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Legna da ardere, un tema d’attualità

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Riceviamo e pubblichiamo

 

Nei giorni scorsi mi è capitato di leggere l’inserto di una pubblicazione periodica  che tratta di agricoltura, e di campagna più in  generale, inserto dedicato nella fattispecie al legno,  segnatamente al suo impiego  nel  riscaldare le nostre case, e l’argomento, di indubbio interesse già per sé medesimo,  mi è sembrato   anche  doppiamente attuale  (in ordine a due aspetti distinti, e diversi, ancorché non  disgiunti tra loro).
Il primo aspetto è per così dire “ordinario” e scontato, giacché si ripropone puntualmente ogni anno con l’arrivo dell’inverno, e pur se  non ci manca l’esperienza al riguardo può comunque risultare  utile ogni indicazione, o  accorgimento, che porti a migliorare l’utilizzo e  la resa calorica della legna da ardere, vedi tipologia, pezzatura, accatastamento, conservazione, fino al come ottenerne una combustione ottimale.
Il secondo ha invece carattere più “straordinario”, trovandoci  in un momento di diffusa e crescente preoccupazione  per il “caro energia”,  e costo delle “bollette”, e c’è pure chi paventa il   rischio di “restare al freddo”,  cui peraltro si oppone la voce di chi, viceversa,   invita  a non essere pessimisti e a non cedere ad eccessivi  allarmismi  (perché saremmo di fronte ad una “crisi” passeggera, destinata a non durare nel tempo)
In tale quadro,  abbastanza fluido e “in divenire”, qualora volessimo tenere una certa qual  via di mezzo, in maniera  da predisporci ad ogni  evenienza, se da un lato  il “combustibile legna” non può evidentemente  sostituire le altre e consuete forme di energia - dovendosi peraltro tener conto di come sono stati impostati negli anni i sistemi di riscaldamento domestico - può nondimeno esserne o divenirne una buona integrazione.
Potenzialità dei nostri boschi
Ciò  vale ovviamente per quanti dispongono già di stufe e similari, o siano nella condizione di poterle installare secondo norma, e c’è già chi ha imboccato questa strada, ma il presupposto resta in ogni caso il ciclico taglio dei boschi, casomai rafforzato in presenza di maggiore domanda, il che sembra però confliggere con la tesi volta invece a contenere il taglio, per moltiplicare le piante ad alto fusto (così da farne serbatoi di carbonio)
A quest’ultimo riguardo  non v’è uniformità di vedute, ma se il produrre legna da ardere divenisse per così dire strategico,  e “prioritario”, causa la suesposta  ragione e salvo restrizioni normative, cadrebbe di fatto la “diatriba” tra le differenti opinioni, e rimarrebbe semmai da ottimizzare  l’attività di taglio, in una con la gestione del bosco ceduo (le pratiche tradizionali sono comunque un collaudato punto fermo, da cui partire).
In siffatta ipotesi i nostri boschi, la cui importanza è fuori discussione, vedrebbero ulteriormente valorizzato il proprio ruolo, mentre  la dimensione e specificità del nostro patrimonio forestale permetterebbe di soddisfare altre esigenze, come l’eventuale bisogno di legname da lavoro per stare sul piano economico, e di rispondere altresì ad aspettative di  segno ambientale (vedi il sottrarre CO2 all’atmosfera e immagazzinare carbonio).
Credo in buona sostanza che i nostri boschi, oltre ad essere elemento prezioso e distintivo del paesaggio, sommati a pascoli e coltivi, e al dolce profilo di tanti nostri luoghi - e dopo aver rappresentato una ragguardevole risorsa  per la montagna, se pensiamo a tutto ciò che vi è stato a lungo  raccolto, in quelli da legno e da frutto -  abbiano potenzialità aggiuntive di cui  potersi avvalere, se lo si vuole e  si è in grado di farlo.
P.B.

9 COMMENTS

  1. Tranquilli, il problema verrà presto affrontato dalla Commissione Europea. La combustione delle biomasse produce carbonio (cambiamenti climatici! fate presto!) e polveri sottili; il prossimo aggiornamento della normativa europea vieterà la combustione di legna. Provvederemo con il ‘riscaldamento digitale’ (transizione al digitale, oh yeah!). Questione risolta.

    commento firmato

    • Firma - commento firmato
  2. Partendo da un albero possiamo trarre molta energia con poche emissioni in atmosfera o viceversa, tutto dipende da noi è un dato inconfutabile, il problema è come fare per avere legna o cippato comunque biomassa integra al massimo della sua resa calorifica, il metodo c’è, basta solo seguire 4 semplici e chiarissime regole che quasi tutti ignorano per mancanza di esperienza o semplice menefreghismo

    Drywood

    • Firma - Drywood
  3. Egr. “mc”, mi spiace se per Lei sono stato poco o nulla comprensibile, e proverò dunque a rimediare, sempreché mi riesca (rimane comunque simpatico l’avermelo detto in rima).

    Da tempo immemorabile gli abitanti di questi luoghi hanno “fatto legna”, vuoi per autoconsumo, vuoi per mestiere, o l’una e altra cosa insieme, e l’hanno commercializzata anche fuori dai confini montani, insieme al carbone vegetale prodotto localmente, nel senso che si sono riscaldati traendone inoltre reddito, e ce lo ricorda anche Andrea, pur se in passato al prezzo di un lavoro duro e faticoso, poi alleggerito in qualche misura dall’arrivo dei mezzi meccanici (sino a qualche decennio fa, nei boschi dell’alto Appennino reggiano, ma non solo da noi immagino, era possibile rinvenire ancora le tracce degli spiazzi adibiti una volta a “carbonaie”).

    Nonostante tale “prelievo”, i nostri boschi sembrano godere tuttora di buona salute, e ciò starebbe a significare che l’intervento dell’uomo può essere anche benefico se avviene con perizia e razionalità, il che mi porta a pensare che si possa proseguire così, ottimizzando semmai ulteriormente la gestione del bosco ceduo, e correlati, e qui può confortare il parere espresso da “Drywood”, e andrebbe altresì considerato che per il “calore da legna” non dipendiamo da altri – come invece succede riguardo ad altre forme di energia – ma c’è chi invece vorrebbe lasciar “fare alla natura”, riducendo quanto più possibile la mano e la “ingerenza” dell’uomo.

    Ambedue le opinioni sono ovviamente legittime, e potrà essere che la spunti la seconda, specie se “il prossimo aggiornamento della normativa europea vieterà la combustione di legna”, come pronostica “commento firmato”, o se vengono ritenuti immotivati e persino controproducenti “i troppi camion pieni di legna che vanno verso la pianura”, come scrive un altro commento, ancorché io speri che possa non interrompersi una “filiera” di così lunga vita e storia, e anche perché la legna mi sembra rientrare a pieno titolo fra i materiali rinnovabili (un requisito oggi molto apprezzato, almeno a parole, o che dovrebbe essere tale, rispetto ai materiali cosiddetti esauribili).

    P.B. 14.12.2021

    P.B.

    • Firma - P.B.
  4. Probabilmente si andrà verso un sistema a due binari, uno quello del taglio a uso privato verso il quale difficilmente saranno messi vincoli ( ovviamente rispettando tutte le normative vigenti) visto che anche gli ultimi bonus edilizi del110% incentivano impianti a biomassa in zone non metanizzate, discorso diverso per tagli diciamo commerciali. Ovviamente bisogna vedere quale direzione la politica intenderà prendere, considerando che un bosco “vecchio” difatto assorbe poca CO2.

    SIERRA

    • Firma - SIERRA
  5. Se vale la considerazione avanzata da SIERRA, ossia che un bosco “vecchio” di fatto assorbe poca CO2, dovrebbe tenerne innanzitutto conto chi invece confida proprio sugli alberi ad alto fusto, ossia vetusti, quali serbatoi di carbonio, anche perché potrebbe allora subentrare la tesi opposta, ovvero quella che sia piuttosto il bosco giovane a “catturare” CO2 per utilizzarne il carbonio ai fini della propria crescita, e il periodico taglio del bosco ceduo andrebbe dunque su questa strada, e nell’ambito di tale logica (visto che al taglio del bosco segue da sempre la sua ricrescita).

    A questo punto, per quanto posso capirne, il blocco dei tagli commerciali, supposto sempre da SIERRA, verrebbe motivato dai “decisori” col fatto che la combustione delle biomasse produce carbonio e polveri sottili, come a sua volta sembra ipotizzare e temere “commento firmato”, il che striderebbe tuttavia, e non poco, con la possibilità di avere poche emissioni in atmosfera, visto che “il metodo c’è ….”, stando a quanto ci ha detto Drywood, e confido pertanto che la politica, cui spetta di decidere, sappia prendere una saggia direzione (capace di tenere insieme le varie “necessità”).

    P.B. 15.12.2021

    P.B.

    • Firma - P.B.
  6. Di boschi e legna da ardere se ne parla tanto come lo slogan in voga del piantare alberi; pur non mettendo il discussione l’utilità di questa azione, e’ necessario sapere che l’Italia è il primo importatore mondiale di legna da ardere e che, sempre in territorio nazionale, ogni anno si utilizza solo il 30% dell’aumento della copertura forestale cioè di prati che spontaneamente si trasformano in boschi . Purtroppo si nota che si sta diffondendo l’idea, sopratutto tra chi, della città, frequenta i boschi nei weekend, che questi ultimi vadano lasciati alla natura più completa, senza sapere, che i boschi, invecchiati e non gestiti, sono la causa principale del dissesto idrogeologico. Per quanto riguarda il sequestro di carbonio credo che siamo ancora agli arbori di questa teoria. È evidente che manca una cultura forestale che è necessario ripristinare per incominciare a parlare veramente di gestione del bosco. Dolci Cristiano

    Cristiano dolci

    • Firma - Cristiano dolci