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Uscita dall’euro, se ne parla

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Le notizie che arrivano dalla Grecia non sono certo confortanti. Non si riesce ancora a capire se il Paese rimarrà nella moneta unica ovvero se sarà destinato alla fuoriuscita. Ovviamente non sono neppure chiari contorni dell’una o dell’altra soluzione.

Il dubbio aleggia, ma di certo la Grecia sta tentando di guadagnare tempo, con una situazione di “stop and go” che dura almeno dal maggio 2010

Nel frattempo gli altri Paesi periferici sono in profonda crisi.

Il Portogallo nel 2012 - secondo la UE – vedrà una caduta del pil del -3.3% e non del -3%.

Rigore e austerità  avvitano quel paese, e non solo; Italia ne sta sperimentando i riflessi con toni di recessione sempre più acuti.

Anche la Spagna non può certo pensare di essere al sicuro: il governo Rajoy sta tentando il salvataggio del sistema bancario, pare utilizzando la tecnica della “bad bank”, una istituzione che sia  in grado di assorbire gli asset tossici provocati dalla bolla immobiliare.

Ovviamente, è imperativo per le banche di quel Paese l’obbligo di ricapitalizzarsi. I costi si rifletteranno sul bilancio pubblico, tanto che il rapporto debito/PIL in Spagna potrebbe arrivare ai livelli italiani.

Anche la Francia di Hollande non può allentare la guardia; lo spread tra i titoli francesi e quelli tedeschi è in aumento costante da settimane.

Tutti i paesi europei, chi più chi meno, scontano la divaricazione sempre più crescente tra promesse politiche (spesso pre-elettorali) e i dati crudi della azione concreta dei governi; la cattura dei consensi è partita che si esaurisce nel breve periodo, non appena si aprono i dossier scottanti sui tavoli dei nuovi Governi.

E che dire del nostro Paese? Qualche settimana fa sembrava che la riduzione dello spread sotto i 300 punti fosse un dato acquisito, e che nel corso dell’anno un’ulteriore discesa verso i 200 bases point fosse ormai acquisita. Il risveglio è stato brutale; si è arrivati a 431 dei giorni scorsi.

Lo scenario è tale che può indurre una riflessione sconfortante: pare proprio che in Europa nessuno possa ritenersi al riparo dai guai dei vicini. E preoccupa il fatto che si è rotto un tabù: il crollo dell’euro è ormai un argomento trattato , dibattuto e studiato e non è più una categoria “impensabile”.

E di ciò gli investitori ne sono  ben consapevoli  dato che si riempiono di titoli a rendimento negativo (i Bund tedeschi) pur di salvare una parte del capitale; quasi che si scelga di pagare un “pizzo” per proteggersi le spalle.