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Non oso pensarci, racconto di Alberto Bottazzi

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La cicogna in volo: “Mi sa che sto invecchiando, diventando rimbambita! Vero che gli anni passano per tutti, ma non trovo più la culla dove lasciare il bambino. Eppure la rotta è sempre stata questa, venendo da sud dell'Appennino reggiano, con alla mia coda il Passo di Pradarena e davanti la Pietra di Bismantova, per poi arrivare, in un battito d'ali, a destinazione.
Invece no! Non ho più un riferimento, mi sento sola e in preda allo sconforto, ah che brutta
situazione! Meno male che il bambino dorme e sogna! Ma non può dormire sempre, deve
incontrare la mamma al più presto, per nutrirsi del suo latte. Riprovo a sorvolare l'ospedale S.
Anna di Castelnovo Monti, chissà che non abbiano spostato la culla. Non vedo niente, di solito il
mio viaggio si concludeva qui, in mezzo a fiocchi rosa e azzurri, felicitazioni e auguri, baci e
abbracci. Ora non vedo più nessuno che mi aspetta, solo desolazione e un foglio incollato sulla
porta del reparto di Ostetricia con scritto: CHIUSO! Cosa stia succedendo non lo so, ma il mio
pensiero è per il bambino e la sua mamma. Sono stanca, ma devo riprendere il volo. Sopra di
me si agita una “cicogna strana”, con le ali a forma di elica e si sta dirigendo verso la Pianura
Padana: vuoi vedere che i ragionieri hanno spostato la culla proprio in quella direzione!?
La seguo incuriosita, anche se le mie ali sono stropicciate dal vento ma, mio Dio, il nodo al
fazzoletto sta per allentarsi, mamma mia che apprensione, questa è un'emergenza, devo volare
più in fretta possibile! Il nodo per ora resiste ma fino a quando? Non ho idea dove possano aver
sistemato la culla. Volo... volo... singhiozzando e soffrendo. Sorvolo nuovi panorami, colline,
vigneti, campi arati, fino a che l'atterraggio della cicogna meccanica, mi fa capire che sono
arrivata anch'io. Cerco disperata l'entrata dell'Ostetricia del S. Maria Nuova di Reggio Emilia, il
nodo al fazzoletto è quasi lacerato dall'attrito con l'aria, il bambino piange e si dimena, ma
finalmente ho trovato la sua culla. La mamma pregava aspettando la sua creatura a braccia
aperte, tuttavia rischiando di non abbracciarlo mai più. Sono esausta, è vero, ma
immensamente felice!
Porto con me il sorriso e le lacrime di gioia di quella mamma, ma se si fosse lacerato il nodo al
fazzoletto!? Non oso pensarci!!!”.
Alberto Bottazzi

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