Tempesta sul Cerreto. Di carte bollate. Non c'entra l'acqua copiosa che sta scendendo anche in queste ore sul gran passo che unisce Fivizzano a Castelnovo ne' Monti, ma una denuncia di un medico spezzino che si è schiantato con gli sci lo scorso 17 marzo ed ora chiede i danni per la paralisi che lo ha colpito a seguito dell'incidente occorsogli sulle rinomate piste da sci dell'alto reggiano, dominate dalla catena montuosa dell'Alpe di Succiso.
Giovanni Mainardi, 52 anni, medico neurologo, il giorno prima del suo compleanno era insieme ad un gruppo di amici sulla pista 2 quando ha perduto l'equilibrio cadendo a terra. L'incidente si rivelò gravissimo riportando al medico spezzino gravissime lesioni tali da non consentirgli più l'uso delle gambe.
Nel ricorso si punta l'indice contro alcune gravi violazioni sulla sicurezza degli impianti, in particolare l'assenza di barriere protettive ai lati del tracciato. Il medico infatti era finito fuori pista scivolando lungo un ripido declivio, fermandosi solo dopo un tremendo schianto contro un albero posto a pochi metri dal tracciato.
Scattarono prontamente i soccorsi, il ricovero in codice rosso all'Ospedale Maggiore di Parma, numerosi accertamenti diagnostici, interventi chirurgici, terapie riabilitative. E purtroppo, a diversi mesi di distanza, i danni sul deficit motorio agli arti inferiori sono ancora notevoli. Secondo l'avvocato del medico spezzino l'elemento causale dell'incidente, delle lesioni e della malattia che ne è conseguita è da ricondurre a responsabilità e colpa della società Impianti Park Hotel che in qualità di gestore degli impianti sciistici e dunque responsabile della posizione di controllo, ha mancato all'obbligo di proteggere gli utenti delle piste con l'utilizzo di adeguate protezioni.
Si invoca l'articolo 590 del codice penale che parla di lesioni personali colpose perché quel fatidico giorno del 17 marzo u.s. la pista era stata battuta fino sull'orlo e rendeva probabile - sempre secondo l'esposto del medico spezzino - senza le reti di protezione lo scivolamento per il declivio alberato a lato del tracciato in caso di perdita di controllo da parte degli sciatori. La parola ora spetterà alle aule di tribunale in cui il giudice preposto alla causa deciderà le ragioni e i torti dei contendenti.
(Francesco Compari)
Il caso mi fa venire in mente quello del signor Fanticini. Purtroppo, come il dott. Mainardi, rimase paralizzato; ricordo che Fanticini si accordò con la proprietà/gestore di allora (STAR) per 2 milioni di euro ma non so se li ha mai visti, visto che gli impianti furono acquistati dagli enti locali. Purtroppo l’uso delle gambe non gliele ridarà nessun tribunale ma almeno un risarcimento servirà per avere in casa quelle comodità necessarie alla sua condizione.
(Mauro)
Credo che una polizza assicurativa che copra i risarcimenti in sede civile sia obbligatoria e che anche il buon senso e l’esperienza lo impongano. Quindi ritengo che la questione economica sia tra chi ha subito il danno e l’assicurazione e non la società proprietaria degli impianti.
(Alessandro)
Dispiace tantissimo per l’accaduto, speriamo la situazione personale del signore possa migliorare. Il paradosso è che tra tutte le (molte) stazioni sciistiche da me frequentate negli ultimi anni Cerreto Laghi è quella che ha fatto sulla sicurezza nelle piste i più evidenti miglioramenti. Moltissime sono le reti protettive laterali va detto, però, non su tutti i 15 km di tracciato. A questo punto la normativa dovrebbe prevedere reti protettive a copertura laterale delle piste, nella loro totalità, oltre ad una certa pendenza media e questo a valenza per tutte le stazioni sciistiche, solo allora certe responsabilità verrebbero senz’altro meno o quantomeno sarebbero più chiare. Ovviamente sciare rimane uno sport con certi rischi oggettivi e imprescindibili per la persona. Stamani a Cerreto Laghi c’era un gran bel sole.
(Miriano)
Noto con piacere che la redazione si ricorda del Cerreto solo e sempre per casi spiacevoli, mai per eventi positivi. Sarebbe buona cosa prima di pubblicare articoli come il sopracitato sentire la controparte, ma questo non fa parte di certo del buon modo di operare della redazione. Alcune note doverose e di precisazione. Intanto le rinomate piste del Cerreto, egregio sig. Compari, non fanno parte della catena montuosa dell’Alpe di Succiso bensì sono sul monte La Nuda, poi la pista dell’incidente e la tre e non la due. Tengo altresì ha precisare che la società Park Hotel ad oggi non ha ancora ricevuto nessuna denuncia o altra qualsiasi cosa inerente all’episodio. Dispiace apprendere la cosa dai mezzi di informazione e non dalle parti interessate. Ci dispiace molto dell’incidente anche perchè persona conosciuta e assiduo frequentatore delle nostre piste, ma allo stesso tempo non crediamo di avere nessun tipo di responsabilità in merito all’incidente. Tengo a precisare che il 118 intervenuto sul posto si è complimentato con il soccorso piste per l’intervento svolto. La stazione ha tutti i requisiti di sicurezza, assicurazioni, ecc., come prevede la normativa. Chiunque frequenti la località avrà notato l’attenzione che la società opera sulla sicurezza e incolumità dei turisti. Si ricorda inoltre che la normativa sulla sicurezza delle piste prevede che la gestione metta in sicurezza solo ed esclusivamente gli “ostacoli non naturali” (cannoni, colonnine, piloni, ecc.).
(Marco Giannarelli)
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Ci permetta, sig. Giannarelli, di dissentire sul fatto che la (nostra) cronaca si rimembri del Cerreto solo in casi come questo. Non crediamo vi siano quegli obblighi ed automatismi della risposta a giro talmente stretto che quasi non è poi possibile distinguerla dalla “botta” (e spesso questo sistema vorrebbe tendere proprio a questo, a confezionare il classico “pastone” dove i gatti son tutti grigi). Tanto più che lo spazio per replicare, come vede, non abbiamo difficoltà a concederlo. Nessuno “condanna” o vuol fare cattiva pubblicità al Cerreto, se questo è il suo sottinteso: ci limitiamo a riportare un fatto di cronaca. Ribadiamo inoltre e infine – ormai sarebbe inutile ripeterlo ma lo stesso occorre farlo – che non siamo un gruppo di professionisti, per cui cerchiamo di offrire il massimo con le forze a disposizione.
Cordialmente.
(red)
Concordo sicuramente con quanto affermato da Marco Giannarelli. Massima solidarietà con il Dott. Mainardi, persona conosciuta e stimata da tutti a Cerreto Laghi e naturalmente un grande augurio di pronta e totale guarigione. Resta il fatto (e quel giorno io ero presente) che le condizioni delle piste erano eccezionali, sia dal punto di vista dell’innevamento che della battitura. Purtroppo come ogni attività sportiva anche lo sci presenta alcuni rischi. Senza voler entrare nel merito, ritengo che nel caso specifico ci siano state una grande dose di sfortuna e quella parte di imponderabile che appunto non si può prevedere. Infatti il luogo dell’incidente è sicuramente uno dei più facili e sicuri di tutte le piste del Cerreto. Tengo inoltre a precisare al Sig. Mauro che il tragico infortunio avvenuto al Sig. Fanticini è stato a suo tempo completamente liquidato, parte dall’assicurazione e parte dall’allora proprietaria degli impianti Soc. A.t.m. (grazie anche effettivamente al contributo della Provincia di Reggio e degli operatori di Cerreto Laghi).
Concludo ricordando che Cerreto esiste, anche per la buona ristorazione, per le ottime attività commerciali, per la gestione degli impianti sportivi (ormai unica stazione in provincia) e per tante attività turistiche che ogni anno coinvolgono decine di migliaia di turisti.
(Alessandro Zampolini)
Mi sembrano un po’ permalosi questi ristoratori del Cerreto. Sarà perchè la stagione è andata maluccio…
(Alex G)
Mi sembra che qualcuno abbia la coda di paglia, la giustizia farà il suo corso…
(Mauro)
I commenti mi sembra siano improntati comunque a chiarire quanto sommariamente e in alcuni punti erroneamente comparso in articolo. Alex G., magari si parla di esercenti, perchè ristoratori individua un’unica esclusiva categoria. La stagione invernale quest’anno è stata piena di neve fino a maggio, se tutte le stagioni malucce fossero queste, ditemi dove firmare. Purtroppo crisi, frane e terremoti non aiutano le attività commerciali della zona ma questo è un discorso un po’ più ampio rispetto all’argomento in questione. Saluti.
(Miriano)
Signor Mauro, noi operatori del Cerreto non abbiamo la coda di paglia! Però dispiace molto che la nostra località venga solo citata per eventi spiacevoli come quello capitato al signor Marinari, persona conosciuta e stimata. Ci piacerebbe essere ricordati per le numerasose attivitá che svolgiamo tutto l’anno! Abbiamo accolto migliaia di turisti in tutta la stagione invernale, svolto competizioni agonistiche di sci, circa una trentina nella passata stagione. É proprio una questione numerica, purtroppo ci rientrano anche gli infortuni, che nell’occasione del Mainardi sono stati risolti in maniera professionale e tempestiva, riconosciuta tale anche dall’ospedale di Parma. Ricordo che lo sci é uno sport di velocitá, si svolge in terreno con situazioni impervie, all’aria aperta e a contatto con la natura, questo per dire che chiunque pratica questo sport é perfettamente cosciente di ció che é, accettando i rischi che comporta praticarlo. Renderlo innaturale mettendo protezioni, reti o quant’altro renderebbe ingiustizia alla sua naturalitá e unicitá, al suo contatto diretto con la natura. Le piste non sono gabbie e non lo devono diventare. Ricordo che tutti i pericoli considerati tipici quali: ostacoli naturali, piante, sassi ecc. non devono essere protetti perché parte dell’ambiente e presenti da sempre, quindi noti allo sciatore, mentre cosa opposta per i pericoli atipici cioè tutti gli ostacoli artificiali: pali di seggiovie, cannoni per neve artificiale ecc., che devono essere segnalati e protetti dal gestore! La Park hotel ha gestito lo scorso anno in maniera seria e competente, come un buon padre di famiglia e come tale credo che sia dispiaciuta come tutti noi dell’accaduto. Ma non merita di finire sul patibolo come ogni volta accade a chi gestisce una stazione di sport invernali che, fidatevi, é davvero difficile in una regione a statuto ordinario. Non ultimo: vorrei ringraziare la Park hotel per la gestione del Palaghiaccio di Cerreto che in questi giorni e per tutta l’estate ospita piú di 150 ragazzi a settimana, squadre di pattinaggio artistico provenienti da tutta Italia. Queste sarebbero le notizie da divulgare. Posso garantire che i risarcimenti dei precedenti infortuni sono sempre stati pagati dalle assicurazioni stipulate dai vari gestori, sono obbligatorie per gestire gli impianti di risalita!
(Enrico Ferretti “Chicco”, Scuola sci Cerreto)
“Ricordo che tutti i pericoli considerati tipici quali: ostacoli naturali, piante, sassi ecc. non devono essere protetti perché parte dell’ambiente e presenti da sempre, quindi noti allo sciatore“. Detta così in realtà sarebbe un grave errore. Semmai certi ostacoli naturali possono non essere protetti, anzichè “non devono”. Beninteso, esistono eccome diversi ostacoli naturali che vengono giustamente protetti, anche al Cerreto ed altre zone esposte ancora non protette. Ad esempio sulla pista 2, tra i 1.600 ed i 1.550 metri poco sotto il rifugio Piella è stata messa, dopo decenni di assenza, una recinzione a palo ricurvo, certamente molto tecnica e funzionale, per proteggere lo sciatore da un canalone a lato assolutamente pericoloso. Così come invece andrebbe protetto lo stradello che dal rifugio Piella porta alla pista 3 ramo nord, ovvero stradello largo 5 metri massimo, lungo 150 circa, con un dirupo sassoso per di più a lato. Se un bambino dovesse sbilanciarsi su una lastra di ghiaccio non so come andrebbe a finire. Per contro, sulla pista 0, paradossalmente nel punto più facile, completamente dritto e regolare nel bosco, si trovano centinaia di metri di recinzione del tutto inutile, forse come mera e necessaria applicazione di una stupida sentenza che ha obbligato a “cinturare” ripeto inutilmente parte della pista. Comunque, riepilogando, tutti i punti critici naturali o no vanno protetti in funzione della pendenza e soprattutto della larghezza di una pista, utilizzando logica e razionalità. Va da sè che una classica pista rossa con 30% di pendenza, dritta, larga 40 metri, senza massi sporgenti, canaloni e dirupi a lato, non abbia problemi di messa in sicurezza, ma numerosi punti ben più stretti ancora piuttosto frequenti in Appennino andrebbero valutati e sistemati. Nella fattispecie la pista 3 è ottima e senza problemi nella parte bassa, dai 1.550 fino all’inesto con la pista 2, ma nella parte alta dai 1.700 a 1.550 è rimasta una pista sostanzialmente anni ’60, decisamente più stretta, con un paio di muretti da prendere con molta attenzione, con una pendenza laterale certamente affascinante ma impegnativa e qualche semicurva, ma assolutamente priva di protezione. Questo è il dato oggettivo, per quanto il grado di protezione di una pista possa essere talvolta soggettivo.
(Andrea Chierici)