (dove - investito da un’auto - fu trovato ferito e poi rimesso in libertà con radio collare per monitorarne gli spostamenti) e le Alpi sud-occidentali. E poi c’è Reno, altro esemplare maschio trovato in stato di avvelenamento, curato e rilasciato, che tutt’oggi invia dal suo radio collare ben quattro sms quotidiani che ne consentono la costante localizzazione. Interventi, questi, che insieme ad altre tecniche di monitoraggio hanno permesso al personale del Parco di raccogliere preziosissime informazioni sulla vita e sulle abitudini dei lupi, informazioni che consentono di dare risposte rassicuranti ad alcune perplessità e timori che l’uomo ancora manifesta nei confronti di questo animale.

“Se consideriamo che l’areale medio di un branco di lupi - cioè massimo 4-5 esemplari - è pari a 120, a volte 200, km quadrati e che questo stesso spazio non è colonizzabile da soggetti estranei - sostiene Reggioni, incalzato dalle domande di alcuni ascoltatori – ci rendiamo conto che non è assolutamente fondato pensare ad un probabile aumento della popolazione lupina sul territorio, già praticamente saturo per questo mammifero”. “Chi sostiene che in futuro rischiamo di avere un Appennino con più lupi che umani – prosegue il ricercatore – lo fa con finalità terroristiche che non hanno alcun fondamento scientifico”.

E allora perché li vediamo più facilmente anche in collina? Domandano dalla sala.
“Perché in collina ci sono maggiori probabilità di contatto; – spiega Reggioni - ci sono maggiori spazi aperti rispetto alla zona più montana, c’è abbondanza di prede, ci sono più persone che hanno la possibilità di incontrarli. Gli esemplari che avvistiamo, fenomeno comunque raro e dovuto ad un errore dell’animale, sono quei soggetti che hanno trovato l’areale più alto, maggiormente idoneo, già occupato”.
E a chi gli chiede se si deve temere il lupo per una sua potenziale aggressività verso il genere umano, Reggioni risponde che “lui ci evita come la peste; il suo dna gli suggerisce di stare alla larga dall’uomo e di fuggire alla sua presenza. Tutti i soggetti che abbiamo avvicinato – conclude - si sono dimostrati timorosi e remissivi, mai direttamente aggressivi”. E le immagini di Reno caricato in macchina su una trasportino da cane effettivamente non lasciano spazio a dubbi.
“La ragione per cui permangono paure e pregiudizi nei confronti del lupo – prosegue ancora Reggioni - è che ci sono alcune categorie di persone che rappresentano interessi “di parte” e che in qualche modo ostacolano la circolazione di informazioni corrette riguardo questi mammiferi e la loro presenza sul territorio”.
Tra questi, pastori e cacciatori.

Ai primi, inferociti per i non rari attacchi subiti dai greggi negli ultimi anni, Reggioni risponde che i mezzi di prevenzione funzionano e stanno dando ottimi risultati laddove operanti. Recinti anti-lupo (il Parco ne già ha installati 14 nel proprio territorio) e bravi cani da guardia hanno praticamente azzerato gli attacchi.

Ai secondi, anche loro piuttosto arrabbiati con il predatore “disturbatore”, attribuisce una parte di responsabilità in quanto furono proprio le immissioni di selvaggina da loro attuate a partire dalla metà degli anni ottanta che favorirono il richiamo e la ristabilizzazione del lupo sul territorio.
Reggioni sottolinea inoltre che fu proprio la legge N. 157 del 1992, che regolamenta il prelievo venatorio, a sancire l’elevazione ufficiale del lupo al rango di specie protetta, e come tale non cacciabile e non uccidibile.
A conclusione, una domanda...

Saranno riusciti i relatori a sconfiggere nei presenti leggende e pregiudizi? Lupi e pipistrelli saranno oggi un po’ più “amici”? Reggioni si irrita se si parla di relazione affettiva uomo-animale (selvatico), a sottolineare che tra loro e noi ci deve essere piuttosto rispetto e quella giusta distanza che, sulla base della conoscenza e non della credenza, garantisce una convivenza pacifica e piacevole per entrambe le parti.

Sarà, ma a noi piacciono le belle foto dell’esperto di chirotteri Ruggieri che ritraggono la figlia e la moglie intente, l’una, a trattenere tranquillamente nella mano un piccolo di pipistrello, e l’altra, addirittura, ad ospitarlo sulla chioma fluente come un modello originale di copricapo. Rappresentazioni che ben si allontanano dall’immaginario popolare che li dipinge come dei piccoli “succhiasangue” che si aggrappano ai capelli e non li mollano più….e per non parlare di danni ancora peggiori!!!

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I due progetti LIFE del Parco nazionale dell'Appennino tosco-emiliano

LIFE EX-TRA

Il progetto è finalizzato alla conservazione del lupo attraverso la mitigazione del conflitto tra questo animale e le attività dell’uomo. Nell’attuazione del progetto sono coinvolti altri due Parchi nazionali italiani (il Parco nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga e il Parco nazionale dei Monti Sibillini), oltre all'Università di Brasov in Transilvania (Romania), il Ministero bulgaro dell'Ambiente e delle Acque (Bulgaria), l'Ong Balkani Wildlife Society (Croazia) e la Wildlife and Nature Conservation Society (Grecia).
In particolare, per quanto attiene al Parco nazionale dell’Appennino tosco-emiliano, il progetto si propone di: esportare buone pratiche gestionali della specie e delle sue problematiche in aree di recente ricolonizzazione, quali le aree collinari;stringere rapporti di collaborazione con i diversi stakeholders (asl, pastori, cacciatori, ambientalisti, ecc.), nell’ottica di scambiare punti di vista ed esperienze, individuare soluzioni, sensibilizzare l’opinione pubblica; consolidare e rafforzare gli interventi di prevenzione dei danni da predazione offrendo soluzioni e strumenti per la mitigazione del conflitto tra Lupo e zootecnia.

LIFE GYPSUM

Sono partner associati del progetto il Parco Nazionale dell'Appennino Tosco Emiliano, le Province di Reggio Emilia e Rimini, i Parchi Regionali della Vena del Gesso Romagnola (Ra) e dei Gessi Romagnoli (BO).
Le aree interessate dal progetto sono tutte designate dall'UE per la presenza di habitat e specie di notevole interesse e caratterizzati da formazioni geologiche gessose. Rappresentano solo l’1% di tutto il territorio regionale, ma il loro valore in termini di biodiversità è molto importante ed è quello che ha portato alla individuazione di Parchi e Siti Rete Natura 2000, la rete ecologica europea. La particolarità e unicità del territorio reggiano è che possiede sia i gessi che risalgono al TRIAS (oltre 200 MA), sia quelli più recenti e più diffusi del Messiniano (circa 5-6 MA). In entrambi i siti saranno messe in atto numerose azioni volte a conoscere e monitorare la qualità del patrimonio ambientale (habitat e specie) affinché l'azione di tutela di questi beni sia la più mirata possibile.
Questi ambienti gessosi sono caratterizzati da numerose grotte e cavità e tra le numerose azioni previste dal progetto c’è anche il monitoraggio delle colonie di pipistrelli.