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Contadini e cittadini: un contributo di Enrico Bussi

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Le due componenti del corpo sociale

Enrico Bussi

Cittadini e contadini sono parti molto diverse e se stanno in equilibrio la società prospera. In passato i contadini erano la maggioranza sottomessa a vari regimi e oggi diventati una piccola minoranza (5% contro il 95% di cittadini) non ricevono alcun potere dall’ordinamento italiano. Tuttavia rimangono fondamentali per due ragioni, nutrono tutti col cibo e nessuno dei cittadini riesce a sostituire il contadino, soprattutto in montagna. La differenza profonda tra i due tipi umani sta nel modo in cui vengono allevati e si può descrivere lo sviluppo del loro carattere nello stesso modo che definisce lo spazio con i due assi cartesiani, quello verticale e quello orizzontale.

In linea verticale cresce il contadino. Percorre un tipo di esistenza in cui viene esercitato ad arrangiarsi facendo crescere ogni tipo di capacità e cognizione, utilizzando le risorse naturali offerte in un ambito ristretto, facendo tesoro dell’integrazione profonda tra generazioni famigliari e tra persone cresciute in modo simile a completare le filiere del cibo (casaro, norcino, cuoca…) e del legno (taglialegna, falegname…). La società contadina dell’Appennino reggiano ha imparato a coltivare la terra e l’albero, ad allevare, mungere, trasformare il latte e le carni, a cucinare i piatti entrati nella tradizione, a impiantare castagneto, cerreto, faggeto, a costruire pozzi, fontane, strade e custodire il tutto. Oggi deve conoscere la genetica e mezzi complessi forniti dall’industria che possono funzionare se è capace di fare la manutenzione corretta o la riparazione semplice per non cercare ogni volta aiuto lontano dall’azienda e dalla casa. E poi adesso si chiede al contadino l’accoglienza e la convivenza col selvatico, di tutelare la biodiversità sul campo e di sgombrarla sul cammino, condizioni opposte e ritenute necessarie per l’attrazione turistica. Nello stesso tempo il contadino deve affrontare il mercato delle innovazioni e dei prodotti per compensare le maggiori fatiche imposte dal coltivare la montagna rispetto alla bassa. Fornire cibo a prezzi calanti imposti da una sempre più grande distribuzione, promozione, globalizzazione.

In linea orizzontale viene educato il cittadino. Potrà operare stando in piedi o preferire un posto assettato, in ogni caso la sua competenza sarà definita in un preciso segmento attraverso la specializzazione. Nel lavoro avrà molti altri al suo fianco con responsabilità ben separate sopra e sotto. Il tempo scandito dall’ora di apertura e di chiusura, la settimana lavorativa con l’intervallo del fine settimana, le ferie da sfruttare intere o con i ponti in calendario, il reddito, il riposo, le cure, la pensione fissate dal contratto collettivo.

Se la differenza delle due componenti del corpo sociale viene considerata poco o molto si ottiene un risultato diverso nello sviluppo complessivo. Per esempio, andiamo a  vedere in un confronto.

In Italia il sistema educativo riconosce solo i cittadini, è stato consolidato durante una storia antica, coltivato dalla scuola moderna e rilanciato promuovendo nuove esigenze urbane.

In Germania le famiglie dei contadini hanno ottenuto nell’Ottocento la gestione di una loro scuola adatta a far vivere la campagna e dal Novecento riescono a frenare la fuga dalla periferia governando la ricerca di innovazioni adatte, l’aggiornamento continuativo di fronte ai cambiamenti, il lavoro sostitutivo per uomini e donne, in azienda e in casa di fronte ai bisogni ordinari (riposo, viaggio, istruzione, cure ai figli, agli anziani) e straordinari (malattia, infortunio).

L’Italia importa le carni e i latticini prodotti  nella montagna bavarese mentre abbandona due terzi del suo territorio costituito da montagne, desidera la crescita economica, non considera decisiva la presenza contadina e arretra. La montagna reggiana ha votato nel Duemilaventi per estendere vecchi e nuovi apparati cittadini, il consenso è andato a chi propone più posti per stringere confini e controlli o a chi spende per stimolare appetiti e attrazioni. Però siamo agli sgoccioli, urge correggere il tiro dando risposte al bisogno prioritario di curare ogni famiglia contadina ancora presente sul territorio, la sua estinzione ha già colpito lungo le valli e dopo non c’è più rimedio.

Enrico Bussi

1 COMMENT

  1. Nel leggere del contadino che viene “esercitato ad arrangiarsi facendo crescere ogni tipo di capacità e cognizione …..”, come qui troviamo scritto, mi vengono alla mente figure di agricoltori di altre generazioni che ho fatto in tempo a conoscere, i quali, oltre alla conduzione dei campi, già di per sé alquanto impegnativa, sapevano ingegnarsi in varie direzioni, prima fra tutte il “metter mano” agli strumenti di lavoro, ossia ripararli e semmai fabbricarseli, oltre ad utensileria varia, anche di casa, e c’era chi riusciva a farlo con molta maestria (e che dire di chi dispensava un avveduto proverbio per qualsiasi evenienza !).

    Ora il modo di procedere è parecchio cambiato, anche nel mondo rurale, ma conosco nondimeno agricoltori dell’oggi talentuosi e versatili nel senso che dicevo, oltre a cavarsela piuttosto bene coi mezzi “moderni” che la tecnica mette a disposizione nella gestione aziendale, vedi tutte le operazioni computerizzate, a conferma di quanto formativa poteva e possa essere la cultura contadina, che potremmo definire “generalista” secondo l’odierna terminologia (rispetto alla concezione per così dire “specialistica” che attualmente sembra aver preso il sopravvento, o comunque guadagnare sempre più spazio).

    Resta in ogni caso da capire perché mai nel nostro Paese l’esodo dalla terra è stato molto più forte in rapporto ad altri Stati europei, secondo quanto si legge o ascolta, e se in proposito possono aver giocato differenti ragioni – qui viene riportato l’eloquente esempio della Germania – io credo che da noi possa aver contato in buona misura anche la mancata legittimazione sociale patita decenni fa dalla agricoltura, che spinse tanti giovani ad abbandonare il lavoro della terra, e che in qualche modo perdura ancora (pensiamo all’insofferenza che molti manifestano nei confronti dell’odore di stalla e di stallatico).

    Peraltro, salvo che io sbagli, vi sono strumenti urbanistici che sembrano improntati alla logica di allontanare quanto più possibile gli allevamenti zootecnici dalle zone a vocazione abitativa, mentre fuori dal Belpaese pare non essere così – stando almeno a quanto può constatarsi allorché capita di visitare ambiti rurali dell’eurozona – ma al di là di questo aspetto non è forse campato in aria il chiedersi, coma fa qualcuno, cosa potrà succedere ai nostri prodotti tipici, compresi quelli di nicchia, che per noi sono motivo di giusto vanto, se la contrazione dei terreni agricoli dovesse far scarseggiare la materia prima “autoctona”

    Nel chiudere, dal momento che molti di noi hanno radici “rurali”, pensando ai nostri rispettivi progenitori, verrebbe da dire che da contadini ci siamo trasformati pian piano in cittadini, ma può pure darsi che proprio tali nostre radici ci riportino ad apprezzare il valore della “presenza contadina” (non riesco poi a spiegarmi il significato di quanto dice sul finale l’Autore di queste righe, ossia “la montagna reggiana ha votato nel Duemilaventi per estendere vecchi e nuovi apparati cittadini, il consenso è andato a chi propone più posti per stringere confini e controlli o a chi spende per stimolare appetiti e attrazioni”).

    P.B. 24.02.2020

    P.B.

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