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Documenti / Le parole del vescovo in occasione della giornata delle case della carità

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Riportiamo le parole del vescovo di Reggio Emilia-Guastalla, mons. Massimo Camisasca, pronunciate ieri pomeriggio in occasione della celebrazione della giornata delle case della carità.

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Cari fratelli e sorelle,

carissimi don Filippo, don Romano e suor Ines,

la solenne celebrazione di questa sera è la prima dopo la chiusura del vostro Capitolo generale che ha portato all’elezione dei nuovi superiori, ed è per me l’occasione di ridirvi pubblicamente tutto il mio affetto e la mia stima.

È sempre una festa per me ritrovarmi assieme a tutti voi che, con la vostra presenza fedele e operosa, indicate continuamente alla nostra Diocesi il cuore pulsante della vita cristiana: la carità.

Essa è il cuore della Chiesa e, nello stesso tempo, il cuore di ogni uomo e di ogni donna. Afferma significativamente il Concilio Vaticano II: «il Signore Gesù, quando prega il Padre perché tutti siano una cosa sola, come io e te siamo una cosa sola (Gv17,21), aprendoci prospettive inaccessibili alla ragione umana, ci ha suggerito una certa similitudine tra l'unione delle Persone divine e l'unione dei figli di Dio nella verità e nell'amore. Questa similitudine manifesta che l'uomo, il quale in terra è la sola creatura che Iddio abbia voluto per se stesso, non possa ritrovarsi pienamente se non attraverso un dono sincero di sé» (Gaudium et Spes, 24).

Tutto ciò poggia sulla somiglianza dell’uomo con Dio. In un testo del 1975, commentando questo passaggio della Gaudium et Spes, l’allora arcivescovo di Cracovia, Karol Wojtyła, scriveva: «L’uomo è simile a Dio non solo in ragione della sua natura spirituale, esistendo come persona, ma anche in ragione della capacità a lui propria di comunità con altre persone», di «donarsi» ad altri (cfr. K. Wojtyła, La famiglia come «communio personarum», in Id., Metafisica della persona. Tutte le opere filosofiche e saggi integrativi, a c. di G. Reale e T. Styczeń, Bompiani, Milano 2005, 1466-1468).

In queste parole possiamo trovare il fondamento teologico della felice espressione di don Mario Prandi che riassumeva il vostro carisma attorno alle tre mense: dell’Eucarestia, della Parola e dei poveri. L’Eucarestia, la Parola e i poveri sono infatti espressione di un unico movimento di donazione: di Dio all’uomo e dell’uomo a Dio. Con il suo Corpo e il suo Sangue, con la sua Parola sempre viva, con la sua identificazione nei poveri, Cristo continua a donarsi a noi in ogni tempo e in ogni luogo. Allo stesso modo anche noi abbiamo la possibilità di donarci a Dio nell’offerta del sacrificio eucaristico, nella meditazione della Scrittura e nella condivisione della vita con i più poveri. Scopriamo così come l’amore di Dio e l’amore del prossimo costituiscano un’unica, grande, esperienza. «La carità – afferma san Massimo il Confessore – non va divisa tra carità verso Dio e carità verso il prossimo» (cfr. Epistola II sulla carità a Giovanni cubiculario).

Ancor più profondamente, illuminati dal Vangelo che abbiamo appena ascoltato, scopriamo come, nel mistero dell’Incarnazione, Cristo ci doni la possibilità di amare Dio come lui stesso ci ama.

Gesù è seduto, stanco, sull’orlo del pozzo di Giacobbe. Dammi da bere, dice alla Samaritana. Come è possibile che Gesù, fonte d’acqua viva, chieda da bere a noi? Ho sete, ripeterà dalla croce. Egli, identificato totalmente con l’uomo, avverte tutto il bisogno che noi siamo. Avverte la nostra sete e diventa egli stesso sete, per comunicarsi a noi. Ha sete del nostro amore, della nostra pietà, della nostra compagnia. Ci aspetta nel tabernacolo e nella sua Parola, così come aspetta che noi abbracciamo la sua umanità nei poveri e sofferenti che ci circondano. In loro egli continua a dire ad ognuno di noi: “Dammi da bere, abbracciami, stai un po’ con me”.

Quando noi ascoltiamo questo grido di Gesù, fiumi d’acqua viva iniziano a sgorgare dal nostro cuore, come Egli promette alla Samaritana. Anche noi potremo fare la sua stessa esperienza: mentre pensa di essere lei a dare qualcosa a Gesù, in realtà riceve tutto da lui. La sua vera identità, la riconciliazione con la sua vita passata e l’ardore missionario la lanciano incontro agli altri per raccontare a tutti la bellezza e la misericordia di Colui che ha incontrato.

Chiediamo al Signore, in questa santa Messa, di donarci un cuore attento e generoso, docile alla sua parola e pronto nel servizio, perché tutta la nostra vita possa essere, come amava ripetere don Mario Prandi, una “liturgia continua” di amore donato e ricevuto.

Per l’intercessione di santa Teresa d’Avila, chiedo una benedizione speciale per tutti voi, in particolare per i nuovi superiori e per coloro che oggi, nel segreto del loro cuore o pubblicamente, consacrano a Dio la loro vita. Possa la vostra donazione impetrare l’aiuto del Signore per tutte le necessità della nostra Chiesa.

Amen.