Home Cultura Sui passi del padre dall’Inghilterra a Gazzano, complici la pandemia e… Redacon!

Sui passi del padre dall’Inghilterra a Gazzano, complici la pandemia e… Redacon!

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Ci sono gesti che una volta compiuti si ripetono e allargano nel tempo come cerchi nell'acqua e se sono stati gesti di coraggio e generosità ritornano a portare generosità e coraggio.

Quelli che vogliamo raccontare oggi iniziano nel settembre 1943 e raggiungono i nostri giorni, cominciano in una stagione di guerra e ricompaiono in questa pandemia che a tanti richiama il periodo bellico e ad alcuni porta memoria e preoccupazione per gli amici lontani, soprattutto se si è all’estero e si sente parlare di una situazione drammatica in Italia. Il primo pensiero allora è interrogare Google e, se si tratta dei nostri compaesani, a rispondere è spesso Redacon.

È così che nei giorni scorsi in Inghilterra Rosemary Clarke trova notizia di Gemma Verdi, di Gazzano, conosciuta in occasione di un viaggio molto particolare. La notizia non è quella che Rosemary avrebbe voluto leggere: Redacon ne aveva annunciato lo scorso anno la morte come quella “dell’ultima vedova di guerra”.

Ma facciamo un passo indietro.

Qualche anno fa, esattamente il 16 settembre 2011, Gemma, uscendo di casa, fu fermata da un giovanotto in cerca delle persone più anziane del paese: era la guida Francesco Capozucca che faceva da “apripista” alla signora Rosemary Clarke giunta dall'Inghilterra per ripercorrere il cammino del padre in fuga dopo l’8 settembre dal carcere di Fontanellato, incontrare le persone più anziane del paese per avere informazioni sui militari alleati passati da Gazzano dopo l’otto settembre e ringraziare chi lo aveva aiutato e accolto a rischio della vita. Gemma aveva allora 94 anni e la cognata Italia Gigli 97.

Rosemary, che soggiornava nel vicino albergo, all'epoca ancora attivo, fu invitata a casa di Gemma dalla figlia Anna e il marito Arcero Secchi che ben conoscono il prezzo della guerra ma sono anche ricercatori e buoni custodi della memoria delle persone e dei luoghi del loro paese. Conservano, ad esempio, un nastro in cui la mamma di Arcero parla di una sera in cui aveva ospitato tre ufficiali inglesi fuggiti dalla prigionia…

Ricorda Anna: “Rosemary, Francesco e un altro accompagnatore sono venuti nel pomeriggio e siamo stati insieme a lungo. La mia mamma ha raccontato i suoi ricordi di quel periodo, noi le storie sentite tante volte ripetere da genitori e nonni. Poi Arcero li ha accompagnati nei luoghi che potevano essere interessanti per le loro ricerche: la stalla del prete, Case Avogni, l’aia di Cervarolo... Infine abbiamo regalato a Rosie (così la chiamavano affettuosamente i suoi accompagnatori) una copia della prima edizione di “Paura all’alba" e ci siamo poi salutati e abbracciati come se ci fossimo sempre conosciuti.

Rosemary racconta loro come il padre William John Frank “Jack” Clarke, classe 1914, sottotenente dell’esercito britannico, combattente in Francia e nell’Africa del Nord, era stato fatto prigioniero l’8 aprile 1941 a El Mechili, in Cirenaica, e portato nei campi di prigionia in Italia. Nel 1943 si trova nel Campo P.G. n. 049 di Fontanellato, noto tra i prigionieri per le buone condizioni di vita: edificio in muratura, mensa discreta... La distribuzione dei pacchi della Croce Rossa, poi condivisi, e le settimanali sgambate in campagna “sull’onore” sono già un biglietto da visita del responsabile del campo, il tenente colonnello Eugenio Vicedomini che il 9 settembre apre un varco nel filo spinato avviando la fuga dei 600 prigionieri, in maggioranza ufficiali britannici, prima dell’arrivo dei tedeschi: una scelta che gli costa la deportazione in Germania, da dove torna a fine guerra in condizioni tali da sopravvivere soltanto un anno.

Tra i fuggiaschi che si dispersero nelle campagne circostanti aiutati dai contadini, il sottotenente Clarke. 85 le tappe della fuga lungo l’Appennino, incontro agli angloamericani che risalivano la penisola.
Gazzano è la sedicesima, il 9 e 10 ottobre, arrivando da Scurano, Sole di Vetto, Maro insieme ad altri due ufficiali e proseguendo poi sui monti oltre Modena, Bologna, le Marche, l’Abruzzo. Il 19 novembre viene catturato dai tedeschi, portato verso Roma e avviato in treno verso la Germania. Ad Orte riesce a scappare e riprende la peregrinazione, questa volta verso nord, raramente in treno più spesso a piedi da Firenze a Bologna, Venezia, Padova, Milano; in barca sul lago Maggiore e "in carretta" a Socraggio poi il 24 febbraio 1944 valica le montagne che portano in Svizzera dove rimane fino al 23 dicembre 1944 quando, in aereo, fa ritorno in Inghilterra.

E finalmente il dopoguerra, marito e poi papà, scarne parole sul passato e le tappe della fuga fissate su un blocknotes che la figlia Rosemary trova dopo la sua morte, avvenuta nel 1983. Nel tempo matura la decisione di ripercorrere tutto il cammino, consegnando in ogni tappa un ringraziamento alla “comunità” che ha aiutato l’ufficiale.

Un impegno frazionato in tre anni, durante i quali Rosemary, partita per approfondire il vissuto del padre, impara invece cosa è stata la guerra per la popolazione italiana, come scrive nelle mail che intreccia con Anna e Arcero. Un aiuto le viene anche dal romanzo “Paura all’alba” di Arrigo Benedetti ricevuto in dono dai nuovi amici, dove trova anche dettagli sul passaggio di prigionieri inglesi.
A colpirla è poi una mail di Anna che approfondisce il dramma del papà Giglio che in Russia, ferito a morte, incita il cognato Aldo Verdi a continuare la ritirata fino a casa e a prendersi cura della figlia di pochi mesi.

Il 14 gennaio 2012 Rosemary confida: “Sto scrivendo, ormai quanto possibile, un racconto della guerra vissuta dalla gente italiana, racconto usando le storie di quelle persone con cui faceva conoscenza papà durante i suoi cammini. La morte degli italiani in Russia è per me una delle tragedie enormi della guerra, tragedia male conosciuta dalla gente inglese”.  Nella mail del 4 febbraio spiega: “All’inizio –parliamo di 10 anni fa- volevo semplicemente raccogliere tutta l’informazione possibile su mio papà: dove si trovava, persone che lo hanno ospitato ecc. Io ero interessata; lui non aveva parlato mai della guerra; e volevo tramandare la storia ai nipoti. Comunque, una volta arrivata in Italia –la prima visita per le ricerche risale al 1993- ho cominciato a capire l’atteggiamento della gente italiana di allora [dell’estate-autunno ‘43] cioè per la maggior parte mi sembra antipatetico al fascismo, lietissima all’armistizio, disprezzo verso i tedeschi ecc- un atteggiamento che ha spiegatomi, in parte almeno perché ha aiutato dal primo momento dopo 08 settembre centinaia, migliaia di uomini come papà.

Più scoprivo, più paesi visitavo, più persone con cui parlavo, era per me la storia della gente italiana che mi ha toccata, commossa (…) [è la storia degli italiani che voglio raccontare. Lo trovo affascinante: questa tradizione di ospitalità, la generosità da parte di chi avevano poco, l’accoglienza in case già affollate, ed in particolare questo coraggio enorme, e tutto in circostanze difficilissime: famiglie che mancavano padre, figli, zii; famiglie in cui è recentemente morto qualcuno”.

Rosemary Clarke ha “un ultimo motivo” per far conoscere tutto questo in Inghilterra, dove si sa molto della resistenza francese e nulla di quella italiana: “Devo dire che se si chiede a una persona inglese che cosa hanno fatto gli italiani durante la guerra, è probabile che direbbe, forse anche con un sorriso, ‘si sono arresi, erano vigliacchi’. Non è capito lo sfondo: i motivi di Mussolini, l’impreparazione delle truppe e la mancanza di attrezzatura, i consigli dei generali di non attaccare ad esempio la Grecia. È certo che non è capito il coraggio e la resistenza delle truppe italiane in Russia, nelle montagne di Grecia per esempio. Inoltre non è capito che, una volta occupato il paese, erano deportati tanti ebrei e tanti uomini per lavoro forzato. E che quando papà è entrato in una casa in un piccolo paese, notte dopo notte, erano queste le esperienze delle famiglie che gli davano da mangiare, posto davanti al camino, poi posto per dormire, sempre rischiando tutto. (…) Voglio cercare di raccontare quella storia con tutta la sua tragedia, eroismo, umanità, bontà. Dev’essere un romanzo perché non ho dettagli veri riguardanti tutto, ma sarà un tipo in inglese faction cioè fiction (romanzo) ma dove possibile fact (verità)… la gente vista con gli occhi di papà”

Dopo la lettura dell’articolo su Redacon, Anna e Arcero hanno ricevuto da Rosemary una lettera scritta a mano, una forma capace di esprimere maggiormente la partecipazione al dolore per la perdita di Gemma. Nell’ultima riga, l’annuncio che è in corso la seconda revisione del romanzo. Noi ci auguriamo che sia presto stampato e che Rosemary voglia venire a presentarlo anche da noi, in un nuovo percorso… Magari in macchina questa volta!

8 COMMENTS

  1. mio papà è stato interprete in quel campo dal marzo all’8 settembre 1943 . i rapporti con gli ufficiali inglesi erano di amicizia e solidarietà.qualche episodio mi è stato raccontato, avevo sei anni. ho letto i libri scritti dai fuggiaschi a guerra finita. mi sarebbe piaciuto incontrare qualcuno di loro.
    è stata davvero una bella storia!

    Paola Bottoni

    • Firma - Paola Bottoni
  2. Che piacere, Paola, a conoscerle, anche tramite le pagine di Redacon. Ho letto che l’interprete a Campo 49 fu Capitano Camino, ma forse ne furono due, dato che il suo cognome e Bottoni? Chiaro che gli ufficiali a Fontanellato furono anglofili, che il comandante, Colonello Vicedomini, agiva come un bel nonno a quei ragazzi e Capitano Camino fu spiccante nel progettare della fuga dal campo, trovando, fra altro, la Rovacchia come posto di sicurezza per i centinaie di uomini. Ho letto inoltre [‘Home by Christmas’] che la signora Camino portava una merenda agli ufficiali che rimaneva nella zona un po dopo 10 settembre. Gentilissimi, tutti. Mi piacerebbe enormemente a sentire le storie di suo papa, e senz’altro quando posso viaggiare ancora una volta in Italia, a conoscerle in persona. Grazie mille a lei ed a suo papa.’
    (Rosemary Clarke)