Home Cronaca “Dove sono finiti i soldi di Petroni?”

“Dove sono finiti i soldi di Petroni?”

76
0

La dottoressa Maria Russo è un broker assicurativo. Sposata con un vettese, l’ingegner Giuseppe Bizzarri, residente a Vetto con società di brokeraggio Bizzarri srl, con sede a Milano.

“Ho iniziato questo lavoro con mio marito nel 1986 – spiega la dottoressa Russo -. Il nostro lavoro consiste nell’analisi dei rischi e delle relative  coperture assicurative di piccole e medie imprese, che spesso presentano vaste aree di scopertura. Oltre alla società di brokeraggio abbiamo una società denominata Risk Management srl: in sostanza cerchiamo di tutelare i nostri clienti prevenendo i rischi e assicurando in modo corretto le imprese”.

Si definiscono leader nel settore della responsabilità civile professionale e punto di riferimento di ingegneri, architetti, professionisti in genere, società di ingegneria in tutta Italia. Con lei commentiamo il caso di Sergio Petroni, ex agente del gruppo Ina-Assitalia recentemente condannato per una truffa che, nel nostro Appennino e non solo, ha coinvolto oltre trecento persone per un valore complessivo di circa dieci milioni di euro.

Quando e come ha saputo della cosiddetta truffa legata all’ex compagnia Ina-Assitalia?

“Dell’arresto di Petroni ho letto subito attraverso i giornali. Inoltre ho saputo che un nostro parente era stato convinto a investire diverse centinaia di migliaia di euro, dietro rilascio di polizze, risultate poi inesistenti”.

Per lui c’era il rischio di non rivedere i propri risparmi?

“Essendo Petroni originariamente sub agente Ina-Assitalia, dipendente quindi dall’agenzia generale di Reggio divenuta successivamente Generali, questa era obbligata a risarcire i truffati. In questo senso ho rassicurato il nostro familiare che di fatto, sin qui, aveva perso tutti i suoi risparmi”.

La compagnia di assicurazioni come si è mossa?

“Generali ha inviato subito a Castelnovo ne' Monti un suo dirigente coadiuvato da un legale del posto. Dopo avere denunciato il fatto ai carabinieri, come da obbligo, abbiamo quindi prodotto tutta la documentazione diligentemente tenuta dalla persona che stavamo seguendo: tutte le ricevute, risultate false, e tutte le copie di polizze contraffatte ad arte, nonché copia degli assegni versati al signor Petroni".

Come erano state contraffatte?

“Petroni aveva sostituito il frontespizio di polizze intestate ad altri, intestandole ad esempio al nostro famigliare con carta contraffatta, quindi le polizze in suo possesso erano formalmente intestate ad altri”.

Investimenti particolarmente remunerativi…

“Ogni anno gli rilasciava ricevuta per presunti interessi , dal 5 al 10 % (sic) che immediatamente diceva di reinvestire”.

Petroni in Tribunale. (Foto www.lavocedireggioemilia.it)

Poi c’è la questione assegni di traenza, quella particolare tipologia di assegni emessi da compagnie di assicurazioni (ma anche altri grandi aziende o enti) per effettuare un pagamento o un rimborso a un utente o a un cliente di cui non conoscono gli estremi bancari.

“Al momento della quantificazione degli ammanchi, Generali ci informava che il nostro famigliare aveva incassato personalmente un assegno firmato per traenza di 50.000 euro. Abbiamo richiesto copia dell’assegno alla banca che, obbligata, ci ha fornito la copia ove era evidente che la firma apposta era falsa. L’assegno, per traenza, non poteva essere incassato da altri se, potrebbe essere un’ipotesi, non vi fosse stato un direttore o impiegato compiacente”.

Se confermato sarebbe un fatto molto grave.

“Anche in questo caso Generali ha aggiunto il valore dell’assegno al risarcimento. Generali ha pagato subito, una volta finita l’istruttoria e verificate le cifre.  Le compagnie, va detto, sono a loro volta assicurate contro questi rischi. La truffa a mio avviso ha avuto altri complici, forse non ancora identificati. Generali correttamente ha pagato e sta pagando coloro che possono dimostrare di avere dato effettivamente dei soldi, in modo trasparente, con relative ricevute, fidandosi del fatto che l’agenzia esisteva da oltre 40 anni. Infatti, era già subagente il papà di Petroni”.

Quindi il tema di chi ha dato a Petroni soldi in contanti.

“Chi dava soldi in contanti, magari proventi non del tutto limpidi, difficilmente sarà risarcito. Da un lato non conviene loro dire che affidavano del nero a Petroni, dall’altro non è ingaggiata la responsabilità di Generali. La compagnia si è mossa con tempestività e competenza, per evitare contenziosi, essendo chiaro che erano responsabili degli effetti dell’attività truffaldina di Petroni, ove però era provato, con documenti, che gli erano stati affidati soldi, di cui era dimostrabile la provenienza. Nel nostro caso non abbiamo aderito a nessuna associazione, non ci siamo rivolti a nessun legale, dal momento che Generali ha pagato e pagherà coloro che avevano agito in buona fede e potevano dimostrare che le transazioni erano avvenute regolarmente”.

Così non è stato per tutti.

“Sicuramente l’entità della truffa ha fatto emergere diverse situazioni ove in alcuni casi  i truffati consegnavano del contante, non potendo versarlo in banca, perché magari non dichiarati al fisco, senza alcuna ricevuta, sulla parola. Si erano quindi illusi di avere trovato il modo di ripulire i loro soldi”.

Quindi non si parlava più di interessi ma di nero?

“Il problema quindi non era tanto investire quanto ripulire il nero. Non dimentichiamo che l’evasione oggi in Italia ha raggiunto livelli altissimi, e negli anni in cui ha operato Petroni, ante crisi, operavano e prosperavano a Reggio e provincia molte imprese. Il fenomeno dell’evasione è assolutamente trasversale e coinvolge imprese, artigiani, commercianti e professionisti. In questi casi, se non vi è traccia dei soldi versati, la compagnia non è obbligata a pagare, mentre gli aventi diritto non hanno nulla da temere e, per le posizioni ancora aperte, saranno risarciti”.

Rimane un aspetto non di poco conto e che vede le Generali costituita parte civile. Per riavere da Petroni i soldi che la compagnia ha risarcito. Dove possono essere finiti?

“Non ho mai conosciuto Petroni, ma non credo che abbia potuto spendere tutto, nonostante il tenore di vita elevato. Sicuramente aveva dei complici. Sicuramente non era tra questi l’Agente Generale di Reggio, che lo ha denunciato per primo e che era subentrato solo da un anno. Da lui abbiamo avuto tutto il supporto per verificare la posizione del nostro famigliare e la validità delle polizze in nostro possesso. Probabilmente a Petroni sono venuti a mancare gli appoggi di cui godeva, che sicuramente non erano disinteressati, magari funzionari di banca compiacenti trasferiti altrove. Posso solo fare delle ipotesi, non avendo prove se non indirette, come l’assegno incassato illegittimamente da Petroni. O ha pagato dei complici, o ha investito in cose non facilmente rintracciabili, oro fisico ad esempio, diamanti, pietre preziose, che hanno il vantaggio di essere facilmente vendibili ed occupare poco spazio”.