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Zobbi, indagato a Mantova

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C'è anche l'imprenditore villaminozzese  Tarcisio Zobbi, ex consigliere provinciale Udc, in una branca d'indagine della direzione distrettuale di Brescia che già aveva individuato l’ex parlamentare Franco Bonferroni.

Siamo a Mantova, dove l’imprenditore Antonio Muto, nato a Cutro (Crotone) ma da anni nel mantovano dove si era guadagnato un posto di rilievo nel gotha delle costruzioni. Aveva intessuto a Roma una rete per far pressioni sul Consiglio di Stato e sul ministero dei Beni culturali in modo da ottenere il via libera per la lottizzazione Lagocastello, sulla sponda sinistra del lago Inferiore di Mantova. E nella sua rete sarebbe riuscito a coinvolgere il sindaco di Mantova Nicola Sodano, 57 anni, originario di Crotone ma da 40 anni trapiantato a Mantova, il presidente emerito del Consiglio di Stato Pasquale De Lise, gli ex parlamentari del Pdl Luigi Grillo e Franco Bonferroni e l’ex consigliere provinciale di Reggio Emilia Tarcisio Zobbi.

Ne danno ampia notizia i giornali e i siti on line di oggi: sia Bonferroni che Zobbi risultano indagati per un presunto giro di mazzette che riguarda la lottizzazione di Lagocastello. "Un bosco sulla sponda sinistra del lago Inferiore a Mantova. Se l’indagine è partita dall’operazione per contrastare la ‘ndrangheta, i reati contestati non riguardano l’associazione mafiosa - scrive Sabrina Pignedoli sul Carlino Reggio -. L’imprenditore Antonio Muto, 52 anni, originario di Cutro, ma residente a Curtatone nel Mantovano, voleva costruire in quell’area. Secondo quanto ricostruito dai carabinieri mantovani, il sindaco di Mantova Nicola Sodano remava nella stessa direzione del costruttore perché avrebbe affidato al suo studio di architetti il progetto. Ma il Tar boccia la lottizzazione. La strada è quella di far ricorso al Consiglio di Stato. Ma qui non si può rischiare di perdere. Per cui Muto e Sodano decidono, di comune accordo, di oliare gli ingranaggi. Lo dimostrerebbero le intercettazioni ambientali e telefoniche effettuate dai carabinieri e contenute in un’informativa consegnata alla Dda di Brescia. Il primo passaggio è quello di agire direttamente sul Consiglio di Stato. Muto e il commercialista Attilio Fanini, nel novembre del 2011 fanno pressioni sull’ex senatore del Pdl Luigi Grillo perché agisca sul presidente emerito del Consiglio di Stato, Pasquale De Lise. In cambio, il parlamentare si impegnerà per la nomina di quest’ultimo all’authority dei trasporti. Per questa operazione il costruttore 52enne versa 60mila euro: 50mila al commercialista e 10mila al sentore. Evidentemente l’affare finale della lottizzazione lo ripagherà delle perdite. Ma non è la sola strada che Muto percorre per ottenere la possibilità di costruire nel bosco di Lagocastello. Le parti resistenti (cioè contrarie al ricorso di Muto) davanti al Consiglio di Stato sono il Comune di Mantova e il Ministero dei beni e delle attività culturali. Se fosse possibile trovare un accordo con il Ministero, si eviterebbe il passaggio al Consiglio di Stato. Per questo Muto vuole ‘agganciare’ il sottosegretario Roberto Cecchi chiedendo aiuto all’ex senatore reggiano Franco Bonferroni e il politico a lui vicino Tarcisio Zobbi, già consigliere provinciale in città. Un intervento che, secondo quanto emerso nelle carte degli inquirenti, non sarebbe stato gratuito. Per questo anche i due politici reggiani risultano indagati dalla Dda di Brescia. Nel frattempo, Muto fa consegnare al Ministero un nuovo progetto corretto e riveduto dallo studio di architetti del sindaco Sodano. Ma, nonostante il costruttore si sia dato molto da fare e abbia bussato a tante porte di politici importanti, non è riuscito a ottenere quanto chiedeva: il Consiglio di Stato, infatti, ha sonoramente bocciato il ricorso e Lagocastello è rimasto un bosco".

Il nome di Zobbi compare in alcune intercettazioni di telefonate fra l’esponente politico reggiano e l’imprenditore Giulio Lampada. Dalle telefonate traspare una promessa di appoggio a Zobbi, candidato alla Camera per l’Udc nelle elezioni del 2008, in cambio di un suo sostegno a caldeggiare presso Casini la candidatura del medico Vincenzo Giglio, cugino e omonimo del magistrato e anch’egli arrestato in questi giorni.

"Zobbi - ricostruisce Telereggio - si è detto stupito di essere finito nelle carte dell’inchiesta". "Nel 2008 ero candidato alle politiche – ha detto – ma alle politiche le preferenze non esistono. Non so di che appoggi si stia parlando".

Sia Bonferroni che Zobbi non risultano sottoposti a misure cautelari. La Gazzetta di Reggio spiega: "il 28 gennaio scorso, al culmine dell’inchiesta, è stata perquisita all’alba l’abitazione di Bonferroni: «Al di là del decreto di perquisizione – spiega l’avvocato Romano Corsi che tutela l’ex deputato – il mio assistito non ha mai ricevuto nessuna informazione di garanzia. Comunque Bonferroni protesta la sua estraneità a qualsiasi accusa»".

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