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Sos Lupo: la Liguria si appella ai nostri esperti

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Il lupo ligure sarà monitorato dagli esperti del Parco nazionale del Wolf Appennine Center (Wac). E' quanto è emerso dopo che il direttivo del Parco nazionale si è riunito al Passo di Pradarena, presso l'albergo "Carpe Diem".  Tra i punti all’ordine del giorno, infatti, il Parco ha approvato un importante accordo tra il Wolf Apennine Center e la Regione Liguria che a giorni verrà ratificato.

“Il Wac, istituito presso il Parco nazionale dell'Appennino tosco-emiliano – spiega il presidente del Parco, Fausto Giovanelli - è il centro permanente di riferimento istituzionale per la gestione del Lupo su scala interregionale. In questo quadro la convenzione con la Regione Liguria, va ha rafforzare il campo d’azione dei tecnici del Parco, riconoscendo loro competenza, affidabilità e capacità tecniche. Per il rigore scientifico e i risultati ottenuti nella mitigazione del conflitto tra Lupo e insediamenti produttivi silvo-pastorali, il Wac è una risorsa per tutti. Infatti, mentre le criticità dovute alla presenza del Lupo sono senz’altro fenomeni locali, spesso risolti caso per caso, la gestione dei predatori deve essere necessariamente programmata ed effettuata in un area più vasta. In questo senso sono importanti le convenzioni sottoscritte, prima con l’Emilia-Romagna e ora con la Liguria”.

L’accordo tra Wac e Regione Liguria ha un altro risvolto importante. Anche in molte zone dell’Appennino ligure si pone il problema dell’ibridazione lupo-cane e per questo la Liguria intende partecipare alle ricerche svolte nell’ambito del progetto Life M.i.r.co-Lupo.

“La convenzione – spiega il responsabile Willy Reggioni - prevede che saranno adottate dalla Liguria, in collaborazione e con il supporto del Wac, le soluzioni gestionali, sia quelle sperimentate nell'ambito del progetto Life M.i.r.co-Lupo rispetto al problema dell'ibridazione lupo-cane (cattura, sterilizzazione e rilascio), sia quelle finalizzate alla mitigazione del conflitto lupo-zootecnia che da anni il Wac adotta ed ‘esporta’ all'esterno del Parco nazionale (prevenzione, sensibilizzazione, supporto alle asl). Come è evidente i lupi non conoscono confini amministrativi e per noi è molto importante poter lavorare su un’area più grande e significativa. Anche per questo stabilire rapporti di collaborazione con diverse istituzioni e offrire il nostro contributo scientifico è fondamentale”.

In base all’accordo, tra le altre cose, il Parco nazionale si impegna a mettere a disposizione della Regione Liguria le strutture, le attrezzature e il personale afferente al Wolf Apennine Center e al progetto Life M.i.r.co–Lupo per il coordinamento delle attività di monitoraggio delle popolazioni di lupo sull’intero territorio regionale e degli eventuali ibridi; di svolgere attività di consulenza e informazione nell’ambito della mitigazione del conflitto con il settore zootecnico e in materia di prevenzione e accertamento dei danni;  nonché di supporto nelle attività di informazioni e sensibilizzazione dell’opinione pubblica locale e dei portatori di interesse. La Regione si impegna, tra le altre cose, a coinvolgere ed avvalersi del personale afferente al Wac nelle diverse attività di formazione del personale interno, monitoraggio, eventuali recuperi, informazione, sensibilizzazione e gestione.

3 COMMENTS

  1. Finalmente, vedete, era solo una questione di tempo. Politici, Parco, luminari, hanno risolto il nodo spopolamento dal nostro appennino di giovani, cervelli, maestranze, Diventeremo tutti lupologi, per la gioia di Cappuccetto Rosso. Mah… Saluti.

    (Luca)

    • Firma - luca
  2. Domanda: qual è la soglia minima di persone stanziali sul territorio dell’Appennino affinché si inneschi il fenomeno di esperti umanologi per lo studio e il ripopolamento? Perché mi pare si pensi a tutto tranne che a salvaguardare le persone che abitano l’Appennino.

    (MB)

    • Firma - MB
  3. Penso anch’io che torni utile il “poter lavorare su un’area più grande e significativa”, anche perché “i lupi non conoscono confini amministrativi” come qui si dice, e uguale principio dovrebbe allora valere pure per gli ibridi lupo-cane, mentre non sembra essere propriamente così, dal momento che sempre qui si ripropongono interventi di cattura, sterilizzazione e rilascio, quando sul nostro versante il problema dell’ibridismo pareva essere ormai definito e chiarito, e dunque i confini per gli ibridi invece funzionerebbero, almeno in apparenza, diversamente dai lupi puri, ma andiamo comunque con ordine per non “prendere lucciole per lanterne”. In un precedente articolo di Redacon, ossia quello di 21.10.2016, dal titolo “Un esaustivo incontro ha fornito tutti i dettagli sulla situazione del lupo in Appennino”, si definivano gli esemplari ibridi “testati” come soggetti che “presentano solamente tracce del patrimonio genetico del cane e sono molto spesso indistinguibili dai lupi puri”, trattandosi di “ibridi introgressi, ovvero di animali appartenenti a generazioni molto successive a quella che deriva dall’accoppiamento tra un cane e una lupa”, e tale dato scientifico sembrava dunque confermare l’opinione di quanti, dalle nostre parti, dubitavano della reale presenza di soggetti ibridi (e del resto le ormai numerose immagini di avvistamenti, via via comparse sulla stampa locale, ci hanno sempre mostrato animali aventi le indubbie sembianze del lupo). Col risultato di quello studio genetico, fornitoci giustappunto nell’ottobre scorso, la questione pareva dunque essere per così dire risolta, nel senso che l’ibridazione costituirebbe un accadimento piuttosto lontano nel tempo e un fenomeno statisticamente abbastanza marginale, ma forse occorre continuare la mappatura genetica e anzi estenderla, in modo da poter disporre di un campione più rappresentativo e forse sull’altro versante appenninico l’ibridazione lupo-cane assume caratteristiche differenti da quelle dell’ambito reggiano, pur se i naturali spostamenti di animali e branchi fuori dai perimetri amministrativi dovrebbero di fatto equipararle, ossia aver creato condizioni sovrapponibili anche riguardo all’ibridismo, tra territori vicini e sostanzialmente contigui. In ogni caso, dando per opportune, se non necessarie, ulteriori e più ampie ricerche, il loro insieme comporta verosimilmente un impegno non irrilevante, risorse economiche incluse, il che può avere le sue intuibili ragioni, anche sul piano scientifico, ma andrebbe però accompagnato da una pari attenzione verso l’uomo, attraverso azioni che cerchino di frenare ed invertire lo spopolamento della montagna, azioni che finora non si percepiscono a detta dei più, tanto da ispirare sentimenti di crescente sfiducia, e i primi due commenti potrebbero esserne un esempio, al punto da far supporre a taluni che chi “governa” i destini della montagna prediliga e privilegi, in fondo in fondo, un ambiente montano il più possibile “rinaturalizzato”, reso cioè quanto più idoneo possibile ad ospitare la fauna selvatica (ma forse sono impressioni del tutto sbagliate, che prendono “fischi per fiaschi).

    (P.B.)

    • Firma - P.B.