Home Economia Smart working: il punto sulle imprese reggiane nel post Coronavirus

Smart working: il punto sulle imprese reggiane nel post Coronavirus

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Oggi è la festa dei lavoratori. E nonostante sia un momento di particolare difficoltà per tutti è bene riflettere su come sarà il lavoro del domani e come la pandemia influenzerà il mercato per la ricerca di un'occupazione.

Come viene sottolineato da un'analisi della camera di Commercio di Reggio Emilia, le misure di contenimento dell’emergenza sanitaria hanno imposto, e ancora stanno imponendo, una fortissima accelerazione al ricorso al “lavoro agile” – smart working - la metodologia di lavoro che coinvolge, anche se in misura differenziata, tutti i settori economici.

Le imprese reggiane erano pronte – di fronte all’emergenza - ad una accelerazione di tale modello organizzativo aziendale? E relativamente allo sviluppo di nuovi modelli di business, erano attrezzate?

L’analisi evidenzia che, negli ultimi cinque anni, un’impresa reggiana su cinque (precisamente il 21,7%) ha effettuato investimenti per l’adozione di sistemi di smart working, valore leggermente più contenuto rispetto al dato regionale (22,4%) e inferiore di quasi tre punti a quello dell’Italia (24,6%), risentendo evidentemente di una struttura produttiva più orientata alla manifattura. Rispetto ad un anno prima, la percentuale delle imprese con almeno un dipendente dei settori industriali e dei servizi, esclusa la Pubblica Amministrazione, che ha investito sul lavoro agile è cresciuta dello 0,8% (era 20,9% nel 2018).

La situazione appare molto differenziata tra i settori, che non si prestano in egual misura al “lavoro agile”, ma soprattutto è legata alle dimensioni aziendali, che sanciscono le vere e macroscopiche differenze.

Le imprese dei servizi – stando all’analisi settoriale – hanno effettuato gli investimenti maggiori: il 22,3% delle attività del terziario rispetto al 20,8% dell’industria. Relativamente ai diversi comparti dei servizi, alcuni presentano percentuali più elevate, come, ad esempio, i servizi avanzati di supporto alle imprese (41,3%) o gli “altri servizi” (46,4%) che comprendono, fra l’altro, la produzione di software e la consulenza informatica, i servizi di informazione e di comunicazione, le attività assicurative e finanziarie.

A fare la differenza più evidente – come si diceva - è la dimensione aziendale: il 52% delle imprese con 250 dipendenti e oltre ha investito in adozione di sistemi di smart working; la percentuale scende al 40,7% per le aziende che occupano dai 50 ai 249 dipendenti. Per le dimensioni inferiori la quota percentuale si riduce ancora e si ferma al 26,7% per le imprese da 10 a 49 dipendenti e al 17,8% per le microimprese, ovvero fino a 9 dipendenti.

Più rilevanti sono stati, invece, gli investimenti effettuati dalle imprese della provincia di Reggio Emilia per sviluppare nuovi modelli di business: oltre una azienda su tre, infatti, ha orientato i propri investimenti al digital marketing, ovvero all’utilizzo di canali e strumenti digitali per la promozione e la vendita dei propri prodotti o servizi (34% delle imprese); nel 2018 la percentuale era inferiore di quasi quattro punti percentuali e si era fermata al 30,4%.

Il nuovo scenario che le imprese dovranno gestire nel prossimo futuro sarà portatore di notevoli cambiamenti, ma anche di grandi opportunità, anche in campo lavorativo e per i giovani.  Nel 2019, poi, tale richiesta è ulteriormente cresciuta, passando dal 55,3% al 57,8%, la quota percentuale delle imprese che, fra le varie competenze, richiedono ai nuovi assunti di saper utilizzare competenze digitali e più delle metà delle aziende – il 51,5% - necessita di personale che sappia utilizzare linguaggi e metodi matematici ed informatici.

L'accelleratorie sull'innovazione digitale sembra essere stato schiacciato. Sta a noi indirizzarlo nel modo corretto.