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“Amore soltanto amore” (racconto di Alberto Bottazzi)

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Amore soltanto amore

Rughe profonde solcavano il viso del vecchio nonno Abramo, come torrenti che scavano la roccia, come aratro che dissoda la terra, rughe di sacrifici, privazioni, rughe di sudore, figlie dei sassi, della zappa e del piccone.

Terra arida la mia terra, ora come allora, ricca solo di sentimenti, migranti, bicchieri di vino all'osteria nell'ora del vespro, per ringraziare la mente e le braccia della fatica del giorno ed accendere lo spirito strozzato dal trambusto quotidiano.

Alle elementari facevo i compiti sul tavolo della cucina di nonna Arnè, mentre lei, al fuoco dei fornelli del “pibigas”, grande invenzione di quegli anni, trasformava le verdure dell'orto in una frittata gustosa da portare in tavola per la cena.

I quaderni erano quelli con la copertina nera e l'etichetta adesiva sul davanti col nome, cognome ed il titolo della materia.

Si distinguevano in quaderni a righe per i temi e a quadretti per le operazioni matematiche, per lo più con grandi orecchie alle pagine, nonostante la mamma avesse escogitato il rimedio casalingo delle mollette da bucato.

Già mia madre, la cara mamma Gina! Mentre la nonna cucinava la frittata, lei si dilettava a ricamare un centrino alla luce della finestra, con un'occhiata impaziente alla via sottostante, in attesa di vedere sbucare da dietro la curva, la figura di mio padre Giulio di ritorno dal lavoro.

Immenso amore il loro, amore, soltanto amore!

La ricchezza di quei giorni stava unicamente nei sentimenti, uniti più che mai nella dignità e nessuna vergogna. Luoghi rimasti nel cuore come le care persone a cui ho voluto bene; un passato straripante di episodi straordinari nella loro semplicità che oggi sanno di magia, incanto, commozione.

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