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La Banca di Ligonchio: 70 anni di storia. Una pericolosa inversione di marcia

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Chi entra a Ligonchio trova ad accoglierlo la fontana do skudlin (dello Scodellino), costruita nei primi anni ’90 da un gruppo di pensionati del paese. La fontana non solo disseta camminatori dei sentieri di montagna, turisti in passeggiata e residenti amanti delle sue sempre fresche acque, ma fornisce liquido prezioso a costo zero a chiunque si fermi per fare scorta e riempire casse e casse di bottiglie.

La generosità della nostra acqua si manifesta subito, a pochi metri dalla fonte, infatti si incontra la centrale idroelettrica che si mostra sempre elegante nella sua architettura liberty e perfettamente integrata nel paesaggio col suo ampio invaso circondato dal verde.

Immediatamente dopo si incontra la caserma dei Carabinieri importantissimo presidio sul territorio. Di fronte alla caserma il monumento dedicato a Enzo Bagnoli testimonia quanto la zona di Ligonchio e dell’alto crinale sia stata drammaticamente toccata dagli eventi bellici della seconda guerra mondiale. Poco distante troviamo la nostra piccola scuola materna/elementare che raccoglie la linfa vitale di piccoli montanari che avrebbero diritto di costruire il loro futuro qui, sulle loro radici.

Un po’ più in là si passa davanti alla sede del Parco nazionale dell’Appennino Tosco-emiliano e girando la curva che saluta chi arriva con il ‘Benvenuti a Ligonchio’ eccoci al cuore del paese dove non possono mancare i servizi base per gli abitanti anche dei dintorni e per i turisti.

La storica chiesa parrocchiale di Sant’Andrea apostolo, punto di incontro delle più importanti occasioni della vita per tutta la comunità. Il forno di Monica, arrampicato con coraggio e buona volontà sulle scale di sasso, e le altre ormai rare attività commerciali di tutto il paese che combattono una realtà zeppa di difficoltà quotidiane.

I nostri bar/ristoranti che da sempre chiamiamo amichevolmente “il bar di sotto” e “il bar di sopra” per kapis (per capirci), sono capisaldi della vita sociale che ancora ci possiamo permettere. Punti di incontro tra chi si ferma per un caffè e un quotidiano, un saluto ed una notizia che passa di bocca in bocca a voler dire “siamo ancora qua e non vogliamo arrenderci, Ligonchio deve sopravvivere!”

E poi l’ufficio postale, purtroppo non più a tempo pieno, roccaforte statale che da sempre offre servizi di comunicazione ed economici alla popolazione. Non dimentichiamo la farmacia e l’ambulatorio medico indispensabili in ogni zona disagiata con presenza di molti anziani: non si potrebbe pensare di farne a meno !!!
Anche gli uffici comunali, ahimè! Ormai svuotati e persi …

Cosa rimane? Ah sì, la banca insediata nei primi anni ’50 con l’allora direttore Tommaseo Rabotti di Castelnovo né Monti. In quegli anni fu espressamente richiesta l’apertura di una filiale del Banco San Geminiano e San Prospero, poiché l’addetto ai pagamenti degli stipendi degli impiegati e i salari degli operai Edisonvolta, Silvio Bigoi aveva l’incarico di pagare mensilmente in contanti il personale. La prima sede era ubicata nell’edificio del vecchio bar/locanda Baccini a fianco del bar, adesso bar Faggio.

In seguito fu nominato direttore il ligonchiese Franco Moreni che rimarrà fino al pensionamento, poi attorno al 1970 la banca traslocò, rimanendo sempre sulla piazza, fu spostata dove adesso si trova l’ufficio postale.
Successe che poco prima del trasloco si verificò il ‘fattaccio’: la porta d’ingresso fu forzata e nottetempo la cassaforte sparì. Fu ritrovata aperta lungo i tornanti della Statale 63 nel tratto tra Collagna e Cerreto Alpi. All’interno erano rimasti titoli cartacei e documenti, i soldi sparirono ma si trattava di una cifra esigua.

Le indagini portarono solo a sospetti non provati e la banca premiò il cantoniere Anas per il ritrovamento.
Fu attorno agli anni ‘80-‘82 che la stessa banca si spostò nel fabbricato dell’Albergo Lago negli spazi una volta occupati dalla vecchia macelleria Davoli e dall’adiacente garage delle corriere.

In questa nuova sede (l’attuale) oltre al già citato Moreni, si susseguirono alla direzione il ligonchiese Adolfo Bacci (Tato) e il ligonchiese d’adozione Antonio Cilloni (Cillo), entrambi scomparsi prematuramente e mai dimenticati per le loro qualità professionali e umane.

Dopo decenni, in cui i nostri antenati hanno vissuto confidando in una politica socio-economica che si occupasse delle necessità degli abitanti dei luoghi più marginali di montagna, noi stiamo assistendo ormai da molto tempo ad una involuzione. In questo contesto la chiusura (prevista dal primo giugno) dell’unico sportello presente in un paese così isolato è percepita dalla popolazione come uno schiaffo. Sarà questa la risposta a tanta generosità dispensata dal nostro territorio aperto a tutti?

Sarà il peso di questo dietro front che dovranno aggiungere sulle proprie spalle montanari già tanto penalizzati?

(Sandra Bacci)