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Don Paul Poku precisa che “il matrimonio non è una questione completamente umana, ma corrisponde a un preciso progetto di Dio”

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don Paul Poku

Questa domenica ci concentreremo prevalentemente sulla prima lettura e sul brano del Vangelo, entrambi attinenti al medesimo tema: il matrimonio. In particolare questi testi ci insegnano che il matrimonio non è una questione completamente umana, ma corrisponde a un preciso progetto di Dio.
La prima lettura ci presenta la preoccupazione di Dio verso la solitudine provata dall’uomo originario; infatti, in quanto immagine di un Dio che è intimamente relazionale (uno e trino), anche l’uomo deve poter avere qualcuno con cui vivere questa relazionalità. Dapprima Dio presenta all’uomo tutti gli animali, a cui Adamo dà un nome; si vede qui la partecipazione dell’uomo alla creazione, dal momento che nell’immaginario biblico nominare un ente significa stabilirne l’intima essenza. Tuttavia Adamo non trova nessuno che gli corrisponda, fino a quando Dio non crea per lui una donna. Facciamo attenzione a non lasciarci fuorviare dal testo: siccome Eva viene creata da una costola di Adamo, potremmo essere indotti a pensare che essa dipenda da lui e quindi ne sia inferiore; invece nell’ottica biblica maschio e femmina non stanno in un rapporto gerarchico, ma sono fatti della stessa materia e rappresentano due parti di un’unica unità indivisibile («un’unica carne»). Questo spiega perché l’uomo è chiamato a lasciare la sua famiglia e trovare la sua totalità in una donna.
Il brano del Vangelo riprende il tema del matrimonio collegandolo al ripudio, oggetto della domanda rivolta dai farisei a Gesù («è lecito a un marito ripudiare la propria moglie»?). Per capire la risposta di Gesù è bene ricordare l’origine storica del ripudio. Ai tempi di Mosè le mogli abbandonate dal marito non potevano mettersi con un altro uomo, pena la loro condanna a morte mediante lapidazione. Mosè quindi introdusse la lettera di ripudio come soluzione a favore delle donne, per autorizzare una separazione tra coniugi senza portare all’uccisione della moglie (cfr. Dt 24, 1-4). Gesù però sostiene che la legge di Mosè era solo una risposta alla durezza di cuore degli uomini del tempo, non conforme al progetto originario di Dio che, come abbiamo evidenziato, ha voluto l’uomo e la donna «una sola carne». Si noti che il ripudio non è assimilabile col divorzio: una divisione definitiva tra i coniugi non è concepita dalla Scrittura (che peraltro non usa mai il termine “divorzio”). Per questo la parola di Gesù è inequivocabile: «l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto». Tornato a casa, anche i discepoli insistono nell’interrogarlo sul tema (segno che era una questione piuttosto sentita e complessa); ma anche a loro Gesù ribadisce le stesse conclusioni: «Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un'altra, commette adulterio verso di lei; e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio». Il progetto di Dio mira quindi all’unione tra uomo e donna, senza spazio per il divorzio (che, in quanto separazione di un’unità, è opera del Divisore per eccellenza, ossia il Diavolo).
L’ultima parte del Vangelo sembra estranea a questo discorso, ma è solo un’apparenza. Nell’abbraccio che Gesù rivolge ai bambini, il Maestro ci insegna non solo il valore dell’accoglienza, ma ci offre un modello di innocenza, docilità e misericordia da seguire nella nostra vita. Dobbiamo essere come bambini per accogliere umilmente e con fiducia il progetto di Dio per noi.
Buona domenica