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Ciò che non serve si indossa!

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Phone o Watch? Ciò che non serve si indossa!

Ritorniamo su un argomento trattato in autunno, perché pochi mesi stanno delineando una tendenza che sembrava poco probabile o, comunque, non troppo interessante.

Partiamo da un articolo pubblicato recentissimamente sul portale tecnologico HDblog.it:

La diminuzione del margine operativo è ancora più sorprendente dato che la stima delle entrate con utile netto consolidato è aumentato del 5% su base annua, ma i ricavi totali di vendita stimati per il Q4 2013 registrano una contrazione. Considerando che la divisione Samsung Mobile rappresenta per due terzi tutte le entrate del gruppo è proprio qui che potrebbero trovarsi la perdita maggiore.

Secondo gli analisti le cause sono tuttavia da ricercarsi in una serie di eventi concatenati nello stesso periodo preso in esame, come alcune spese bonus riversate presso le sedi coreane e straniere e un ultimo periodo dell’anno all’insegna di una vendita in crescita per i modelli di fascia più bassa a discapito dei top gamma.

Le cose non miglioreranno immediatamente con l’avvio del 2014, gli analisti si aspettano che i profitti tornino alla normalità solo dalla prima metà dell’anno, tuttavia aspettiamo il consueto comunicato da parte di Samsung che potrà chiarire la situazione

Parliamo di Samsung, il maggiore produttore di telefoni e smartphones, quindi un chiaro riferimento per quello che potrebbe essere il mercato 2014 che si appresta a divenire.

Nonostante i volumi di vendita del colosso coreano siano in crescita, da anni, sembra che l’utile sia in diminuzione.

I clienti privilegiano i dispositivi a basso costo (prezzo di acquisto), rispetto al TOP di gamma.

Ritengo che ci sia una ragione fondamentale a giustificare questo fenomeno.

La crisi che ci attanaglia da anni sta avendo i suoi effetti anche laddove si era disposti a fare sacrifici per stare alla moda. Oggi stare alla moda significa cambiare smartphone ogni 9-11 mesi.

Con prezzi medi che vanno dai 600 ai 800 € per il TOP, comincia a farsi sentire nel bilancio personale o familiare.

Aggiungiamo che, come successe con l’esplosione delle forme di finanziamento rateale per qualunque cosa, dopo qualche anno che le compagnie telefoniche hanno proposto contratti all inclusive, comprendenti un telefono per una decina di euro al mese, per 24 o 30 mesi, la maggior parte degli utenti si trova con contratti in essere, non ancora scaduti, per cui diventa impossibile sostituire il dispositivo (perché troppo costoso), se non rinnovando un contratto rateale dopo la sua naturale scadenza…

Conosco persone che hanno in corso 3 o 4 contratti, uno per l’iPhone 4S che hanno venduto lo scorso anno per attivare un secondo contratto per iPhone 5. Un terzo abbonamento per il tablet, un quarto per lo smartphone del figlio. Questo significa spendere da 80 ai 120 euro al mese di rate.

Personalmente ne ho due attivi, ma nessuno dei due dispositivi che mi fu dato alla sottoscrizione, possiedo ora. Pertanto pago canoni di oggetti che non ho e ho speso denaro per acquistarne di più recenti.

Avendo sostanzialmente rateizzato l’acquisto, per qualche anno abbiamo assistito a impennate di vendite, proprio dei dispositivi più costosi, difficilmente acquistabili “in contanti”.

Ora siamo alla saturazione e i produttori cominciano a sentirlo, anche Apple e Samsung.

La seconda, poi, vende prodotti che in breve perdono il proprio valore, pertanto la clientela aspetta qualche mese per acquistare, ritardando i volumi attesi dal costruttore.

Io  ed il mio "allievo" Umberto Casoli abbiamo acquistato il Galaxy Note 3 a fine settembre a 649 €, in negozio si trovava a 729 €, ora online, in versione europea, a 480 €.

A dimostrazione del fatto che la clientela di volume va sul basso prezzo, leggiamo su HDblog.it che:

L’Italia, come ribadito in diverse occasioni, rientra nella rosa delle 24 nazioni che hanno premiato il sistema operativo mobile di Microsoft. L’ottimo lavoro compiuto da Nokia e Microsoft con i terminali Windows Phone low-cost, come il Lumia 520, inoltre, ha posto le basi per il successo in diversi mercati emergenti.

La gamma Nokia Lumia, con sistema operativo Windows Phone8 di Microsoft, sotto Natale, è stata oggetto di razzie nelle grandi catene di distribuzione, a prezzi che oscillavano tra 140 e 200 euro.

Un amico ha acquistato due Lumia 920, per lui e la moglie, a 200 euro, un anno fa si comprava a 650 €.

Veniamo ora al futuro, cosa potranno fare i produttori?  Ridurre i prezzi di vendita per incentivare la domanda?

Produrre dispositivi a basso costo? Forse un po’ di tutto questo, forse nulla.

In questi casi si cerca di differenziare l’offerta. Si inventa qualcosa di nuovo.

Leggiamo ancora su HDblog.it:

Se la carrellata di prodotti e dichiarazioni che sono state rilasciate durante questo CES 2014 riguardo il lancio di nuovi devices indossabili, dalle proposte di LG sino alle anticipazioni di Samsung, non vi fossero bastati, ci pensa il CEO di Huawei, Richard Yu, ad accontentarvi.

Secondo Yu, Huawei, sarebbe pronta per saltare sull’affollato carro dei produttori di dispositivi indossabili “smart” già dal prossimo Mobile World Congress che si terrà a Barcellona il prossimo Febbraio. Huawei non vuole farsi trovare impreparata e sembrerebbe avere già in serbo qualcosa da svelare il mese prossimo, andando ad arricchire la già variegata offerta di dispositivi.

Ecco che torniamo a quanto detto in autunno a proposito del neonato Samsung Galaxy Gear, smartwatch.

Non è il primo, ne esistono da oltre un anno, il famoso Pebble che ha appena presentato la nuova gamma, sempre compatibile con iPhone e Android phones, l’italianissimo I’m Watch, la Sony ed altri…

Pebble 2013 (rosso) e nuova gamma 2014 (a sinistra)
Pebble 2013 (rosso) e nuova gamma 2014 (a sinistra)
I’m Watch
I’m Watch
Sony
Sony
Samsung Galaxy Gear
Samsung Galaxy Gear

Io ho saputo resistere fino a Natale, poi ho ceduto e acquistato il Galaxy Gear.

Vi lascio per qualche minuto, il tempo di vedere questo accattivante video promozionale, a cui non ho saputo resistere:

https://www.youtube.com/watch?v=T8nJKWJTsUg#t=0

Al CES 2014 di Las Vegas, evento mondiale dedicato alla tecnologia, tenutosi questa settimana, quasi tutti i produttori hanno presentato i cosiddetti “dispositivi indossabili”, orologi (fanno molto di più che indicare l’ora), braccialetti con funzioni legate alle attività personali, sportive, che ci diranno tutto sulla nostra salute, tassi glicemici, di colesterolo, umore, psiche…

Ecco cosa possono fare, a detta di HDblog.it:

Bracciale Fitbit Flex
Bracciale Fitbit Flex

Il mercato dei braccialetti che tracciano le proprie attività giornaliere è in pieno fermento: dopo Jawbone Up e Nike FuelBand è la volta di Fitbit, che lancia il suo Flex, un dispositivo all’apparenza molto semplice, capace di interfacciarsi e comunicare con dispositivi iOS, Android e PC, mediante l’utilizzo di un’apposita applicazione. Flex viene utilizzato, principalmente, per monitorare la propria attività fisica durante il giorno, tenendo traccia del numero di passi, della distanza percorsa, delle calorie bruciate e dell’attività cardio-vascolare. E’ inoltre in grado di monitorare lo stato del sonno, fornendo dati sull’ammontare delle ore dedicate al riposo e sulla qualità dello stesso.

Il bracciale è costruito in modo da risultare resistente all’acqua ed ai “maltrattamenti”, requisito essenziale per un dispositivo utilizzato per lunghi periodi e durante l’attività fisica. 

Quindi, ancora una volta, si è riusciti a trovare qualcosa di essenzialmente inutile, come molto di quello che ci circonda, per  fare crescere le economie dei grandi produttori e svuotare le nostre tasche (di 100-350 €).

(Francesco Casoli)

 

8 COMMENTS

  1. Poco interessante per lei, per qualcuno può essere inutile e superfluo uno dei suoi oggetti, quindi cosa facciamo, pubblichiamo tutti un articolo riguardante i gusti personali? Per scrivere questi articoli per lei può essere fondamentalmente inutile anche il pc. Le tasche delle persone non vengono svuotate dalle grandi aziende. È l’utente che decide cosa acquistare, se il mercato richiede questo, io non ho le facoltà per poter giudicare, lei?

    (Manuel Iori)

    • Firma - ManuelIori
    • Buongiorno, la vita è fatta anche di ironia; se quando 20 anni fa più della metà di quello che ho in casa non esisteva, non per questo l’ho acquistato con una pistola alla tempia. Le pare che abbia acquistato il Galaxy Gear sotto tortura? Però ne potrei fare a meno, tante ore del giorno ignoro i messaggi che mi passa.
      L’ho comprato perché non mi ha rivoluzionato il bilancio. Conosco persone che comprano perché non possono farne a meno, poi vanno in ferie pagando a rate. Stando a quello che dice non dovremmo avere opinioni personali? Non dovremmo scrivere delle nostre personali opinioni? Se uno vuole legge, conserva quello che ritiene utile, cestina o salta quello che non vuole leggere.
      Tutti abbiamo facoltà di giudicare, lo facciamo sempre, non nascondiamoci dietro a un dito, poi possiamo avere ragione o meno, questo non ho facoltà per sottoscriverlo.
      Ha detto una cosa giusta, il mercato richiede, ma il mercato lo fa la domanda, prima di tutto, e l’offerta la fa la azienda, col prodotto che fa per guadagnare.
      L’offerta genera la domanda, anche quando non ci sarebbe.
      Proviamo a vedere quante cose abbiamo superflue, quelle ce le ha fatte acquistare il mercato.
      Ne sono lieto, il superfluo oltre che a fare guadagnare le aziende fa lavorare tanta gente, per cui sostengo il superfluo e il benessere, sono sinonimi.
      Penso che sia chiaro il mio pensiero.

      (Francesco Casoli)

      • Firma - FrancescoCasoli
  2. “L’offerta genera la domanda anche quando non ci sarebbe” è come dire in matematica che 2+2=5. Il fatto che un bene sia necessario oppure “inutile” non è discriminante per valutare la composizione della domanda, dipende da una più ampia quantità di fattori. Tutti gli articoli che fanno uscire le grandi aziende di teconologià sono, ovviamente, frutto di accurati studi di mercato che possono definire l’andamento del bene nel mercato non solo odierno ma anche futuro (poi anche questi studi ovviamente sono passibili di errore). Il discorso è che se vogliamo dirla tutta il 90% dei beni in commercio, secondo il ragionamento dello scrittore, sono “inutili” ma come ho scritto sopra le dinamiche di mercato non si basano strettamente sulla utilità del bene e questo penso sia così da svariati anni, se non secoli.

    (Michele)

    • Firma - Michele
    • Buongiorno,
      non posso che confermare quanto Lei dichiara, forse, leggendo i commenti, non è abbastanza evidente che sono un forte difensore dell'”inutile” o superfluo, per dirla in termini meno violenti. Io stesso ho sempre lavorato in aziende che producono, più o meno marcatamente, inutilità: dalle vetture da corsa alle supersportive, agli accessori per auto (custom), a parti di ascensori (forse questo è il meno superfluo che ho fatto). Ovviamente il tempo e la diminuzione del prezzo (dato dai volumi e dal consolidamento delle tecnologie) porta a far diventare indispensabile ciò che spesso era un bene di lusso o sfizio. Nel 1989 in azienda non avevo un PC ma facevo tutto a mano, con fogli a quadretti e righello, inclusi i calcoli.
      Oggi quando in ditta la rete Intranet o Internet salta siamo in troppi a cercare qualcosa per colmare la inattività, alcuni sono costretti a prendere mezza giornata di ferie, io posso andare nei reparti e vedere tante cose che si fanno ancora senza troppa automazione o informatica.
      Senza informatica la maggioranza delle aziende sarebbe alla paralisi.
      Tra 8 anni probabilmente se dimenticheremo lo SmartWatch a casa, dovremo tornare a riprenderlo.
      Saluti.

      (Francesco Casoli)

      • Firma - FrancescoCasoli
  3. Nel caso del superfluo, credo sia più corretto dire che è la pubblicità che genera la domanda. Google si regge sulle entrate pubblicitarie; come pure le tv commerciali (una a caso?). La pubblicità “crea” sogni, poi desideri e poi li trasforma in “bisogni”, cioè in domanda. A quel punto arriva l’offerta. Sull’onda della pubblicità transitiamo allegramente dal necessario al superfluo. Interessante anche il percorso opposto (la “decrescita felice”?): ridurre i desideri al necessario e il necessario all’essenziale. Cose dell’altro mondo. Di un mondo agricolo, bello ma che che non esiste più. Magari ripartiremo da lì dopo la prossima guerra mondiale. Ciò detto, leggo sempre volentieri gli interventi di Francesco Casoli, preciso e puntuale su tecniche e metodi, e scopro sempre qualcosa di nuovo. Il punto di vista di una persona che sa quello che dice e lo dice con la giusta dose di ironia, appunto. Per un curioso come me non è poco…

    (Commento firmato)

    • Firma - Commentofirmato
    • Buongiorno, è vero quanto sostiene, la pubblicità è per definizione promozione, scopo è di generare il bisogno e il consumo, appunto.
      Io ho estremizzato e sostengo che l’offerta in verità è la prima generatrice, nel senso che è consuetudine produrre, disporre di qualcosa, poi pubblicizzarlo.
      Quindi, in realtà, quando compriamo qualcosa molto tempo prima qualcuno ha decretato che dovessimo farlo.
      La ringrazio per l’apprezzamento generale ai miei interventi, non sono un profondo conoscitore delle materie che brevemente tratto, sono un semplice ma convinto utente; il mio unico obiettivo è proprio di stimolare la curiosità delle persone, visto che il nostro Paese, benché ancora industrialmente interessante, è tra quelli più lenti e pigri nel recepire le novità tecnologiche.
      Come detto, il superfluo prima o poi diventa indispensabile, ed è questo che ha portato alla crescita e allo sviluppo.
      Se noi fossimo più curiosi e convinti, saremmo meglio di tanti altri che con meno capacità ci stanno sorpassando, ormai troppe volte.
      Purtroppo la crisi ha troncato tante opportunità di avvicinamento alle nuove tecnologie, il mio consiglio, per chi può, è di rinunciare a qualcosa di non essenziale a favore della tecnologia.

      (Francesco Casoli)

      • Firma - FrancescoCasoli
  4. Sono sempre io. Aggiornamento: leggendo l’ultimo romanzo di Gibson, ho trovato una definizione interessante “Narrazione. I consumatori, più che comprare prodotti, consumano narrazioni.” Saluti.

    (Commento firmato)

    • Firma - Commento firmato