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Una lapide in memoria dei cittadini castelnovesi deportati durante le seconda guerra mondiale. FOTOGALLERY

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Raccoglimento, commozione, ma anche un percepibile orgoglio: erano queste ed altre le emozioni che aleggiavano questa mattina d fronte al Teatro Bismantova, dove, sulla facciata prospiciente la centralissima via Roma, è stata ufficialmente inaugurata e “scoperta” una nuova lapide che riporta tutti i nomi dei castelnovesi deportati che sono periti nei terribili campi di prigionia e lavoro del reich che è stato possibile reperire allo stato attuale delle ricerche storiche, portate avanti anche di recente. All’inaugurazione sono intervenuti il Sindaco Gianluca Marconi con gli Assessori Paolo Ruffini, Nuccia Mola, Mirca Gabrini e Savio Bertoncini, i capigruppo di minoranza Alessandro Davoli, Federico Tamburini e Luigi Bizzarri, altri Consiglieri di maggioranza ed opposizione, il Parroco Don Evangelista Margini, esponenti delle Forze dell’Ordine di Castelnovo, ma soprattutto tanti cittadini, tra i quali numerosi parenti e familiari di coloro che sono periti prigionieri in Germania ed i cui nomi ora saranno perpetuati dalla nuova lapide.

A ripercorrere alcune importanti pagine di storia di quegli anni difficilissimi è stato il Sindaco Gianluca Marconi: “A partire dall’estate del 1944 iniziò uno dei periodi più duri per l’Appennino e la sua gente. Le truppe tedesche, con l’appoggio dei fascisti di Salò, compiono rastrellamenti e devastazioni. In settembre a Roncroffio vengono uccise quattro persone, in ottobre due persone a Trinità, ed altre persone in ottobre vengono uccise in altre località appenniniche, a Vetto e Trinità. Il 7 ottobre poi a Castelnovo inizia il rastrellamento e l’imprigionamento degli uomini abili al lavoro nel Teatro, allora “Casa del Fascio”, destinati ad essere trasportati in Germania per divenire manodopera per il reich ormai agonizzante. Gli uomini catturati però sono pochi, e così i tedeschi adottano uno stratagemma: transennano il paese e dicono che chi deve spostarsi deve andare in teatro per ritirare un lasciapassare. Imprigionano tutti e iniziano dei giorni di paura per tutto il paese, ma anche di gesti eroici e di grande solidarietà: i più anziani vengono lasciati andare, qualcuno riesce a scappare passando per la vicina pineta, alcuni contrattano la libertà dietro pagamento. Francesco Toschi rifiuta di pagare, nonostante ne avrebbe avuto la possibilità, perché teme che al suo posto venga catturato qualcun altro. E’ poi morto in Germania”. E poi ci sono le storie di chi non è stato catturato, ma che cerca di aiutare in ogni modo i prigionieri, finchè il 10 ottobre a sera non vengono fatti incolonnare e, dopo aver camminato sino a Felina, caricati su corriere che li porteranno prima a Fossoli, poi verso i campi di lavoro tedeschi, in particolare a Kahla, “dove proprio questa mattina –ha ricordato Marconi- si celebra la ricorrenza internazionale della liberazione del campo con delegazioni di tutti i Paesi europei che vi hanno avuto caduti, perché date le condizioni disumane ben pochi fecero ritorno. Chi ebbe la forza di tornare, come il compianto Memo Zanni (scomparso nel 2009, ndr), si è poi impegnato tutta la vita nel perpetuare la memoria di quei giorni”. Marconi ha ringraziato “questi nostri concittadini, che hanno dato la vita in terra straniera vittime di una occupazione che è stata poi alla base di un grande movimento di lotta per la libertà, la Resistenza, che ha posto i valori fondanti dell’Italia, rappresentando un nuovo, importantissimo momento di costruzione dell’unità nazionale, dopo il Risorgimento, che ritengo importantissimo ricordare in occasione del 150° dell’Unità”.

A seguire sono stati letti tutti i nomi riportati sulla lapide, ciascuno seguito da un applauso: Inello Bezzi, Roberto Carlini, Armando Casali, Attilio Coli, Pietro Comastri, Vito Del Rio, Ezio Ferrarini, Dante Giglioli, Ferdinando Guglielmi, Anselmo e Renato Guidio, Lino Mailli, Augusto Manfredi, Giuseppe Manfredi, Ennio Pedori, Dino e Pierino Peretti, Remo Pignedoli, Ugo Primavori, Gim Aldo Reggioni, Guido Rivi, Ultimio Rivolvecchi, Mario Romei, Pierino Ruffini, Ferruccio Santi, Ugolino Simonazzi, Giuseppe Tagliati, Francesco Toschi, Ermete Zuccolini. Poi Dario Schenetti ed Elena Muratori, allievi dell’Istituto Merulo, hanno suonato l’Inno d’Italia ed il "Silenzio", prima che la lapide fosse scoperta ufficialmente e poi benedetta da Don Evangelista. Infine alcuni parenti dei deportati hanno deposto una corona d’alloro.

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