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Ricordo di Dante Zobbi, partigiano cattolico oggi all’ultima dimora

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Dante Zobbi

Si sono svolti questa mattina, alla presenza dell’intera popolazione di Tapignola (la parrocchia che fu di don Pasquino Borghi), di esponenti dell’Associazione Liberi Partigiani d’Italia (ALPI),  dell’ANPI, dell’Associazione Nazionale Alpini, del Sindaco di Villaminozzo i funerali di Dante Zobbi, il “davvero eroico” partigiano Rinaldo, comandante del Distaccamento “Don Pasquino Borghi” della 284a Brigata Fiamme Verdi “Italo”.

Dante Zobbi, nato il 18 febbraio 1921 a Santonio di Villaminozzo,  era stato uno dei primissimi collaboratori di don Pasquino Borghi e  di don Vasco Casotti. Partigiano della prima ora, tanto umile quanto grande, icona del partigianato cattolico montanaro, di lui nel 1970 Romolo Fioroni aveva scritto questo ritratto che riproponiamo.

 DANTE ZOBBI “RINALDO”

Di Romolo Fioroni (1970)

Comandante del distaccamento «Don Pasquino Borghi», della 284a Brigata FF. VV., risiede a Santonio, una graziosa alpestre borgata della Frazione di Coriano del Comune di Villa Minozzo, a 936 m s.m., situata a mezza costa sul lungo pendio orientale del monte Prampa.

È questo il villaggio che ha fornito il primo gruppo di uomini, il nucleo centrale, al distaccamento «Don Pasquino».

A Santonio, Dante Zobbi, nato il 18-2-1921, esercita la professione di coltivatore diretto, utilizzando un piccolo podere di 9/10 biolche di sua proprietà. Qui lo abbiamo incontrato il 20-10-1969 e, alla presenza di sua moglie Ferri Alba (sorella dell'altro non meno noto comandante partigiano Ferri Dino (“Ferro”), abbiamo avuto modo di parlare dei suoi due figli (Francesco e Danilo), della sua modesta attività, della sua nuova graziosa casetta costruita alcuni anni fa, dei suoi progetti e anche di rievocare le vicende degli anni '44 e '45 che lo videro umile, ma fermo e vivace animatore della lotta di resistenza prima e stimato e apprezzato comandante di distaccamento poi.

Aderì al movimento partigiano fin dal suo sorgere, facendo la staffetta a don Pasquino di cui era anche fedele e devoto parrocchiano.

Aveva prestato servizio militare nella «Compagnia autonoma per la lotta antipartigiana» del corpo G.A.F., per due anni in Jugoslavia; da ldria, dopo l'8 settembre 1943, rientrò a piedi a Santonio, seguendo il suo Maggiore, il 4-10-'43.

L'esperienza vissuta in quel travagliato periodo contribuisce decisamente a far di lui il combattente e il comandante vigile e prudente, ma fermo e deciso, amato, stimato e apprezzato dai suoi amici e dai suoi superiori.

La storia di Dante Zobbi rispecchia fedelmente quella del distaccamento «Don Pasquino Borghi» che egli costituì assieme al «Folgore» e al « Fieramosca » a Dèusi, nella riunione di fine agosto 1944, a cui parteciparono, fra gli altri, don Domenico Orlandini (“Carlo”), don Pietro Rivi, Virginio Canovi, Raul RuberteIli, Dino Ferri, i fratelli Fioroni,  e che vide in concreto il sorgere del movimento partigiano montanaro.

Seguivano “Rinaldo” una ventina di uomini di Santonio e Coriano oltre ad alcuni altri di Villa Minozzo che avevano lo scopo di «... dar vita a formazioni diverse da quelle nelle quali fino ad allora aveva militato».

Ligonchio, Passo di Pradarena, Costabona, Dèusi, Civago, Foce Radici, Reggio Emilia sono le località che segnano il passaggio del distaccamento «Don Pasquino» e del suo comandante «Rinaldo» nel periodo che va dall'agosto  1944 al 25 aprile 1945.

Fra le innumerevoli azioni compiute. il comandante del «Don Pasquino» ricorda con particolare calore la spedizione a Gabellina del 13 settembre 1944, quando squadre del «Folgore», di «Ferro », e del «Don Pasquino», durante l'attacco a una colonna tedesca in transito, riuscirono ad evitare l'accerchiamento e il massacro grazie alla sua perizia, alla sua calma e al suo coraggio (da ricordare il contributo prezioso del suo Vice», Giulio Incerti Giulio “Gallo” che, con l'incosciente eroismo dei giovani, coprì con il suo fucile mitragliatore lo sganciamento di tutti gli uomini impegnati).

Ma la prova più dura il piccolo e allora giovane comandante, che camminava dondolandosi negli enormi scarponi da montagna, con le mani sui fianchi e lo scarno viso semicoperto dalIa lunga tesa del 'suo cappello alpino, ornato di una penna di pavone, dovrà sostenerla nel corso del grande rastrellamento del 6 gennaio 1945.

Il suo distaccamento riceve l'ordine di dare il cambio a quello di Castellini, della brigata Garibaldi, arroccato a difesa del Passo di Pra d'Ancino sulla mulattiera che da Villa Minozzo, Santonio, Coriano sale a Monteorsaro.

Dopo una marcia estenuante, raggiunge l'impervia località e avvista una lunga colonna di tedeschi che dalla Val D'Asta, per Roncopianigi, tenta di guadagnare la sperduta località.

Inizia un furioso combattimento che dura dalle prime ore del mattino del giorno 9 gennaio 1945 fino a notte inoltrata (dovranno essere accesi fuochi per scongelare le armi automatiche!).

È il Vicecomandante della Brigata, Aldo Dall’Aglio “Italo” », a dargli il cambio con una ventina di uomini che saranno successivamente attaccati di sorpresa da pattuglie di sciatori e costretti a ripiegare nel corso della nottata.

L'eco deg]i spari raggiunge Dante che, coi suoi uomini risale nuovamente i sentieri della montagna, coperta da oltre un metro di neve e riesce a piazzare la mitragliatrice pesante con il fuoco della quale, da una posizione impossibile ma strategicamente felice, argina e blocca la discesa dei tedeschi (...«raggiungeranno successivamente Santonio provenienti da Minozzo, ma non da Monteorsaro!»... afferma Dante con malcelato orgoglio).

Raccoglie un alpino gravemente ferito che ricovera in una stalla di Coriano; nulla può fare per “Italo” già colpito a morte.

l suoi migliori uomini: Adelmo Reglioni “Pacifico”; Giulio Incerti “Gallo”; Armando Andi “Quinto”; Domenico Ceccarini “Lupo”; Gino Giacopelli... vorrebbe citarli tutti e ricordarli uno ad uno come si fa coi figli o coi fratelli, perché il suo distaccamento fu veramente una famiglia, spensierata e allegra forse, ma cosciente e responsabile.

Rimasero uniti anche in quel duro inverno, senza sbandamenti o cedimenti, fino alla discesa al piano nella successiva primavera. Ricorda ancora Dante che una pattuglia del suo distaccamento fu la prima ad incontrarsi il 21 aprile 1945 a Sasso Rosso, in Garfagnana, con le avanguardie alleate; poi, la lunga marcia da Foce Radici, a Baiso e Reggio Emilia, ove giunse il mattino del 24 aprile.

Dante Zobbi ha continuato anche dopo la fine dclla lotta partigiana, che considera una parentesi della sua vita, anche se importante, utile e necessaria, a servire la sua gente, il suo paese, la sua terra. È stato consigliere comunale per dieci anni.

Con la stessa umiltà con la quale ha servito una causa, un ideale in guerra e in pace, dall'alto del pianoro della «sua» Santonio, serve ora la sua famiglia silenziosamente, con tutta la possibile dedizione, sicuro, come egli crede fermamente, che il terreno cammino degli uomini sia soltanto una prova che ogni esserevivente, nella sua interezza, deve superare con umiltà, dedizione e fierezza per raggiungere, purificato, l’Eterno e l’eternità dove il dolore, i sacrifici e le privazioni non avranno più senso e significato.

2 COMMENTS

  1. Grande il ricordo tracciato da Fioroni e mi sono commosso. Personaggi come Dante non ne nascono più e vanno citati da esempio. Tante condoglianze alla famiglia e dico loro di esser fieri di avere avuto un padre e un marito del suo livello.

    (Domenico Amidati)