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Preghiera, pandemia, messa a distanza – riflessione di don Pietro Romagnani

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Dal bollettino della parrocchia di Felina a cura di don Pietro Romagnani

 

C’era una volta il libro delle preghiere. Lo si regalava i bimbi per la prima Comunione e la Cresima; agli sposi nel giorno del matrimonio. Era consuetudine di tante persone, spesso anche non frequentanti abitualmente la Chiesa, aprire – soprattutto alla sera – questo libro e recitare qualche preghiera. “Recitare”, non “leggere”. Recitare voleva dire fare proprie le preghiere lette; capirne il senso per essere aiutati a rivolgere il nostro pensiero, la nostra lode, il nostro ringraziamento, il nostro pensiero a Dio. Un sussidio, non un sostituto. Difficile da capire? Forse sì se chi scrive ha sentito con le proprie orecchie un professore universitario che, tenendo una conferenza d’aggiornamento a dei giornalisti, paragonava la preghiera cristiana a un “mantra”, cioè a un meccanico ripetere di parole per chiedere qualcosa. Puro e semplice. La preghiera cristiana è ben altro. È ascoltare Dio; è fare spazio a Lui; aprire il nostro cuore a Lui; è custodire la sua presenza dentro di noi. È fare sì che la nostra intera giornata, la nostra intera vita sia rivolta a Lui e da Lui illuminata e guidata. Con altre parole: pregare è “convertirsi”, cioè vivere con lo sguardo del cuore e della mente continuamente rivolto a Dio. In questo senso, ogni atto e ogni momento della nostra vita è preghiera, come ci ha insegnato anche papa Giovanni XXIII, attingendo alla tradizione della Chiesa. Ma la stessa tradizione ci ricorda che, da sempre, la Chiesa ha stabilito alcuni momenti particolarmente dedicati alla preghiera, in particolare al mattino e alla sera, iniziando e chiudendo la giornata. Sono le così dette “ore” della preghiera liturgica ufficiale della Chiesa: Le Lodi, terza, sesta, nona, vespro, compieta, ora compendiate, soprattutto per i laici, in Lodi, Ora media, Vespri, Compieta. Preghiera che non è solo dei sacerdoti o dei religiosi, anche se essi la recitano a nome di tutto il popolo cristiano, anche di coloro (e per coloro) che se ne dimenticano. • Gli studiosi di sociologia religiosa osservano che, con 9- Comunità l’affermarsi della televisione, sembra essersene andato in soffitta anche il libro di preghiera. Ma televisione e radio possono sostituirlo? Forse non del tutto, perché il libro va con il ritmo del nostro pensiero e della nostra mente. La radio e la televisione no. Le loro trasmissioni in diretta hanno però un vantaggio: ci fanno sentire in comunione con tutte le altre persone che stanno seguendo lo stesso Rosario, la stessa preghiera, la stessa Messa. E la preghiera cristiana è essenzialmente “comunione”. Non è una preghiera dominata dall’ “io”, ma dal “noi”, come appunto la preghiera insegnataci da Gesù, il “Padre nostro”. “Comunione” significa trovarsi insieme, di persona, l’uno accanto all’altro, tutti fratelli, tutti “figli di Dio” e tutti redenti dalla Passione, morte e risurrezione di Gesù. Ciò che si celebra con la messa domenicale; non un “obbligo giuridico”, ma un atto d’amore, come atto d’amore è l’incontro con ogni persona alla quale si vuol bene, con la quale si vorrebbe sempre stare. • Ora siamo in una situazione particolare: trovarsi insieme, stretti gli uni agli altri, può mettere in pericolo la nostra vita a causa della pandemia da covid. Lo stesso papa Francesco e i vescovi hanno detto di osservare scrupolosamente le norme sanitarie per difenderci dal contagio. Faremo, dunque, senza messa? Potrà accadere, come già nella primavera scorsa, che qualche domenica non ci si possa andare, che dobbiamo restare forzatamente a casa. Possiamo sostituire la messa “in presenza” con la messa in diretta radio, tivu o social? La messa “a distanza” non è certo sostitutiva della messa “in presenza”. Però è sempre un momento spiritualmente costruttivo, di preghiera autentica, di unione con Dio. A questo scopo lo stesso papa Francesco si è prestato a celebrare ogni mattino per la RAI nei giorni più duri della pandemia. Attenzione, però: la messa in tv non è uno “spettacolo”; deve sempre essere una partecipazione attiva e, per essere tale, ci richiede di sospendere le altre attività; di seguire le letture e l’omelia cercando di fare nostro e di meditarlo il contenuto; di rinnovare la nostra fede con il “Credo”; di unirci alle preghiere dei fedeli, di seguire attentamente il “canone” (la parte centrale e nodale della Eucaristia), proprio come se fossimo in chiesa. E, infine, di fare la “comunione spirituale”. Non potendo, cioè, ricevere materialmente l’Eucaristia, esprimere il desiderio di riceverla e fare il proposito di riceverla appena possibile. • C’è tanto da imparare su questa materia, soprattutto per noi adulti che riteniamo di non aver più bisogno di frequentare il catechismo perché crediamo di “saperne già” abbastanza. E allora un colloquio col parroco o con qualunque altro sacerdote può essere quanto mai utile. Anche per telefono, anche con i social. In questo campo, radio, tivu e social possono essere i benvenuti. Tocca a noi saperli usare.