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Lettera / Terremoto: la parola d’ordine è “prevenzione”

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Riceviamo e pubblichiamo.

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E' da mercoledì 23 agosto che spero e prego per tutte la persone che sono rimaste coinvolte nel terremoto. Spero e prego che chi è in vita possa trovare la forza di "andare avanti" e prego per chi ci ha lasciato forse – e speriamo sia così - senza potersene nemmeno rendere conto.

Grazie a tutte le persone che si sono offerte di aiutare coloro che, data la situazione, non hanno più nulla. Grazie alla Protezione civile, all'Esercito, a tutti i volontari e a coloro che si adoperano per alleviare le sofferenze delle persone coinvolte in casi drammatici come quello che purtroppo è accaduto.

Io vorrei poter essere utile e mettere a frutto ciò per cui ho studiato ma purtroppo ciò che ci riserva il futuro non è sempre in accordo con i nostri progetti.

Non ho perso una parola di quanto stato detto dalle persone rappresentanti le istituzioni e spero che prevenzione possa essere finalmente e veramente la parola d’ordine a partire da adesso!

Nel 1987 e nel 1989 ho avuto la possibilità di partecipare ai convegni di geofisica a Erice, ero ancora una studentessa universitaria e già allora il professor Enzo Boschi (presidente dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia – Ing - e docente di sismologia all’Università di Bologna) poneva con forza l’attenzione sulla prevenzione poiché è questa l’unica reale difesa che possiamo avere di fronte all’accadere del terremoto, fenomeno che ancora oggi non è possibile prevedere con certezza. Si possono fare analisi statistiche, basate in gran parte sul tempo di ricorrenza, analisi di pericolosità del territorio, studiando la composizione del terreno e la morfologia della regione in esame, le varie tipologie di costruzione, ecc. Ciò che ancora non si può fare è una sorta di “previsione meteorologica” del terremoto.

A oggi sono passati trent’anni da quando frequentavo l’università e sono passati quarant’anni dal disastroso terremoto del Friuli: perchè siamo ancora disarmati di fronte a tali eventi?

Ok, la prevenzione costa troppo, la previsione non è ancora possibile e allora? Non si può sempre confidare nella fortuna!

Noi, abitanti di Castelnovo ne’ Monti e residenti nel comune, non siamo in zona rossa o zona 1 ma siamo ai confini con la Garfagnana, territorio che nel 1920 fu funestato da un terremoto devastante. Allora per “misurare” i danni prodotti da un terremoto si usava la scala Mercalli (Mercalli Cancani Sieberg era la più aggiornata); essa era basata sull’intensità che, grado per grado, indicava i danni provocati alle cose, agli edifici e al suolo in base all’osservazione umana; ora la scala utilizzata è la Richter, che si basa sulla misura delle ampiezze delle oscillazioni registrate da strumenti predisposti per rilevare l’energia emanata. La Richter è una scala logaritmica e ciò significa che, per es. (se usiamo i logaritmi in base 10), tra il 5° e il 6° grado c’è una differenza di energia emessa pari a circa 900.000 unità di misura (6–5). Ecco perché dobbiamo assolutamente essere informati riguardo a tale fenomeno.

Ritengo che il compito/dovere di ogni cittadino sia controllare in quale fascia di rischio sismico appartenga la zona di abitazione e quindi adoperarsi per cercare di evitare sciagure che - più o meno - sono probabilmente annunciate, cercando di rendere la propria casa il più sicura possibile. Ne va del bene più prezioso che abbiamo la nostra vita!

Le carte che illustrano il rischio sismico di tutte le regioni d’Italia sono disponibili sul sito dell’Ingv (www.ingv.it). Consultiamole e informiamoci!

Grazie ancora a chi si adopera per poter alleviare il dolore di chi è rimasto vittima della calamità e a chi studia per poter limitare i danni e le sorprese che ci riserva la naturale evoluzione del nostro pianeta Terra che, nonostante tutto, ancora ci ospita.

(Gloria Lavagnini)

 

4 COMMENTS

  1. Ritengo che l’adoperarsi per evitare gli effetti delle sciagure naturali sia compito dello Stato. Il dovere del cittadino è di non essere inadempiente rispetto a leggi e prescrizioni. A meno che non si intenda che tutti devono assicurarsi rispetto al terremoto, garantendo in questo modo alla finanza internazionale un’ulteriore ricarica di denaro fresco, da incanalare in una delle bolle speculative prossime venture. Il problema, comunque, è che per assicurarsi la casa deve essere in regola con le norme europee. Come la mettiamo in regola? Ognuno a sue spese? Con il contributo delle Stato? Lo Stato non può contribuire, perché i vincoli europei non glielo consentono (vedremo come va a finire, con i pugni del Presidente del Consiglio battuti sul tavolo europeo). Le leggi approvate con Monti presidente hanno limitato moltissimo (per risparmiare) la capacità di spesa della Protezione Civile. La prevenzione sismica, in questo momento, è una “spesa pubblica improduttiva” non finanziabile dallo Stato (in pareggio di bilancio, vuol dire che deve tagliare altre spese, magari la Sanità?) e non riconosciuta a Bruxelles, che dà la precedenza all’efficienza energetica (perché nel Nord Europa fa freddo). Guarda caso, gli unici Paesi a forte sismicità, in Europa, sono l’Italia e la Grecia…

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  2. Credo che si debba pensare anche alle strutture pubbliche come le scuole. Io, da mamma, voglio essere sicura che i miei figli siano in strutture adeguate e che possano far fronte a eventi che purtroppo sono “naturali”. Non dimentichiamoci quanto accaduto in Molise nel 2002.

    (Barbara)

    • Firma - Barbara
    • Signora, sono assolutamente d’accordo. Gli edifici pubblici e, in primis, le scuole, andrebbero messi in sicurezza. Purtoppo, abbiamo messo in Costituzione l’art. 81 (pareggio di bilancio) e i vincoli europei. Quindi c’è il patto di stabilità che impedisce ai Comuni di spendere, anche quando hanno i soldi. Insomma, visto che, secondo la Commissione Europea, abbiamo un debito pubblico un po’ alto, non possiamo permetterci di spendere soldi pubblici, se non tagliando altra spesa pubblica. Da dove vogliamo iniziare? Sanità? Pubblica sicurezza? Pensioni? Istruzione? Oppure, potremmo privatizzare, che è molto di moda, ultimamente: chi ha i soldi va nella scuola antisismica, gli altri faranno come possono. Qui da noi, molti adeguamenti nelle strutture pubbliche sono stati fatti in passato, quando si poteva spendere, ma adesso la situazione è cambiata: i soldi si chiedono a Bruxelles.

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