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In memoria di Fiorello Farina (di Dilva Attolini)

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In ricordo dell’amico Fiorello…

Te ne sei andato in silenzio, senza dire nulla agli amici e alle amiche che avevi ritrovato tra i monti della tua giovinezza. Ti piaceva raccontare di cose belle, le brutte le accantonavi, ti piaceva farci ridere e non rattristare. Erano divertenti le serate intorno a quel grande  tavolone quadrato, dove radunavi gruppi di amici uniti per affinità. Tra tutti  i Rebel’s… il club dei Ribelli che aveva a che fare con la neve. Ciao Presidente! ti ha salutato un componente in rappresentanza.    

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Io e te abbiamo un libro in comune, una roba che ha: Il profumo della neve. Tutta colpa di internet, altrimenti difficilmente ci saremmo incontrati nuovamente. Hai visto il mio nome e mi hai chiesto l’amicizia. Erano passati quasi cinquant’anni da quando eri partito per Milano. Un giorno ci siamo sentiti per telefono e tu di cose da raccontare ne avevi talmente tante che mi hai travolto. A me piaceva scrivere.

Le cose in comune sapevano di neve. Perché è stata la parola che mi ha interessato subito alle tue vicende. Mi lasciavo trasportare dai tuoi racconti perché tu amavi la neve e io con la stessa intensità amavo il tennis. Il tennis aveva sostituito la neve nelle mie preferenze, perché ero freddolosa, ma ho sempre amato fare sport. Da bambina sciavo come tanti, il tennis non sapevo ancora cosa fosse. La neve ci faceva incontrare da adolescenti, al “Bricco”, dietro Villa Rosa, dietro Paterlini, a Bagnolo. Io appartenevo al gruppo della via di sotto (Viale Bagnoli), tu al gruppo della piazza (Centro Storico). Ognuno viveva la vita del proprio gruppo, ma quando arrivava la neve ci trovavamo là in quel pezzo terribilmente ripido a battere la neve tutti insieme.

Tu poi scendevi come un ballerino, elegante, ti sentivi un dio in terra, i tuoi slalom erano volteggi sinuosi. (Franco Orlandi, presidente, appena ti ha visto ti ha portato allo Sci Club). Io non sapevo ancora fare le curve, mi buttavo giù  dritta e la sciata finiva malamente con un cristiania da principiante, se andava bene, con una bella botta, se andava male. A casa arrivavo ogni volta bagnata come un pulcino.

Ecco, la neve nel destino. La neve è stata il tuo punto distintivo. Come maestro di sci, hai alimentato le tue avventure. Il capitolo delle donne lo lascio perdere, facevo fatica a digerire il racconto delle tue esperienze amorose… io, come Elsa, per timidezza, per educazione, per paura, sono monogama fino all’osso. Un giorno, mi hai confidato: ”Sono consapevole, ora più che mai, della fortuna che ho avuto per la presenza di mia moglie nella mia vita; se lei mi avesse abbandonato, con tutte quelle storie che iniziavano e finivano, come avrei vissuto? Probabilmente alla deriva in un mare in tempesta, inseguito come la balena bianca del capitano Achab. Ho la consapevolezza, anche se vaga e confusa, che senza di lei sarei stato una specie di barbone, sballottato tra una storia e l’altra, in un caos esistenziale fuori controllo.”

Non so quanto tu sia stato sincero in questa riflessione. Forse parlando della tua vita, hai ragionato, confrontato, meditato. Io posso dire solo che l’hai accudita bene quando è diventata fragile. Elsa voleva stare solo con te, in quella bella casa di Pignedolo, zeppa di ricordi. Anche lei se ne è andata in silenzio, in pieno lockdown. Oggi vi hanno sepolto insieme. E’ stato commovente.

Ho sempre sostenuto che è importante raccontare e ascoltare, anche scrivere un diario per conoscersi meglio. Leggere e scrivere serve nella vita. E’ servito anche a me. Ho scritto per misurarmi con la scrittura. Tu volevi raccontare solo le cose belle, la tua vita di maestro di sci, di conquistatore, di imprenditore, di operatore turistico, di viaggi che organizzavi per il mondo. Io ero frastornata ma volevo misurarmi con questa complessità, mi ero intestardita. In una prima stesura non ci saltavo fuori, poi sintetizzandolo in capitoli specifici, sono arrivata alla fine un po’ meglio. Ti ringrazio. Io ho sempre scritto un po’ così per divertimento. Con il tuo libro ho iniziato un percorso di studio che dura tuttora. Ciao Fiore ci mancherai. Credo di poter dire che siamo in tanti a ringraziarti per averci divertito. In quel tavolone quadrato ci accoglievi. In bella vista appesi al muro c’è un paio di vecchi sci, di quelli artigianali con le cinghie di cuoio. Avevi le tue idee molto precise, ma usavi la fantasia e l’ironia perché avevi amici di convinzioni diverse. “Quelli erano di Mussolini!” “No, erano di Togliatti!” dicevi. In realtà ormai la raccontavi come una barzelletta tra un canto e l’altro. Ciao Fiore, ci mancherai tanto.

Dilva Attolini con Marcello, Nera, Gabriele, Paola, Flavio, Rosi, Giuli, Mary… un tavolone al completo insieme a te con Elsa e la dolce Leze, fino all’anno scorso.

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