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Le “schegge impazzite” di questa nostra società

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Ci scrive un lettore. Di getto. Ecco i suoi pensieri. Lo ringraziamo per averli condivisi con noi. E con voi, crediamo.

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Questo non è un appello. Non è una segnalazione. Non è un esercizio intellettuale.
E’ uno sfogo al senso di impotenza che mi esplode dentro.
Sono le 19,30. Ho appena lasciato, sulla strada tra Busana e Cervarezza, Niko. Lo chiamerò così, non so il suo nome, non l’ho capito. Non parla italiano, qualche parola di inglese.
Viene dall’Ungheria, credo di aver capito.
Spinge una carrozzina carica di coperte a borse di plastica, ha una lunga barba incolta, occhi chiari e spaventati, farfuglia con un tono mite parole umili e incomprensibili. Si avverte, subito appena gli si avvicina, tutta la “negligenza” di molti chilometri e molte notti lontane da un tetto.
Ho girato la macchina, stavo tornando a casa, gli ho offerto aiuto. Era già buio, lungo le curve e i boschi. Ha accettato tre banane che avevo in macchina dopo la spesa dal verduraio. Poi ha ripreso a spingere la carrozzina. Mi fatto capire che va verso “Reghio” e che è una “hot night”, ce la farà.
Ho segnalato la cosa alla Croce Verde di Busana… “E’ il solito!”, mi hanno detto.
“Gira, passa di qui ogni tanto”, “Tira un carretto, vero?!”.
“No”, ho risposto io. “Spinge una carrozzina”.
“E’ il solito!, Lasceremo detto… Grazie, buonasera”.
Sulla strada per casa chiamo i soliti numeri istituzionali.
“118, dica…”. Spiego di nuovo. “Se non ha bisogno di una ambulanza non sappiamo che fare, a questo serve questo numero! Buonasera”.
“112, Carabinieri…”. Di nuovo. “Ce ne sono tanti, se dovessimo pensare a tutti… Comunque grazie. Buonasera”.
Non ho resistito, a casa con la mia compagna ho preparato un panino, qualche merendina delle pubblicità e cioccolata. Siamo ripartiti.
Aveva già fatto parecchia strada. Mi ha riconosciuto, mi ha stretto la mano.
Si è piegato in due per la stanchezza e inginocchiato sull’asfalto. Senza chiedere nulla, senza suppliche, solo per sfinimento.
Oltre alla mimica non possiamo comunicare, però.
Gli ho fatto un disegno, infantile, di una ambulanza con lampeggiante e croce.
Ha scosso la testa. Niente 118.
Qualche minuto ancora, gli offerto soldi. Niente. Un idioma sconosciuto, nessuna assonanza, nemmeno col dialetto. Parole sdrucciole, morbide, quasi elfiche.
E occhi affranti.
Ho dovuto rinunciare, tornare alla mia casa calda, fare una doccia calda e scrivere, mentre i profumi della cena sul fuoco mi danno nausea.
Non c’è posto nella nostra società, nelle caselline del nostro “gioco di società”, per uomini così. Una scheggia impazzita, meglio nasconderla, negarla, dimenticata.
E se un giorno fossi io?
Ho perso fiducia in questa società, in questo Stato.
Parlare del  “canile/sì-canile/no”  mi sembra stupido snobbismo, adesso; e fino ad un’ora fa mi sembrava segno di grande civiltà.
Vi chiedo un favore, se pubblicherete queste righe non voglio commenti. Non voglio apprezzamenti, non voglio cinismo. Vi chiedo risposte e soluzioni, da poter dare a Niko o a un  suo “fratello di strada”, se un giorno lo rincontrerò.

(F.C.)

 

16 COMMENTS

  1. Rispetto lo sconforto e l’impotenza di F.C. Forse mettersi in contatto con chi l’ha visto? Potrebbe essere un tentativo! Chissà che da qualche parte del mondo non ci sia una mamma che lo cerca? O forse è solo e non ha nessuno o forse è una libera scelta. Con una foto sarebbe più facile! Altre soluzioni non so dare.

    (Luisa Valdesalici)

  2. Chiedo scusa per non avere rispettato la sua richiesta di non commentare… ma è con le lacrime agli occhi che lo sto facendo… Quello che lei ha fatto è quello che ognuno di noi può e dovrebbe fare… Semplicemente non girare la testa dall’altra parte ma guardare gli altri esseri viventi negli occhi… e dare quel poco che possiamo, anche solo una parola gentile… Ritengo che questo signore mite e malandato scelga, finchè le forze glielo permetteranno, di non affidarsi a nessuno e forse è anche giusto rispettare questa scelta… però almeno un pasto caldo al giorno bisognerebbe poterglielo garantire… Io la ringrazio per quello che ha scritto e fatto.

    (Monica)

  3. Oggi, martedì 20 marzo, Niko era all’interno della galleria del seminario che spingeva la sua carrozzina, causando anche un grosso pericolo perché non si riusciva a vedere. Ho chiamato il 112 perché preoccupato per la sua incolumità, speriamo che possa passare la notte al caldo e in un comodo letto!!!!!

    (Mally)

    • Grazie Mally, grazie anche a nome di mio figlio Nicola che, amorevolmente, chiamavo Niko. Come tu giustamente scrivi, “speriamo”, anch’io spero che possa trovare, oltre ad un comodo letto, anche una persona che VOGLIA aiutarlo e capire la sua storia: chi è, da dove viene e perché vive, con tanta fatica, ogni giorno dell’anno senza accettare aiuti, che non sia un boccone! In questo periodo di consumismo sfrenato, si riverisce il ricco e si distoglie l’attenzione dal povero, da chi ha problemi! Per loro non c’è posto in questa società! E la situazione peggiorerà nei prossimi anni! Speriamo… continuiamo a sperare…
      Grazie a te ed al Sig. F.C.

      (Luisa Valdesalici)

  4. …ancora con “Chi l’ha visto”, personalmente certe trasmissioni le abolirei. Il nomadismo è insito nella natura dell’essere umano, l’uomo diventa stanziale dal momento in cui comincia ad accumulare dei beni (casa, macchina…) da cui non riesce a staccarsi e di cui pensa di non riuscire a farne a meno. Se rifiuta un aiuto sanitario è perchè sta bene, se i carabinieri non lo mettono in prigione è perche non ha fatto niente di male. Forse non vuole nè un nome nè un posto dove stare e ha scelto di vivere così.
    Ricordiamoci che se una persona sta bene con se stessa sta bene in ogni luogo si trovi. Credo che questo articolo potrebbe essere lo spunto per una discussione molto piu’ ampia.

    (zap)

    • Egregio Sig. Zap (chissà perché son convinta che sia un uomo!) condivido quasi tutto di quanto scrive. Si figuri! Per me la libertà individuale è importantissima! Non condivido quando usa il “forse”. Ciò presume che, anche lei, non è certo che sia un nomadismo voluto, che stia bene e che, beato lui, Niko appunto, è staccato dalle cose materiale che, invece, creano spesso problemi a noi. Ecco, basterebbe eliminare quel FORSE! Ultimamente manca la certezza che gli ultimi siano tutelati, così come mancava nei secoli scorsi protezione e rispetto peri deboli! Stiamo regredendo dal punto di vista umano! Inoltre vorrei poterle chiedere se ha figli, a proposito della trasmissione “Chi l’ha visto”. Sapesse quanti genitori vedono sparire i figli e non sanno dove son andati, se son vivi o se son morti. Provi, solo per un istante, a mettersi al loro posto! Lei rifiuterebbe l’aiuto di qualcuno che possa portarle notizie di un figlio o di un caro? La famiglia di chi è affetto da disagio mentale a volte non è in grado di dare l’aiuto adeguato. Trovare chi ti dà una mano è importantissimo! Non sempre chi conduce una vita come quella di Niko è sinonimo di “star bene con se stessi”, forse soffre più di altri! Basterebbe togliere quel FORSE. La cosa più difficile è sconfiggere l’INDIFFERENZA, grande male contemporaneo!

      (Luisa Valdesalici)

      P.S. – Non intenda la mia risposta come polemica, anzi, è il contrario e sono pienamente d’accordo con lei. L’argomento meriterebbe ampio spazio!!!

  5. Ho visto anch’io, più volte, quest’uomo. Obiettivamente non so che cosa fare. Non so se abbia bisogno e voglia aiuto o se il suo vagabondare sia una scelta di vita.
    So solo che, sempre più spesso, le persone si sentono sole ed abbandonate e che, molte volte, non hanno nulla per cui vivere.
    So che nessuno di noi fa abbastanza per dare aiuto a chi sta peggio; so che anche gli Enti Pubblici non sono sufficientemente sensibili e che, pur nell’attuale contingenza economica, preferiscono realizzare opere (che portano voti) piuttosto che aiutare chi ha di meno.
    So tutte queste cose, ma non so cosa fare.
    Possiamo pensare insieme qualche soluzione? Forse questa è rimasta l’unica via per dare una risposta alla disperazione di chi si è perso in un mondo così complesso.
    Grazie per l’attenzione.

    (Domenica Ghinoi)

  6. Provo un profondo senso di impotenza. Cosa si può e si deve fare? Concordo con la signora Domenica, possiamo pensare insieme qualche soluzione? Altrettanto vero e necessario che l’argomento richiederebbe ampio spazio e riflessione.

    (Monja Beneventi)

  7. Io sono un bambino di dodici anni e leggendo questo articolo mi sono commosso. Una soluzione per questo “problema” non la conosco, mi piacerebbe pensare a un mondo diverso da quello che vedo ora, anche se sono un bambino vedo tante persone che hanno troppo e sempre più persone invece che hanno sempre meno. Auguro a Niko tanta fortuna e una vita serena. Mi piace pensare che gli adulti possano trovare delle soluzioni; è difficile, anche loro non hanno la bacchetta magica, ma io vorrei crescere in un mondo migliore, dove anche per Niko ci sia posto, ci sia posto per tutti.

    (Ismail Belhamra)

  8. Preg.ma sig.ra Valdesalici, forse la discussione sta prendendo una piega a mio avviso interessantissima ma in una sede non idonea. Provo a rispondere punto per punto alle giuste, dal suo punto di vista, osservazioni.
    I miei “forse” sono dettati dal fatto che nè io nè a quanto sembra altri sanno qualcosa di questa persona, ma allo stesso tempo quei “forse” aprono un ventaglio enorme di ipotesi. E’ vero, non so se sia un nomadismo voluto, ma il fatto che questa persona non chieda aiuto sanitario mi fa pensare che, almeno fisicamente, stia bene. E’ anche vero che una persona che respira e cammina non è detto che stia bene ma, dal mio punto di vista, se una persona ha bisogno di aiuto lo chiede.
    Lei scrive: “Manca la certezza che gli ultimi siano tutelati“”; vero, ma quelli che non sono ultimi sono tutelati? Proprio oggi ho letto di un imprenditore che si è suicidato perchè non riusciva a pagare i debiti della sua azienda, ma qui entriamo in un discorso diverso da ciò di cui si parla.
    E’ vero, non ho figli, è stata una scelta, ma le motivazioni non si addicono alla discussione.
    Per quanto riguarda “Chi l’ha visto?”:
    1) se una persona volontariamente si allontana da ciò che lo circonda avrà i suoi buoni motivi, forse non condivisibili ma sicuramente da rispettare tanto più se non lascia scritto niente;
    2) se una persona scompare involontariamente, perchè è stata rapita, per malattia, ecc., allora ci sono le forze dell’ordine, polizia, carabinieri, protezione civile… che sono deputate a questo genere di cose, poi il volontariato può collaborare ma fare una trasmissione televisiva per cercare le persone scomparse lo vedo come un tassello in più che la televisione aggiunge per plagiare chi la guarda; non si sentano offesi gli spettatori di questo o altri programmi, è solo un mio parere.
    I miei “forse“ non significano “indifferenza” ma semplicemente un modo per dire che sono pronto a valutare qualsiasi ipotesi; a tale proposito la invito a leggere “Elogio dell’incertezza“ di Socrate.
    Lei scrive “forse soffre più di altri“; se togliamo il “forse“ diventa “soffre più di altri“: come fa a esserne sicura? Glielo ha chiesto? O pensa così perchè non si presenta come ci presentiamo tutti? Chi ci dice che non abbia scelto di vivere così per curarsi? Potrebbe farlo per scommessa o per vedere quanti sono quelli che non si fanno gli affari propri…
    Per concludere, sono convinto che le uniche certezze che abbiamo siano solo due, che siamo vivi e che un giorno moriremo, tutto il resto sono solo ipotesi.
    Come ho scritto all’inizio questa non mi sembra la sede per approfondire il discorso, tanto più che il sig. C.F., che ringrazio per questa opportunità, non ha scritto per avviare una discussione anche se penso che il confronto sia sempre positivo.
    Mi permetto di dare un consiglio: lasciamolo stare, forse tutto ciò che gli serve sta dentro quella carrozzina…
    Grazie.

    (Roberto Zappaterra)

    • Preg.mo Sig. Roberto Zappaterra, ringrazio vivamente per la risposta. Non mi ero sbagliata. Ho letto gli ultimi post ai nostri commenti del Signor F.C., prendendo nuovamente atto però di quanto ribadisce: “la frustrazione nel vedere l’assenza delle ‘Istituzioni'”, che sottoscrivo e condivido. Lungi da me alimentare polemiche, la mia situazione personale e familiare la rifiuta, ma soprattuto per rispettare lo stato d’animo con il quale l’autore ha scritto il pezzo, che ho condiviso sin dall’inizio. Tuttavia, mi permetto anch’io, come giustamente lei ha fatto, di consigliarle una lettura ed è questa: “Ama il prossimo tuo” di Enzo Bianchi e di un filosofo che non è Socrate ma è Massimo Cacciari. Grazie per lo scambio di opinioni, fatto sempre positivo.

      (Luisa Valdesalici)

  9. Ringrazio Ismail, con poche parole, con semplicità e leggerezza, a dodici anni è riuscito a dire molto più di me. Ha dato una pennellata di luce.
    In Niko ho visto sofferenza, solitudine, abbandono, non sono riuscito a comprendere quanto fosse lucido…
    Difficile capire quanto tutto questo sia frutto di una scelta libera, cosa significhi stare “bene o male”, quanta libertà ci sia nello stare male.
    La mia frustrazione è nata, nel dubbio, nel vedere la totale assenza delle “Istituzioni”.
    Credo anche che, davvero, come dice Zap, tutto questo meriterebbe una discussione più ampia; il fatto che qualcuno, come la sig.ra Domenica, proponga di “pensare insieme” sia già una soluzione. Così come la bellezza e la speranza nelle parole di Ismail.
    Mi piacerebbe che tutto questo si concretizzasse in qualcosa, non so cosa. Non rimanessero solo parole. Chissà…
    Grazie a tutti.

    (F.C.)

    P.S. – Aggiungo una provocazione… l’art. 593 del Codice penale dice: “Omissione di soccorso. Chiunque, trovando abbandonato o smarrito un fanciullo minore degli anni dieci o un’altra persona incapace di provvedere a se stessa, per malattia di mente o di corpo, per vecchiaia o per altra causa, omette di darne immediato avviso all’autorità è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a 2.500 euro”.

  10. Se possibile aggiungerei che… l’art. 593 CP continua così:
    “Alla stessa pena soggiace chi, trovando un corpo umano che sia o sembri inanimato, ovvero una persona ferita o altrimenti in pericolo, omette di prestare l’assistenza occorrente o di darne immediato avviso all’autorità”.

    (F.C.)

  11. Sig.ra Valdesalici, la ringrazio per il consiglio, mi sembra, dal titolo del libro, che lei abbia l’impressione che io non ami abbastanza il prossimo, se è così credo non mi conosca abbastanza, non vado in chiesa e non credo in Dio, posso amare il prossimo in un modo diverso dal suo o di qualcun altro, ma questo non vuole dire che non mi preoccupo o non ami gli altri. Mi consenta una metafora: non frequento i bar ma questo non vuol dire che non mi ubriaco. Comunque il suo libro lo leggerò.
    Credo che il sig. C.F. abbia fatto tutto ciò che fosse possibile fare, chiedere se aveva bisogno di aiuto, offrirgli da mangiare e avvisare le autorità. Questo lo dico per esperienza personale dopo circa 15 anni di volontariato e dieci anni di lavoro in ambulanza, se una persona rifiuta l’aiuto sanitario non lo si può obbligare.
    Nell’intervento del sig. C.F. del 22 marzo dice che vorrebbe che questa “chiacchierata” si concretizzasse in qualcosa. La butto lì: invece del quagliodromo (scusate ma questa storia non la digerisco) spendiamo quei soldi per una sorta di “campeggio”, gestito da volontari, che dia la possibilità a persone che ne hanno bisogno di fermarsi e riprendersi.
    Grazie.

    (Roberto Zappaterra)