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“Dieci piccoli film per qualcosa di nascosto”. Racconti di Emanuele Ferrari. Due – Le processioni

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Due – Le processioni

All’inizio tra gli altri ricordi che vengono fuori di notte c’è anche questo di quando a partire dal mese di maggio e per tutta l’estate andavo alle processioni a fare il chierichetto.

Questa cosa del chierichetto me l’aveva messa in testa il mio amico Panino che lui l’aveva fatto per tanti anni e diceva soprattutto coi funerali e le processioni si rimediavano delle buone mance, ma lui a un certo punto aveva dovuto smettere perché quando si arriva a una certa età il chierichetto non te lo fanno più fare, si vede che sei diventato troppo grande e non so se per il fatto che non ci sono più le vesti per i chierichetti grandi o perché un chierichetto grande somiglia troppo a un prete, magari anche a un prete capitato lì per caso e un po’ maldestro; ma il fatto è che da un giorno all’altro Panino non è potuto più venire a fare il chierichetto, a tenere la croce e guidare il corteo e così siamo rimasti da soli nelle processioni.

Alle processioni si partiva sempre lentamente e la gente iniziava a pregare a voce bassa e solo quando il prete si fermava queste voci si sentivano più forti e poi io mi guardavo intorno e vedevo molte donne e spesso erano più vecchie di mia madre anche se mia madre mi ha sempre insegnato a dire che non erano vecchie ma solo anziane.

C’erano allora tutte queste persone, per lo più donne e per lo più anziane come diceva mia madre. Donne che si mettevano in fila e pregavano e ogni tanto cantavano anche e io ero quasi sempre in testa, mi voltavo e pensavo che Panino forse non si sarebbe voltato a guardare, perché lui era il chierichetto più esperto e più grande e riusciva a camminare con la croce in mano solo guardando avanti e con il passo giusto e il ritmo che serviva, sempre rispondendo alla preghiera o alla litania.

Poi io sentivo che c’erano delle strane parole dentro le processioni e a volte il Tantum ergo sacramento diventava una cosa come Canta il merlo nel frumento e io m’immaginavo proprio un merlo nel granaio che saltellava e si guardava intorno con il becco arancione. Poi alle processioni capitava di stare molto tempo fermi intorno a delle maestà o tabernacoli e io vedevo la gente riunita che baciava queste immagini o piccole statue della madonna di Cristo o dei santi e alcuni direttamente con la faccia e altri invece si baciavano la mano e poi posavano il bacio con la mano sulla faccia o sul corpo della madonna di Cristo o dei santi e quando vedevo questa cosa del bacio posato con la mano, io pensavo che quel genere di bacio era come un bacio nascosto, un modo per fare una cosa senza farsi vedere, un modo per toccare senza toccare.

Poi ricordo una volta, qualche giorno prima della fine del mese di maggio, venne a piovere improvvisamente e alla fine eravamo rimasti solo io e don Nando davanti alla statua di pietra di un signore con la barba che non mi sembrava Cristo e tantomeno la madonna e forse un santo ma di cui non sapevo il nome e vicino c’era anche un piccolo asino o cavallo ma troppo piccolo per sembrare vero. Così don Nando mi guardava e diceva potevamo andare e che se restavo ancora un po’ mi sarei bagnato come un pulcino e quella processione l’avremmo finita un’altra volta, ma adesso era proprio ora di andare, andarsene via, finire così da qualche altra parte.

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