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Da Roma, in ricordo di Corrado Nobili, agricoltore e piciarìn che lavorò all’abbazia di Marola

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Corrado Nobili è stato uno storico agricoltore di Cola di Vetto. Pur in pensione aveva continuato a lavorare la terra assieme al figlio Renzo

Riceviamo e pubblichiamo.

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Redacon mi ha sempre portato sempre buone notizie. Aprirlo, per uno di Cola che abita Roma, è come affacciarsi ai muretti del sagrato della Chiesa e, da lassù, guardare dentro e fuori ogni borgata: la Ferma, la Predella, Caveriola, Capanna, Brolo, Villa, Casella... Ma oggi Redacon me ne ha portato una dolorosa: la morte di Corrado Nobili, coetaneo (lui, un anno in più), amico fraterno di giorni lontani, ma belli.

Il mese scorso ho preso su la mia Panda e me ne sono venuto a Cola. Tra i primi scopi c'era anche quello di rivedere Corrado, come ogni anno perché sapevo che aveva problemi di salute. Non ci sono riuscito. Non era possibile entrare in ospedale. Ma ho passato questi giorni ripensando sempre a lui.

Quanti bei giorni insieme, quando anch'io, ragazzo, abitavo a Cola. Ricordi di guerra, ma soprattutto ricordi del dopoguerra, quando scoppiavamo dalla voglia di fare qualcosa di bello e di nuovo, di vivere in un mondo che non fosse più quello chiuso di prima.

Andavamo insieme alla Scuola popolare di Rosano, a piedi, di sera tardi, forando mezzo metro di neve. Andavamo e tornavamo al buio – tutt'al più con una lanterna a petrolio – perché la scuola, ci sembrava la via più sicura per riuscire nei nostri progetti. Ricordo un libro con l'immagine barbuta di Leonardo da Vinci e il detto: se non sai qualcosa, datti da fare per impararlo. Se non hai qualcosa, datti da fare per guadagnartelo.

Insegnante era la maestra Mercedes Frattini che se ne stava andando in pensione e ci trasmetteva tutta la sua "sapienza" per aiutarci a fare migliore questo mondo. Ci leggeva "Cuore", e noi l'ascoltavamo con gli occhi fissi, senza batter ciglio per non perdere una parola, per non sbagliare un significato. Da lei abbiamo imparato a rispettare i genitori, ad amare il paese (la "Patria"), e ad impegnarci a migliorarlo, a voler bene ai vecchi, ad aiutare i poveri.

E Corrado in tutto questo mi è stato, come si dice, di esempio buono e sicuro. Lui a lavorare i campi e a fare il "piciarin". Chi si ricorda che anche Corrado, con suo padre Egidio, "sommo piciarin", ha lavorato al rifacimento della chiesa abbaziale di Marola? E mi dicono anche che sono stati impegnati in lavori particolarmente difficili, come fare la finestra tonda e sguincio dell'abside centrale.

Quando suo padre ha deciso di fare la casa nuova della Casella, a pietre tutte rigorosamente squadrate con mazzetta e scalpello, abbiamo sperimentato tanti mestieri nuovi: come fare i solai di "zaf", i primi del paese; come fare i lattonieri, i saldatori, gli elettricisti. Se uno provava, l'altro approvava e incoraggiava. Corrado, Didimo Azzolini ("Dìdo") e io. Se mancavano gli attrezzi, partivamo creando anche gli attrezzi, rudimentali, ma sempre funzionali, come i primi manometri, un po' rustici nella latta piegata a mano, che però hanno sempre segnato giusto.

Le domeniche e le serate insieme. A conoscere tutti i vecchi e tutte le storie del paese.

Prima di tutto le nostre storie della guerra, vissute da ragazzi: il carro abbandonato dai tedeschi in Fossla; i tedeschi che ci sparano mentre saliamo la via di Caveriola. Storie di paura. Ma poi ci ridevamo sopra con la storia dei due vecchietti di Groppo che, vedendo uno di quei piccoli aerei detti "cicogna" che sembrava voler atterrare, corsero a portargli del fieno da mangiare perché ... "quella bestia, non si sa mai!". Non c'era verso di fargli credere che gli aerei erano stati inventati davvero, neanche quando Pippo sparava e bombardava. Negazionisti assoluti.

Veniva in parrocchia il dottor Marconi a fare le conferenze, insieme a don Milani. Parlava così bene che pendevamo dalle sue labbra. Le sue parole certamente, ci hanno aiutato a vivere senza mascalzonate gli anni della nostra prima gioventù; i primi incontri seri con le ragazze; i primi balli al suono di una fisarmonica e al gusto di tante torte montanare fatte dalle ragazze di Costaborga.

Con Corrado – e pochi anni fa con Didimo Azzolini – se ne va un pezzo significativo della mia vita. Quello del bivio, quando ci si deve infilare nella strada giusta, quella da vivere, sulla quale intraprendere un mestiere e metter su famiglia. Corrado è rimasto a Cola, Didimo allora è andato in Polizia in lontani paesi della frontiera alpina, io a Roma a fare il meccanico della Cotral e Corrado a Cola a fare da punto di contatto.

Ciao, Corrado. È stato proprio bello averti per compagno di strada, a tu per tu da ragazzo; poi nel ricordo continuo, anche a tanti chilometri di distanza.

 

Lorenzo (Fabiano) Giovanelli

 

7 COMMENTS

  1. Una meravigliosa e commovente testimonianza. Grazie Signor Fabiano.
    Durante la sua permanenza in ospedale prima di morire ci ha raccontato che ha sempre lavorato con passione e tutti i mestieri del mondo li aveva fatti. Mio nonno Corrado è stato un grande esempio, una persona buona, corretta e onesta con tutti. Un nonno con un cuore davvero grande. Era così orgoglioso di me e di mio fratello Marco, il bene che ci ha voluto non potremo mai scordarlo. Grazie nonno, riposa in pace insieme alle anime buone come te.
    La tua cicà

    Sara Nobili

    • Firma - Sara Nobili
  2. Vorrei solo dire, che i nostri “non più Giovani “che se ne vanno, lasciano un vuoto incolmabile in particolare a chi come me li ha vissuti e conosciuti…..gente come Corrado, che ha vissuto una vita dedita al lavoro, e per la famiglia era una persona piena di VITA. Ciao Corrado.

    Vanni Grazioli

    • Firma - Vanni Grazioli