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La presentazione di Gesù al tempio al centro della meditazione di don Paul Paku

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don Paul Poku

La liturgia di questa domenica celebra la Sacra famiglia offrendoci da meditare il brano della presentazione di Gesù al Tempio, avvenuta in concomitanza con il rito di purificazione di Maria quaranta giorni dopo il parto. Era necessario che i genitori presentassero il loro primogenito al Tempio, perché come scritto nell’Esodo (cfr Es 13, 11-15), i primogeniti maschi appartenevano a Dio e dovevano essere riscattati con l’offerta di animali da sacrificare. A tal proposito c’è un dettaglio significativo: Giuseppe e Maria hanno offerto due colombi, che era l’offerta di chi non poteva permettersi un agnello; la loro scelta tradisce la loro umile condizione economica.
L’ingresso di Gesù comporta un rinnovamento del Tempio, che da sede di riti diventa il centro da cui si trasmette la luce della salvezza di Dio. Questo passaggio è illustrato dall’atteggiamento di Simeone, personaggio che rappresenta allo stesso tempo il popolo d’Israele in attesa del Messia e l’Antico Testamento (la legge e le profezie che in Gesù trovano compimento). Questo vecchio, «mosso dallo Spirito», prende Gesù tra le mani e lo definisce «luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele»: questa frase che rimanda a Isaia (cfr. Is 42, 6) è una dichiarazione della universalità della salvezza portata da Gesù, non riservata al solo popolo eletto. Tuttavia ciò non vuol dire che tutti l’accetteranno, anzi, molti rifiuteranno questa chiamata alla salvezza: per questo Simeone dichiara che Gesù «è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione». Tutti noi saremo coinvolti da questa contraddizione, perché la Parola di Dio (simboleggiata dalla spada) taglierà le cose superflue per condurci all’essenza della fede: nel caso di Maria questa sarà anche un’esperienza di dolore (preannunciando la passione di Gesù).
Un altro personaggio fortemente simbolico introdotto nel brano è la profetessa Anna. Di lei ci viene detto che è della tribù di Aser: l’etimo di questo nome significa “beata”, eppure al tempo di Gesù questa tribù era disprezzata perché influenzata dal paganesimo. Anna era stata sposata per 7 anni (numero che indica la perfezione), per poi rimanere vedova; al tempo del brano aveva 84 anni (prodotto di 7 e 12, le tribù di Israele) e prestava servizio perpetuo nel Tempio di Gerusalemme. Evidentemente questa donna è l’immagine della totalità del popolo di Dio che attende il Messia promesso; alla vista di Gesù, si mise subito a lodare Dio e a parlare «del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme».
I due vegliardi riconoscono in questo bambino il Cristo grazie ad alcuni elementi fondamentali: Simeone «era uomo giusto e pio […] e lo Spirito Santo era su di lui», mentre Anna «non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere». Questa è una lezione preziosa per noi: preparandoci all’incontro con il Signore con il dono dello Spirito, pregando e digiunando sapremo accogliere la sua luce nella nostra vita e trasmetterla ai nostri fratelli più prossimi. Buon natale a tutti e Dio benedica la vostra famiglia per sempre.